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21.4.2018. Foresta Burgos
. “Ajò che andiamo alla Foresta Burgos” va bene per entrambi, fresco, fiori, alberi, sentieri da esplorare “e no!” dice il Nozz “io sto fermo sotto una pianta, tu vai nei sentieri”. Bon. Si parte con l’entusiasmo di chi sta in un paradiso terrestre, effettivamente la Sardegna lo è, e il cuore vola leggero a guardare il cielo limpido e una selvaggia distesa di natura incontaminata. Eccoci alla Foresta Burgos, incontaminata altro che, ci sono le indicazioni di nuraghi e domus de janas ma appena t’incammini le indicazioni sono cancellate se non piene di buchi di fucilate. Incontaminatamente c’incamminiamo in sterrata fincheggiante un limpido ruscello, sperando di incappare nei nuraghi segnalati sulla strada. Macchè, però arriviamo ai bordi di un laghetto fantastico “ajò chissà quante piante endemiche paludose staranno qua dentro” faccio, piedi nel fango incontaminato. “Vieni qua piuttosto che c’è una peonia” mi avverte il Nozz. “E’ la Morisii!!!!!!!!!!!!” e per fotografarla devo scavalcare una recinzione, quelle non mancano mai ma i cartelli si, sempre. Giungiamo in un boschetto celtico pieno di ciclamini e di Anacamptis longicornu. Qua Sergio trova un sasso adeguato al riposo e proseguo, armata di bastone, alla ricerca di qualsivoglia sentiero. Arrivo a una carogna di mucca e, prima che qualche animalaccio mi sbrani come la mucca faccio rapidamente dietro front dal Nozz. “Cerchiamo di tornare da sta parte” mi propone e son ben contenta della possibilità di sperdermi. Invece, senza colpo ferire, rieccoci alla macchina. Non contenti andiamo alla ricerca del Nuraghe Ena Manna, facile trovarlo, sta là, si vede, tra noi e il nuraghe una tancas recintata piena di cagnacci rabbiosi. Dietro front. Però, sempre il Nozz, osserva sughere e lecci incrociati in uno stesso ceppo, anvedi che sta diventando più botanico di me!! Prossima meta sentiero dirimpettaio al nuraghe che porta in un altro laghetto con pescioni giganteschi che non mangiano le molliche ma cadavere di mucca. Posto assai suggestivo, cadavere compreso. E ora basta camminare, tappa a Silanus per gli amaretti. Macchè, troppo presto, chiuso è. Però c’è sto nuraghe Orolio che torreggia, quello che Giammichele dice essere uno dei più integri della Sardegna, ma trovare il sentiero, ben, quello complicato è. Non per noi. Certo ci sono i soliti recinti da scavalcare e dentro cavalli scalpitanti, il Nozz indietreggia, ma mica son cagnacci! Fortuna che torniamo al paese alla ricerca del cappello perduto al bar e, ripresa la strada del Nuraghe, vedo un tizio arrivare in macchina. Subito gli chiedo se si può visitare il nuraghe, Tò è il padrone di recinti e cavalli “andate pure, c’è un sentiero, basta chiudere il recinto”. E chi lo apre? Lo scavalchiamo e troviamo la via del nuraghe, ripidissima, erta su per la collina sormontata da sta torre svettante e invitante. Mi fermo a fotografare tutti i fiori della zona mentre il Nozz sta già davanti all’apertura del nuraghe “troppo bassa e poi crolla”. Sehh la volpe e l’uva, io invece entro che voglio arrivare alla finestrella. Un bellissimo largo corridoio in salita, con pipistrelli svolazzanti, porta alla finestrella con panorama sul Goceano. Qua mi fermo perché vedo che ci sono ponteggi a fermare i massi, magari davvero c’è pericolo di crollo. E scendo dal Nozz sana e salva. ”Anche oggi ho camminato” borbotta contento facendo finta di no. S’Eranu c’aspetta con l’Ichnusa, patatine e ricotta. Vita da non morir mai è.

22.4.2018 Parco Archeologico di Arzachena
Giornata archeologica con Giammichele e Rosaria al Parco Archeologico di Arzachena. “L’hai mai visto Giammichè?” “no, ma c’è una necropoli “Li Muri” unica del genere in tutta la Sardegna, bisogna assolutamente visitarla” “eia, distante distante è da qua” per cui mi premunisco dei 16 volumi della Flora Sarda e per strada scasso le scatole a Rosaria mostrandole tutteccose sulle endemicità da cercare. E’ così che nasce la passione botanica “vedi questa? mi manca!, tocca trovarla” ce l’ho ce l’ho me manca come le figurine, stessa cosa. Finalmente eccoci al chiosco chiuso della necropoli Li Muri, e mò? Uno viene dal continente e non la può visitare? Ma c’è un muretto alto 30 cm da scavalcare e la visiti in tutta calma. Subito io e Giammichele ci buttiamo pancia a terra, che c’è? Una tomba col morto? Macchè! Un prato di Serapias!! Rosaria si sgola a farci da cicerone sulle tombe e noi a fotografar fiori. Bon, è la volta della Tomba dei Giganti di Li Lolghi. Stavolta il chiosco è aperto e acquistiamo il biglietto cumulativo per tre amenità archeologiche. Gentilissimamente e con molta competenza la bigliettaia ci spiega tutto quello che c’è da vedere e da non vedere, compresa la necropoli “l’avete vista?” “eia” “è chiusa perché c’è da tagliare l’erba” per fortuna, viste le innumerevoli Serapias. Li Lolghi è ben conservata, parimenti alla gemella Coddu ‘Ecchiu, praticamente identiche a Thomes; Rosaria in pieno raptus esplorativo s’infila nel passaggio dell’anima per vedere il pavimento del morto e contestare le ipotesi archeologiche che sti archeologi chissà che s’inventano. Ora dobbiamo visitare Nuraghe la Prisgiona, nome impronunciabile. Dovrebbe stare nei pressi ma invece sta in cima alla collina, come tutti i nuraghi del resto. C’incamminiamo sotto il sole cocente, Rosaria in testa, io e Giammichele striscioni a fotografar fiori, mentre il Nozz, vista la salita, decide di seguirci in macchina. Bellissimo il nuraghe a tholos, con le capanne intorno, quella delle riunioni dove bevevano lo strano intruglio e buttavano i cocci nel pozzo attivo “filo ‘e ferru” decreta Giammichele che entra nel nuraghe per salire sulla scala con tanto di divieto “ai mezzi meccanici” “io non sono mezzo meccanico” e su, io ovviamente lo seguo che manco io son mezzo meccanico. Sopra un bel panorama compresa la bigliettaia che ci inveisce addosso “scendete subito, è vietato!!!”. Mi sbrigo a scendere ma ecco la bigliettaia lancia in resta “eri tu là sopra? non hai visto il cartello? C’è rimasto qualcuno?” che rispondere? “no, scesi tutti (chissà dove s’è nascosto Giammichele)” e poi che dire a mia discolpa? Niente, infatti sto zitta, quello che parla è Giammichele che dice di non essere mezzo meccanico “ma c’è scritto anche persone” “e non l’ho visto” certo che come scusa non fa che peggiorare la situazione. Rosaria pensa bene di prendere in mano la situazione “quei due chi li conosce? Mica stanno con me, mi spieghi piuttosto del nuraghe” ciò ci permette di defilarci come ha già fatto il Nozz che ci insegue in macchina. Non ci resta che mangiare alle panchine della biglietteria sottostante “occhio che la voce s’è sparsa, non lasciamo nemmeno una briciola che questi ci sorvegliano”. Ma quale briciola, mangiamo tutto che ci siamo portati i viveri simil actamagnarum. Infatti poi a pancia piena non abbiamo più la forza di cercare nuraghi, tombe, necropoli e quant’altro offre il territorio, nemmeno i fiori e dico tutto. Fortuna che guida Sergio, il resto della truppa dorme della grossa, spossanti le ricerche archeologiche, piene di patos anche.

23.4.2018 Cala Luna
Diligenti ai suggerimenti azzeccatissimi di Giammichele oggi andiamo a Cala Luna a piedi da Fuili. “Ma poi torniamo col barcone” aggiunge il Nozz. La giornata è bella assolata e, ahimè, senza vento, senz’altro ottima per il bagno ma non tanto per camminare. Fortuna che il sentiero è ancora in mezza ombra e che ci fermiamo spesso a sospirare su antichi ricordi “qua Francesco s’è ficcato nel buco, qua Sibilla è cascata per terra” ecce ecc e ora siamo noi due vecchiotti e per fortuna che ancora siamo in due. Fatto sta che ci mettiamo 3 ore ad arrivare e ci stravacchiamo al bar della codula davanti ad un Ichnusa come se arrivassimo dalla cima del Corrasi. Appena giunti ai grottoni di Cala Luna il Nozz che fa? Si butta in acqua. Certo è limpidissima e fa voglia, lui poi ha interrogato un sardo di passaggio “l’acqua buona è, un po’ fredda ma piacevole”. Bon, non sono da meno, ma appena l’acqua arriva alle caviglie sento un gelo che mi impedisce di farla arrivare alle ginocchia: “bene, vado in fondo alla cala a fotografare” camminando piedi in acqua per abituarmi. Guardo l’acqua e mi pare un peccato mortale non approfittarne e, visto che non c’è anima viva, mi tolgo anche il costume per non bagnare il bagnabile. Dopo un’ora di esitazioni e foto panoramiche, prendo il coraggio a due mani e mi butto. Faccio prima ad uscire che ad entrare, no fredda, artica è. Bon, fatto il bagno torno dal Nozz che ha già mangiato e sta spaparazzato a prendere l’ombra dei grottoni. Ahò mangio pure io e mi metto tra il lusco e il brusco a leggere. “Quando andiamo via?” chiede il Nozz che già è stufo del mare “prendiamo il barcone delle 15,30 o 16,30?”. Lo conosco, per cui opto per quello delle 15,30 che mi devo comprare sfiziosi sandaletti per il matrimonio di Pietro e Maria. Ma il caffè non lo vuoi prendere? Per prenderlo perdiamo il barcone e ci tocca aspettare quello successivo. Che dispiacere! Il Nozz per aspettarlo si spiaccica nell’ombra di una nicchia della roccia mentre me ne vado a zonzo sopra i lastroni, che il sentiero è tutto franato e potrei cascare giù a capofitto e non i me cata nianca i ossi. Fortuna che torno viva e posso spiaccicarmi vicino al Nozz a far foto alla cala già fatte ogni anno sempre le stesse. Quasi quasi tornerei anche a piedi da sola per allenarmi al Monte Amaro ma ci sono sempre sti sandali da comprare. Giriamo tutti i cinesi di Dorgali per trovare bei pantaloni neri simil eleganti e sandali neri e sbrilluccicosi che sembro quasi quasi una signora come si deve. E per oggi basta così.

24.4.2018 Monte Tundu
Anche oggi decidiamo di fare un sentiero, Bacu ‘e Bobboi, e ne facciamo un altro, per la gioia del CNSAS sia mai ci dovrà recuperare. Com’è sto fatto? Perché, contravvenendo alle indicazioni di Pietro “salite da Fioniodda, arrivate a Brusaerru, poi all’Arcu de Sa Pramma e continuate da lì”, saliamo invece per Su Crou, ma al primo bivio, al sassone, prendiamo a sinistra su una traccia invitante. Sempre a sinistra la traccia porta a una roccia da salire con corda da ferrata. “E vai!” prendiamo la facile ferrata, con comodo poggiapiedi di ginepro e saliamo ancora per facili roccette, come si suol dire, fino al sentiero-autostrada che porta a Sos Moios. Anvedi! Da qua svoltiamo a destra verso Su Listincu per un bellissimo viottolo che porta sotto la paretona del Monte Tundu (sentiero 486A). Qua per chi ha i calzoncini corti son cavoli, tocca passare per l’ortica degli ovili che, ovviamente, indica l’esistenza di un ovile di cui restano solo i muretti. Guardo golosamente i ripari sotto roccia lungo la parete, ma il Nozz non sente ragioni, continua imperterrito sul sentiero perché ha caldo. Bon. Arriviamo in vista al grottone di Su Crou, ammazza che bucone, fortuna che ci son già salita, bello ma non balla e che si fa? Si sale su Monte Tundu, non ci siamo mai stati e anche qua ho un buco che mi fa gola visto da lontano. La salita è segnata da ometti, bellissima direi col solito panorama strepitoso, il campo di pietre sotto i piedi, ginepri secolari e tutteccose. Il buco non si fa trovare così semplicemente per cui, arrivati in cima, un altopiano impestato, tocca seguire gli ometti finchè il Nozz decide che per lui basta così, ha caldo. Chesseimatta che non vado in cima? Come tutti i montigennari di questa terra, tocca salirci quantomeno. Lascio il Nozz all’ombra e seguo gli ometti fino ad arrivare a un antico ovile senza copertura e un mucchiaccio di sassi, filo metallico e tubo, come dire, quest’è la cima e niente è rimasto, nemmeno la croce. Foto di rito con Oddeu, Corrasi, Tului, Dorgali finchè il Nozz non telefona “allora????” “ahò sto facendo le foto! Ora torno, ma piano che con sti campi solcati mica si può correre”. Arrivata dal Nozz mangiamo ma poi voglio trovare sta grotta, provo a scendere per precipizio con ginepro dove c’è un ometto ma mi pare troppo precipizio, metti che casco il Nozz si arrabbia, visto che dice che si può arrivare anche da sotto. E proviamoci da sotto. Pietraia immane che porta dove stavo io, non era tanto precipizio in effetti, solo che da sopra non si capiva. A destra una condottina quasi soffiante invita solo persone veramente magre e motivate, sopra una facile arrampicata porta al grottone, bello ma non balla, come Su Crou in scala minore. A prima vista niente graffiti. Il nostro dovere l’abbiamo compiuto, si torna a S’Eranile con due miliardi di tappe all’ombra di lecci secolari che il Nozz ha caldo e tutto sommato pure io, che mi prendo pure una lecciata sull’occhio e scendo mezza accecata ancorchè contenta.

25.4.2018. Gennargentu
La proposta di andare al Gennargentu per piante endemiche è accolta a gran maggioranza, partiamo, al solito, noi tre alla volta del rifugio e da lì, a piedi, verso la vetta. Subito troviamo Crocus minimus, Gagea Soleirolii e Viola sardo-corsa per cui Giammichele e io possiamo già ritenerci abbondantemente soddisfatti. Visto che si può risparmiare parte di strada a piedi il Nozz porta la macchina fino quasi alla sella s’Arena (1510 m), proseguendo a piedi fino all’Arco Artilai (1660 m) per il sentiero 721. Qua troviamo un simpaticissimo sardo comunista che, pugno alzato piedi nella neve, festeggia il 25 aprile. Il Nozz e io ci accordiamo subito a festeggiarlo stesso modo mentre Giammichele lo intrattiene in sardo stretto quasi incomprensibile. La vetta è lontanissima e vedo la truppa poco propensa ad arrivarci, per cui prendo la palla al balzo e li saluto “voi statevene qua a chiacchierare io vado e torno”. Prima che possano dire ah sto già a buon punto e, mentre fotografo qualche altra endemicità, il Nozz mi raggiunge “non resti con Giammichele?” “no vengo con te fino all’Arcu Gennargentu” ma, appena inizia la salita-discesa si defila. “Ci vediamo a pranzo”. Ciò significa che mi devo sbrigare assai, manca mezz’ora a mezzogiorno e la vetta è ancora lontana. In modalità quellidelcaichesiallenanopermonteamaro prendo un via che levati, non guardo più piante, che tanto sempre le stesse sono, arrivando all’Arco Gennargentu (1659 M ) e proseguendo per Punta la Marmora (1834 M). Già che ci sono interrogo un sardo “quanto manca?” “e che ne so?” annamo bè…questo più che sardo siculo è. Bon, il sentiero è lastricato di granito, di acqua ce n’è in abbondanza e ho anche biscotti in caso di fame improvvisa. Canonicamente arrivo in mezz’ora alla vetta, ammazza che sfacchinata. Il tempo di farmi fare due foto dai sardi numerosissimi appollaiati sulla croce e qualche informazione sul panorama “quello è il lago Omodeo?” sguardo torvo “no è il Flumendosa, da dove vieni?” chessò, dal Burundi a non saperlo? E inizio rapidamente la discesa. Sosta solo per mangiare due biscotti e far rifornimento d’acqua nella sorgente più alta della Sardegna, fotografare la Gagea soleirolii con sfondo la croce e bon, giù che mi aspettano. A un quarto alle due sto alla macchina dove il Nozz sta sbragato ad aspettarmi “e Giammichele?” “verso il rifugio a fotografare fiori”. Lo raggiungiamo per andare a far pic nic non all’orto botanico, come vorremmo, perché chiuso, ma a una piacevolissima fonte con tavoli panche ed ombra, simil greca. Al ritorno, nonostante boschi pieni di Peonie, ci fermiamo solo a per vedere una miriade di orchidee che Giammichele dice di aver fotografato un miliardo di volte come minimo, io quasi, ma son troppo belle e numerose per restare indifferenti. E poi basta, vedo anche altre cose interessanti ma faccio finta di niente, come dice Cesare “non esagerare”.

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