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15 maggio 2015 Perda Liana Perda Liana è la nostra meta. Giammichele ce l’ha consigliata, aggiungendo “è pure calcarea!”. La vediamo ergersi da Villanova strisaili, la capitale mondiale della longevità maschile..e le donne? Mortammazzate prima? Chissà…Come arrivarci? Non alla longevità, alla Perda. Attraversiamo un ponticello che pare cascare da un momento all’altro sul neonato Flumendosa e subito un bivio e nessun cartello, però c’è una guardia forestale, gli chiediamo informazioni. Noi siamo ben contenti di vedere queste guardie dappertutto, se poi sono gentili come costui che dice “seguitemi” e ci porta in loco, allora è anche meglio. Non solo c’ha accompagnato alla Perda ma c’ha insegnato un villaggio nuragico poco distante “Ruinas”. “Buona vacanza” ci augura con un sorriso 36 denti, al chè mi sento in dovere di informarlo che ho firmato contro lo scioglimento dell’arma. Perché a me questo corpo che sorveglia e rimbosca, piace proprio. Bon, ora saliamo verso la Perda, personalmente assai contenta perché, com’è scritto nel cartello, effettivamente il posto è pieno di rare ed endemiche essenze sarde…e le devo fotografare tutte…Per cui facciamo tutta la circurmnavigazione del monolite nello stesso tempo con cui abbiamo fatto il trans Civetta. E ora? Cerchiamo Ruinas, costeggiando un tacco calcareo del giurassico (come la Perda) appoggiato su scisti del paleozoico. Sotto c’è una belle più belle foreste sarde nella quale trovo l’aquilegia nugorensis, ahjò e il villaggio nuragico? C’è, come pure una tomba dei giganti, una fonte sacra, un circolo di pietre (Mercussei) e un bel nuraghe (Ardasai). Di tutte queste vestigia quella che merita è senza dubbio il nuraghe, mentre le altre, diamo atto che ci sono, in realtà sono poco riconoscibili, è solo bello il posto che occupano, con panorama sulla Perda, sul Tacco e sul Gennargentu. Mentre visitiamo tutti questi posti passiamo dai calzoncini e maglietta, ai calzoni lunghi, pile e berretto di lana, la temperatura scende in picchiata e il vento sardo ci fa sapere che domani il tempo cambia, e in peggio assai. Il Nozzolone è contento come una pasqua, fa freddo, allora andiamo sul Corrasi. Bravo, alla grotta Orgoi e per essere ben pronti cerchiamo l’inizio del sentiero che parte dalla strada proprio di fronte al defunto bar Sos Gutturgios, che mai bar fu più ambito e più frequentato da noi due, che ci trattavano come i pastori.

16 maggio 2015 Gorropeddu Oggi danno pioggia ma a Eranu splende il sole, guardiamo al Corrasi e, a parte quale nuvola, il cielo è sgombro e la montagna mi invita. Occhio, a me invita, che vorrei salirla tutta, ma al Nozz no “andiamo all’imbocco del Gorropeddu, è una vita che ci voglio andare”. Ora, può una moglie devota disattendere i desideri del marito che oggi c’è e domani chissà? (visto che non è propriamente nato a Villanova strisaili..). “Andiamo, ma mi pare che verso Baunei il tempo sia brutto assai”. Ben, in ogni caso interroghiamo l’oracolo Giammichele “che ci consigli? Grotta Orgoi al Corrasi o il sentiero di Serra Oseli verso Gorropeddu?” “Eia!” è la risposta, tipica da oracolo. Il Nozz obietta che a fare il sentiero bagnato non si scivola ma nel calcare bagnato salvate cielo!!!. Andiamo allora a Serra Oseli, lasciamo la macchina nei pressi dei cuile e via, che già piove. Poco male, mi metto la mantella mentre il Nozzolone procede come un milord, con l’ombrello fighetto. La sterrata prosegue da una parte in su e dall’altra scende appunto in direzione di Gorropeddu. Il Nozzolone però la schifa e prende per il bosco senza sentiero alcuno, solo una traccia di capre che presto si perde pure. Obietto che forse la sterrata porta alla gola. “No” è la risposta “scende ma gira”. Dove l’avrà visto che gira poi, resta un mistero insondabile come la lingua dei nuragici. Questa via che facciamo è tutto uno scivolare tra sassi instabili, pareti impossibili da scalare, per fortuna, altrimenti vai a sapere, l’avremmo anche salite, e alberi giganteschi laddove la mantella s’impiglia e l’ombrello è un breghiero inutile. Bon, tolgo la mantella e mi metto la giacca a vento. Fatto male perché sudo peggio che alle terme di San Saturnino. Ad una certa vedo pure la rarissima cimbalaria sarda, mai vista prima, ecchè, non la vuoi fotografare? Senza occhiali e con la pioggia mi scordo pure di mettere la funzione macro e viene una schifezza immane, ma di questo me ne accorgerò dopo. Che sto endemico ritrovamento sarebbe l’unica nota positiva dell’escursione odierna. Ma che dici mai? Ecco invece l’imbocco della gola, bello!!! Peccato che non si vede un piffero, solo una grotta invitante in parete e l’inizio da scendere scalando un po’. Scendiamo finchè è possibile ma la spettacolarità della parte stretta la possiamo solo intuire. A questo punto per tornare prendiamo la bella e comodissima sterrata. Ma vah? Eccerto, ci aspettava al varco proprio all’inizio dei salti. “Te l’avevo detto che la sterrata portava qua!” strillo come la desiderata aquila reale “veramente anche Giammichele aveva parlato della strada che porta a Gorropeddu” alla buon’ora se lo ricorda sto qua. Non ci resta che tornare e scoprire, tornando, che abbiamo fatto un sacco di strada “non sei contenta? Invece di stare a casa?” “contenta sono…” mentre penso all’agognata grotta Orgoi. Al ritorno troviamo Maria “che fortunati!! Non avete preso una goccia d’acqua!!” “come???? Qua c’è stato il sole? Abbiamo tutto fracido!!!! “eia, sole c’è stato, ma bagnati vi siete?” un pochino…..che mi sto ancora asciugando…

17 maggio 2015 Ittireddu “Guarda fuori dalla finestra se piove, telefona a Giammichele e digli che non andiamo se piove” dice il Nozz speranzoso “veramente c’è un modesto raggio di sole” “mihhhh anche oggi scarpinata!!!” borbotta. Così eccoci alla galleria, con Giammichele che propone il Golgo. “Veramente a nord è più bello” obietto, ma nessuno mi da retta per cui ci prendiamo un bel po’ d’acqua solo per entrare a Babbai. La scarpinata con Giammichele, per la gioia del Nozz, qui inizia e qui si conclude. Abbandonato il nostro amico al suo destino, afferro le redini della giornata “andiamo a Sassari che è la giornata dei beni culturali e ci sono i musei gratis”. Il Nozz non fa una piega “andiamo!” soprattutto perché a Silanus, che è di strada, c’è una pasticceria con degli amaretti straordinariamente buoni. Deviamo apposta “volevamo 10 amaretti, quant’è?” “nudda, ve li regalo”, restiamo sbalorditi, il Nozz commenta “sti sardi, quando a tordi quando a grilli” perché a volte sono cari arrabbiati altre ti invitano a mangiare di tutto e di più che manco ti conoscono. Tutti contenti, ingozzati di amaretti, arriviamo a Sassari. Una volta là ci ficchiamo dentro Declaton, che ci manca un po’ di vita cittadina, soprattutto mi mancano i calzettoni. Ora cerchiamo il museo archeologico, arriviamo alle 14,10, il museo chiude alle 14 benchè, da pubblicità, avrebbe dovuto essere aperto fino alle 20. Lasciata ogni pretesa culturale ci resta quella culinaria, la spaghetteria 140 (grammi di pasta) è quella che serve al Nozz, io invece preferisco mangiarmi un pezzo di cavallo, visto che qua è pieno di queste bellissime bestie assai eleganti che solleticano la mia natura paleolitica. E ora? Lungo la Carlo (in..)Felice (limite a 50 su rettilineo e a 70 quando iniziano le curve) avevamo notato dei mega cartelli “Ittireddu museo archeologico-etnologico aperto tutto l’anno tutti i giorni dalle 9 alle 20”. Ittireddu? Mai sentito, però è vicino a Bonnanaro e Ozieri, luoghi che hanno dato nomi alle varie culture per cui, vuoi vedere che le vestigia stanno qua? ANDIAMO! Mentre deviamo per sto fantomatico Ittireddu, scorgiamo un montarozzo marrone scuro tagliato a metà “sarà una miniera di bauxite, chissà”. Invece, arrivati costì, leggiamo un cartello “Monte Lisiri vulcano spento” e vaiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!! Museo, vulcano, siti archeologici, che vuoi di più?? Per esempio un museo aperto visto che è chiuso, per esempio, la possibilità di accedere al vulcano spento, visto che c’è un bel cancello con divieto assoluto di accesso. Però, ricordandomi della eccellente disponibilità sarda, propongo di chiedere al bar lumi sull’accesso dei vari siti. Come volevasi dimostrare, alla nostra richiesta risponde Peppino “vi accompagno io al vulcano, sta proprio vicino al mio terreno, certo dovrei vedere il giro d’Italia, ma non voglio deludere due interessati come voi”. Ciò detto ci accompagna al vulcano da tutti e due i lati e già che c’è ci fa vedere il suo terreno, la casetta con un antichissimo scolo per il vino, le sue coltivazioni, raccontandoci in lungo e largo cosa e come coltiva, il chè soddisfa di molto il mio interesse botanico. Il vulcano è fatto di lapilli leggerissimi, stupendi a vedersi perché iridescenti contenenti un minerale unico al mondo, e con questi lapilli il Berlu si è fatto il suo finto vulcano personale. “Lo stanno mangiando tutto” osservo, visto che il monte è tagliato a metà e che il materiale, come racconta il nostro interlocutore, serve per fare i soffitti, essendo così leggero. Poi indica al Nozz dov’è il nuraghe “là, vedi?” “si!” risponde convinto. Se lo vede lui….Lasciamo al giro d’Italia il gentilissimo Peppino e andiamo alla ricerca del nuraghe. Prendiamo una stradaccia in salita fino ad arrivare in cima ad una spianata con cani abbaianti e nessun nuraghe “proviamo a cercarlo” propongo, “ma non l’avevi visto?” “no!! Ho solo visto il monte” hai detto niente, quello l’avevo visto pure io. Va ben, fotografo fiori strani e via, scendiamo. Il nuraghe poi lo vedo a valle, mezzo dirupato, lo lasciamo perdere perché c’è un cagnaccio di guardia che si vede che è stato messo là dal nuragico contro i turisti curiosi e rompi, che uno manco il giro d’Italia in pace può vedere! Ci sarebbero anche le domus de janas ma il Nozz decide che è tardi, dobbiamo tornare a casa a 50 all’ora sulla CarloInfelice “vedrai che arriviamo alle 10 di sera” mugugna. Niente vero, guido io e torniamo proprio all’ora di cena, in tempo per vedere che tempochefa. Buono!!! Domani Grotta Orgoi, vero????

18 maggio 2015 Verso Grotta Orgoi Ci svegliamo presto perché Grotta Orgoi c’aspetta. Guardo il Nozzolone nelle palle degli occhi “ti va?” “no!!” “allora cambiamo itinerario” “ma no, che ci voglio andare”. Chi è causa del suo mal…. Lasciamo la macchina vicino al cancello con le frecce bianche e, trovandolo aperto, c’incamminiamo nella sterrata. “Ahi!ahi!” fa il Nozzolone “che c’è?” “è aperto, ci sono i cani”. Infatti ci sono, ma legati. Per me questa era la strada giusta, ma il Nozz fa dietrofront e interroga un misericordioso per strada “la sorgente cercate e da lì passate”. Ambè, troviamo la sorgente e il sentiero che porta alla Perda Litta. Fa caldo e oltre a sto fastidio sento nelle orecchie la litania del Nozz che inizia a lagnarsi a gran voce “DOVEVAMO PARTIRE ALLE 4 DI MATTINA”. Ma che? Sto o no in pensione? Si vede che il pensiero gli è penetrato nel cervello perché non fiata più fino alla “Perda Litta”. Mentre si stravacca per terra ne approfitto per scalarla un po’, (ovviamente per far scena con quelli di flickr) visto che c’è ben scritto che è palestra di roccia. Penso che a sto punto il Nozz decida di tornare, visto che non sono le 4 di mattina, macchè, proferisce la seguente frase “proseguiamo un altro pò”. Temerario! Per consolarlo gli ricordo che Giammichele ha definito sto sentiero più facile di Peichinos. Però non è che il Nozz prosegua convinto, no, ogni tanto si butta per terra sfinito mortammazzato e penso che voglia gettare la spugna. Manco per niente “vado avanti fino a là” e così con sto strazio arriviamo finalmente sul ghiaione. Maronna!!! Non c’è più ombra, fai un passo avanti e torni indietro scivolando sul ghiaietto, non c’è più manco un ometto, cerchiamo la roccia solida a sinistra (che non la destra la schifiamo proprio) e ci troviamo un muro da una parte con un ghiaione peggio che peggio da traversare, guardiamo in alto e la grotta dovrebbe stare sulla sella distante una cifra. “Quanto manca?” chiedo; “200 metri che con st’anda significa almeno un’ora e mezza”. Praticamente come se mi avesse dato una mazzolata giù pel collo. Mentre si stravacca per l’ennesima volta sotto l’ombra microscopia di un ginepro, cerco di trovare la giusta via su per un pendio roccioso ma non vedo ometti di sorta. Tutto un colpo sento quello che mi aspettavo già dalla Pedra “non faccio più un passo!!”. Ben, è stato bravo, anzi anzi, non mi vien nemmeno da proporgli che vorrei andare avanti un po’ per vedere, e chi gliela fa? “la grotta sta bene andò stà, si vede che è destino che non la dobbiamo vedere” dico conciliante mentre penso all’inutile casco nello zaino. Ora voglio vedere a tornare da sto sentiero, altro che Peichinos, una cifra peggio!! Invece tornare è divertentissimo, sciando sul ghiaione, alla faccia di quelli del CAI e della flora endemica dei ghiaioni. Appppppppppppropposito, la flora!! Tornando ne fotografo un bel po’ che salendo manco l’avevo vista, ossia, una parte di me si, ma l’altra voleva salire a tutti i costi, intuculo fotografare. Finito il ghiaione propongo di tornare per una specie di mulattiera che, secondo me, ci porta alla Pedra Litta senza colpo ferire. Lo percorriamo un po’ in discesa finchè il Nozz si impunta come un mulo “questo non è; e la cosa che più mi scoccia e risalire”. Secondo me era, ma nel dubbio torniamo per la stessa via che non voglio risentire le lagne pure in discesa. Arrivati finalmente alla macchina ci rendiamo conto di aver fatto un bel po’ di salita, anche troppa, per cui andiamo a sbollirci a Sugologone per svuotare la sorgente con le nostre bevute.

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