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19 maggio 2015 Tilimba Ogni volta che andiamo a Baunei con Giammichele, lungo l’orientale sarda, ci indica parecchi sentieri da fare, ben, oggi accontentiamolo, prendiamo quello per punta sa Tilimba che dovrebbe portarci sopra gli strapiombi di Codula di Luna. Lo scegliamo perché, secondo noi, sarebbe facile. In effetti è facile, è tutta una mulattiera che volendo si può fare col fuoristrada, si snoda all’inizio su bellissimi scisti ricchi di minerali, successivamente su calcare vecchiotto e, per finire, sul calcare bianco buono da grotte. La passeggiata dapprima è in salita e poi inizia a scendere, ad onor del vero, manco troppo rapidamente, verso la codula. Tralasciamo ogni deviazione che dovrebbe portare a Suttaterra e ogni tanto ci affacciamo a vedere il panorama, sia mai fossimo arrivati a sti strapiombi. Macchè la gola di vede distantissima eppure la stiamo raggiungendo. “Anche troppo” proclama il Nozzolone che decide che tutta sta discesa, diventando al ritorno salita, tra l’altro non alberata, potrebbe mazzolarci in testa. Va beh, vorrà dire che andiamo a Cartoe a fare il bagno. Ma quale, fa freddino, si sta bene al sole e mi ci addormento pure, leggendo “passavamo sulla terra leggeri”. Così mi viene la famosa abbronzatura tedesca, rossa aragosta. “E poi non si dica che non ho preso il sole”. Giammichele, reso edotto della nostra escursione ci fa sapere che bastava scendere un altro po’ e stavamo sugli strapiombi, e che belli che erano!!!! Peccato che non li avere visti..

20 maggio 2015 Bilichizu Visto che ieri siamo stati seghe squallide, oggi ci riscattiamo, andiamo a grotta Birinchinzu (Idighinzos da castasto). Tanto sta vicina alla macchina, sempre quella bella camminatina, ma niente di che. Ora c’è da entrare, salgo per il passaggio stretto scivolosetto e aspetto il Nozz che tenta di inerpicarsi per un ramo traballante per poi dichiarare che non riesce a salire. “Aspettami giù che faccio qualche foto” gli dico mentre ammiro sto nero grottone giganteschino e lo faccio rosicare descrivendolo come Frasassi. Allora sento, mentre scatto, che rumega con sassi per farsi un muretto, torno indietro e vedo che sta tutto traballante su un muro di massi instabili, con due rami parte per parte che si muovono appena tenta di salirci. “Aspè che scendo e ti aiuto!!” esclamo, prima che si rompa pure la protesi dentro la strettoia e io resto prigioniera e ci trovano scheletri in posizioni non meglio precisate mezzi dentro mezzi fuori. Riusciamo finalmente ad entrare entrambi nel salone che è scivolosissimo e nero del fumo di millenni di frequentazioni. Però delle enormi colonne ben concrezionate spiccano bianche sul nerume circostante e fanno un effetto fantastico, da fotografare. Peccato che non ci siamo portati i caschi e abbiamo solo due pile a led, buone assai, per carità, ma non sufficienti a farci esplorare tutta la grotta, dove, visto che è piena di passaggi, servirebbe anche una cordina. Per cui passiamo il tempo a fotografare, fin dove si può. Usciamo neri, zozzi, sanlazzari, una vera schifezza per l’occhio umano, che manco un pastore s’azzarderebbe ad avvicinarci. A sto punto il Nozz, preso da un impeto di arditezza, decide di seguire una traccia segnata da bolli e frecce rosse “va sopra la gola” dichiara “andiamo?” ho mai detto di no in vita mia a ste profferte???? Risaliamo il monte Gutturgios su un ripidissimo pendio tra sassi che diventa presto una via traversa sotto le rocce. Secondo me era quella usata dai nuragici della grotta per scappare dai romani di stanza a Lanaittho. Finita la traversa, passata l’indicazione “BAR” , al posto del bar nuragico ecco una salita peggio che peggio su calcari talmente belli appuntiti che non ci pare giusto tralasciarla, anche per la gente che vede..Invitante assai, ma anche qua, ad una certa, il Nozz dice basta. Occhei, ne approfitto per fotografare tutto il panorama dell’immenso deserto di rocce e natura incontaminata che sono il Corrasi, Tiscali e tutto sto pezzo di Supramonte, vita da non morir mai a girar per sti posti. Il caffè lo prendiamo a rifugio Sa Oche e, già che ci siamo, andiamo alla visita guidata di grotta Corbeddu, abitata a partire da 22.000 anni fa o giù di lì. Te credo, anch’io abiterei qua, come ben sa Pietro che m’indica una casa con terreno in vendita. Ahiò e chi lo sa? Un pensiero e anche due ce li faccio.

21 maggio 2015 Voragine di Tiscali Abbiamo convinto Giammichele a venire con noi nella voragine di Tiscali, per cui partiamo di buon mattino, scongiurando il maestrale incombente, ed eccoci pimpanti nella grotta. Già, appena entrata, la grotta mi regala lo speleomantes supramontani che mi premuro di fotografare ben bene prima che scompaia del tutto, visto che è specie seriamente minacciata. Iniziamo la nostra esplorazione dal ramo est, Giammichele scatta qualche foto ma non si dimostra molto entusiasta, per lo meno, non come lo siamo noi che magari avercele queste grotte. Il fatto è che è degli olianesi, mica dei dorgalesi, e si sa, i dorgalesi sono il non plus ultra in tutto, grotte comprese. Bon, noi che siamo super partes ci facciamo mille pippe su sta grotta, stavolta, visto che abbiamo una cordina, faccio il passaggio dei pastori nuragici e vado verso la fine, ma mi trovo davanti una ripida salita che sembra molto semplice a farsi ma parecchio circospetta a scenderla. Quei due se ne guardano bene dal seguirmi e vorrei prendermi la corda ed andare a vedere, ma già li sento strepitare che c’è ben altro da vedere e mi gufano pure. Sarà per un’altra volta, che già lo so che ci torno e vado a vedere sta fantomatica uscita. Ora andiamo al ramo nord, faccio la salita su concrezioni e metto la corda per il Nozzolone, prova a salire anche Giammichele in libera ma si sente scivolare, in effetti, sto passaggio è assai viscido. Così, visto che la grotta è degli olianesi, dice che ci aspetta qua, che è molto meglio Su Anzu e andassimo noi. Eccome se ci andiamo. La grotta diventa subito un immenso salone con colonne immani cascate per terra, ci affacciamo su un orrido abisso (..così si scrive in ogni descrizione che si rispetti…) e non è questa la via. Passiamo da un’altra parte e cominciamo a scendere l’orrido abisso. Però qua non sappiamo se perdere tempo a fotografare o perderlo ad esplorarlo tutto. Tenuto conto che c’è Giammichele che ci aspetta in sto schifo di grotta olianese, facciamo qualche foto che sicuro che ci torneremo nell’orrido. Non ci resta che esplorare il ramo sud, quello già visto con le bambine, semplice semplice, troppo semplice visto che vorrei perdere tempo per vedere il fantomatico raggio di luce che dall’alto illumina tutta la sala. E sai che foto che verrebbe!! Ma ho a che fare con sti due prosaici che si vede che delle foto gli frega il giusto, e poi, oggi piove, mica si vede il raggio. Se le inventano tutte, ma quale piove, c’è il sole che quando usciamo ci investe assieme al vento. Facciamo tappa dai nostri ormai amici del rifugio Sa Oche e via a casa che devo consultare l’enciclopedia della flora sarda che mi ha prestato Giammichele e poi devo anche incontrare i botanici del raduno di actaplantarum e non sto nella pelle di sciropparmi le disquisizioni sul peletto del fioretto del rametto della foglietta endemica.

22 maggio 2015 Corrasi botanico 22 maggio 2015 Mi sveglio tutta contenta che devo andare con i botanici sul Corrasi e sento il Nozzolone che si lagna con un fil di voce “sto maleeeeeeeeeeeeee!” eccololà, si è preso il virus, quello che sta girando da te parti e se lo son preso Pietro e tutta la parentela, speriamo non sia l’ebola visto che siamo andati anche a Sassari. “Te la senti di star solo?” se la sente, per cui lo lascio tra il letto e il gabinetto e vado dai miei nuovi amici/e. Loro salgono verso il Corrasi coi fuoristrada e io con la mia macchina, finalmente mia, che mi sento proprio olanda a fronteggiare la pessima sterrata senza nessuno che mi dica accelera, frena, stai a destra, stai a sinistra, stiamo cascando per il burrone. Arrivo sana e salva e conosco Angelino Congiu, quello che ha scritto “Monte Corrasi guida alla flora e ai sentieri” che leggo e mi porto appresso siccome vangelo. Sarà lui ad accompagnarci sul Corrasi, non tutti, quelli che hanno le ginocchia buone. Mihh non sto nella pelle!!! Ovviamente ho le ginocchia buone sto appiccicata ad Angelino chiedendogli ad ogni piè sospinto “che fiore è questo?e questo?” fatto sta che lui prende un via che semina tutti. Marinella si lagna “non posso fotografare e star appresso a questo in sti calcari accidentati, tra l’altro non conosco il posto e mi perdo”. Mi offro di accompagnarla io che conosco il posto perché è lo stesso dove siamo stati con Giammichele a fotografar peonie. Arrivati in un luogo assai impervio, pieno di hum e spaccature, ci sparpagliamo tentando di fotografare, senza cascar di sotto, quello che ci indica Angelino, “il cetranthus amazonum cresce sempre nei bordi degli abissi, come questo”. Raddrizzo le orecchie Abisso!!!???? Butto un sasso, sia mai, saranno 10 metri, quale abisso e abisso. Invece girando girando vedo proprio un buco scavato dagli speleo “questo si, che su Bentu qua sotto sta” dico ad un botanico nei pressi che mi guarda ignaro di tanto ben di dio, invece mi chiede di indicargli la thymelea tartonraira, poiché passo per una esperta di flora sarda. Va ben, so dov’è. All’ora di pranzo tutti scappano per arrivare ai fuoristrada che però schifano, si accorgono che i bordi della stradaccia sono pieni di endemismi e li devono fotografare tutti, io non tanto, che ne ho di questi, avendola già perlustrata per anni e anni. Però finalmente imparo i nomi, che tornata a casa dimentico come i nomi dei botanici, del resto. Loro restano a mangiare e io torno dal Nozzolone per portargli un quintale di medicine “dice la farmacista che ha il virus che gira” sperando che non sia l’ebola, “com’è andata l’escursione?” chiede l’infermo “ottimamente, ginocchioni a fotografare piante” rispondo “ben, non tutto il male vien per nuocere, fortuna che non son venuto, anzi, domani penso che starò ancora maluccio parecchio” preventiva il Nozz.,visto che ci sarà un’altra giornata botanica.

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