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7 maggio 2015 Su Contu Alla solita ora e al solito posto ecco Giammichele che ci aspetta, “dove ci porti Giammichè?” “a su Contu” che come nome sembra piuttosto urbano, niente guttorgi, sazze dove non passa cane o loriscatorgiu. Ma proprio a loriscatorgiu lasciamo la macchina, catorcia anch’essa che non è furistrada, come ci fa sempre notare Giammichè, come dire, si potrebbe partire a 5 minuti dalla meta ma con la vostra macchina…Partiamo e già vedo una moltitudine di peonie sfiorite, meglio che non devo inginocchiarmi ogni piè sospinto a fotografarle. Già perché la caviglia tutto d’un tratto dà segni di se “ahò, sono stata buona tutto il tempo ma qua si esagera”. Mi fa eco il Nozzolone “ho male all’anca” e risponde Giammichele “io al ginocchio” “si vede che cambia il tempo” rispondo, no che siamo vecchi da buttare, chesseimatto, che ci resta tutto il Supramonte di Baunei da fare. Arriviamo prestissimo a sto su Contu che offre un panorama di 360° su tutto, Corrasi, Turosele, Bardia, Irveri, Gennargentu, Golgo e, niente meno che, sull’agognata s’istrada longa. “Giammichele, andiamo a s’istrada longa? com’è?” “longa” risponde Giammichele guardando commiserevole il nostro stato. Perché sicuramente lui se la sciroppa in un boccone ma di farci andare noi, non se ne parla proprio. Però ci spiega per filo e per segno come andarci, come tornarci ci consiglia la barca...Già che c’è ci insegna come andare a Bacu Addas e in tutti i bachi di sta terra che arrivano a Sisine, ma si torna con la barca, dice lui. Il Nozz si prende col GPS tutti i punti, hai visto mai, che nella prossima vita ci torniamo. Intanto seguiamo Giammichele a un bellissimo cuile “come ci chiama ?” “su Contu” poi scendiamo per un sentiero di campi solcati strepitosi “come si chiama? “s’assa de as tenturas” ma quale tintura, qua tutto bianco è! Il posto è talmente bello che mi scordo la caviglia e vorrei proprio scendere per sto bacu Addas, risalire per s’istrada longa e arrivare pure all’arco. Invece no, si torna indietro perché dobbiamo visitare il nuraghe solluli. Certo, ne abbiamo visti pochi…quasi tutti gli ottomila ma non vediamo l’ora di vedere anche questo. Che è nel granito. Ecco dopo tanto calcare, che mi sono portata un po’ di coralli per Luca, ci manca il granito. Il nuraghe è sparpagliato per terra ma sopra si può vedere i resti del villaggio nuragico e uno splendido panorama su campo Esone, sui monti di Uurzulei e non se stai attento ti ritrovi a vedere ben bene pure su Palu, inciampando. Tutto il ritorno mi sorbisco la litania del Nozzolone che ci dobbiamo riposare, soprattutto io che ho esagerato. Va ben, allora andiamo a Cartoe a riposarci. Qua ho l’ampia scelta, morire di caldo al sole o morire di freddo all’ombra, senza nessuna via di mezzo, anche mezzo sole e mezza ombra senti le gambe a fuoco e il resto come nell’ingresso di su bentu. Resisto che devo leggere una schifezza di libro mentre il Nozzolone fa un bagno che esce tutto duro dal freddo e si vanta “sono tutto duro” “allora andiamo a casa” propongo. Invece andiamo in biblioteca che è più casa di Eranu, abbiamo una tonnellata di libri sardi da consultare, eia!

8 maggio 2015 Laconi Che si fa al posto di camminare? Si va a Laconi a vedere i menhir. Hai detto niente, da qua è lontanissimo, meglio, siamo costretti a stare in macchina. A dire il vero con la superstrada Nuoro Oristano arriviamo presto, troppo presto, il museo aprirà alle 15,30. E intanto? Nessuna voglia di girare sotto il sole a cercare vestigia, che tra l’altro non sono nemmeno indicate. Nessun bar col wfi “costa e qua non c’è lavoro” mi fa sapere la barista. Non ci resta che un bel giardinetto pubblico, vicino ad un bellissimo bosco, con tanto di statua di santo simil-padrepio, nel quale facciamo tipo mare, sdraia, libro e stravaccamento al sole e se serve c’è anche la fontana del santo per il pediluvio. Alle 3 e mezza in punto eccoci al museo dei menhir, ci accolgono a braccia aperte, dentro c’è un asilo infantile in visita guidata e mentre le maestre di affannano a spiegare com’è che ste pietre hanno i pugnali, si ode il sottofondo di pianti accorati. E bravi i sardi che insegnano fin da piccolissimi l’archeologia, ancorchè non pare sia moltissimo apprezzata, a sentire i commenti lagnosi. Intanto noi visitiamo ben bene il museo, con il custode che c’indica quel che dobbiamo vedere, visto che sta nel palazzo-villa Aymerich….. inglese? No catalano! …il quale è bello di per se, pieno di stanze affrescate. Mentre ci facciamo le pippe sulla bellezza di tutti sti menhir, arriva un ragazzo di gran carriera che si offre di spiegarci per bene tutto l’ambaradam della villa e degli affreschi. Peccato che ha pochissimo tempo e deve scappar via. Urka che gentili qua. E dire che il paese è senza lavoro, dovrebbe vivere di cultura, ce n’è da vendere e non è nemmeno pubblicizzato, ci siamo capitati per caso, avendo letti i libri della biblioteca. Ora andiamo al parco della villa, pensando che faccia parte del percorso museale, niente vero, è aperto a tutti dalle 8 alle 19, bastava andarci invece di fancazzare ai giardinetti. A saperlo prima… Il parco è magnifico, pieno di alberi giganteschi, grotte di travertino, cascatelle, castello e sentieri del CAI. Urka, in men che non si dica visitiamo le parti salienti tralasciando i sentieri del CAI, non c’è tempo, tocca tornare a Dorgali per Fonni stavolta, ossia attraversando il Gennargentu. Ci sarebbe da fermarsi ogni piè sospinto, solo a vedere gli scisti antichissimi o cercar erbe endemiche, che qua ce ne sono a iosa, ma ho pietà del Nozzolone che trasuda voglia di Amatriciana da tutti i pori. Infatti stranamente guida pure a velocità sostenuta per ste curve, e smadonna contro una festa di Aritzo, con tanto di bestia che gira sulla brace…che avrei molto apprezzato di assaggiare gustandomi anche i sardi in costume (si sa i sardi in costume, sono apprezzabili…).

9 maggio 2015 Bacu Addas Galeotto fu Aldo Nieddu e il suo libro “andalas caminus” Bacu s’Orrargiu e dintorni. Ce lo siamo letto d’un fiato e il Nozzolone, udite udite, proprio lui, propone di fare l’escursione meno lunga, da su Loriscadorgiu e bacu Addas e ritorno, 300 m di dislivello, 4 ore di marcia. Intanto parte con tutta calma che già gli sto rintronando le orecchie di sbrigarsi, che, come CAI insegna, tocca partire presto, “ahò mica devo timbrare il cartellino” mi risponde inviperito. Poi, arrivati al dunque, sceglie di vedere anche il cuile Sartainosti, che già ad andare a quello sarebbe un’escursione a parte. E che mi tiro indietro? Manco per sogno, ci cerchiamo la traccia per il cuile e lo troviamo anche, poi si ritorna al bivio. “Sei stanco?” gli chiedo “si e sarebbe ora di mangiare” “non vuoi andare a bacu Addas? E poi sempre a mangiare pensi!!” al chè mi risponde a tono che è stanco morto, non vuol andare da nessuna parte, vuole mangiare come tutte le persone normali e mi rinfaccia che ho mangiato il cornetto mica come lui, digiuno. “Va beh” dico conciliante “siamo arrivati fin qua, facciamo un pezzo di discesa tanto per vedere”. Praticamente arriviamo a bacu Addas. A questo punto immagino che getti la spugna. Manco per niente, prende il via e scende il bacu fino al posto stretto con i tassi giganteschi. Qua si ferma per mangiare. Bene, ne approfitto per vedere la grotta del teschio di pietra e da là scorgo, dall’altra parte del bacu quasi in cima, una grotta-grotta, che va sicuramente, mihhh che voglia di andarci. Strillo come un’ossessa di sta grotta senza sollevare grandi entusiasmi nella platea sottostante. La quale, mangiato il panino, decide di proseguire lungo il bacu “ma non eri stanco?” “si, stanco morto ma ormai sto qua, arriviamo fino al bosco di lecci giganteschi” “quanto manca?” “700 m” che con quei salti, calcari e rolling-stones equivalgono minimo minimo a 7 km. Mi prende l’apprensione che scivoli e si faccia male, che tra l’altro qua dentro non prende niente e nessuno sa che stiamo in sto bacu fuori da ogni grazia di dio. Arrivati al bosco non torna indietro, “mancano altri 700 m e siamo al salto, andiamo” “sei sicuro di farcela con sta gamba?” chiedo con l’ansia in gola “no, ma ormai sto qua”. Mecoions. Va beh. Lo seguo paurosa una cifra che si faccia male così mi tocca pure morire con lui di stenti che qua non si vede manco la descritta aquila reale, dovendo cacciare. In ogni caso non bevo, sia mai servisse l’acqua. Cammina cammina, si fa per dire, che il fondo tutt’è che facile, arriviamo finalmente al salto, 100 metri da descrizione, e qua inizia, con un passaggio su ginepro, s’istrada longa. Il panorama sul baco s’Orrargiu, così prende il nome da qua bacu Addas, sul runcu ‘e Coa, sul su barracu e sull’arcada s’Orrargiu ci compensa della fatica. E ora tocca tornare. Va beh, tralascio ogni imprecazione, anche stavolta San Bachisio ci ha fatto la grazia che siamo tornati, relativamente presto e in buona salute, a rifocillarci a Su Babbai, contenti di aver fatto due escursioni in una (ancorchè,la grotta intravista, mi sia rimasta sul gozzo..)

10 maggio 2015 Sartainosti Appuntamento ore 8 con Giammichele. “Dove volete andare?” ci chiede. Subito il Nozzolone mette le mani avanti “siamo stanchi morti da ieri che siamo stati a bacu Addas e al cuile Sartainosti” “Siete stati all’altare nostro? E non avete visto il balcone sui bachi e sull’arco?” “veramente ci siamo affacciati e abbiamo visto bacu Addas” come dire, ci basta e avanza. Giammichele decide che non abbiamo visto un bel niente e dobbiamo assolutamente tornare al cuile e vedere il balcone. Bene, immagino che così avrò l’opportunità di cercare la grotta di ieri dall’alto e, immaginando l’escursione semplice, lascio le vivande in macchina. Fino al cuile tutto bene, ci affacciamo anche sopra gli strapiombi di bacu Addas ma scopro che stiamo sopra la lecceta, troppo avanti rispetto la grotta, tra l’altro pare che ai miei compagni di escursione, ancorchè speleologi, non freghi un bel nulla di una grotta che va sicuramente. Non faccio in tempo a dolermi di ciò perché il sentiero dove ci trascina Giammichele è un accidenti di campo solcato sotto piante che non sai se prenderti ramate in testa e restare trafilato dai calcari o scivolare direttamente nel pietrame. Ci mettiamo una cifra ad arrivare a un balcone sopra la fine di bacu Addas e l’inizio di bacu s’Orrargiu. Qua Giammichele dice che devo ammirare il panorama ma vedo più che altro rami, per cui mi sposto ed effettivamente ammiro la codula fino al mare, giro l’occhio e vedo una nurra che scende, pure mezza arrampicabile. Strillo come un’ossessa che c’è una nurra, tra l’altro sopra bei strapiombi ammirevoli, macchè, quelli se ne sono andati a cercarsi un’altra balconata e di sta nurra frega niente “resta là che alle 7 se non sei tornata ce ne andiamo a Su Babbai”. Mihhhh!! Devo seguirli che senza di me che fanno sti due e poi da sola sta nurra mica la posso fare. Così per calcari sempre più ostici, che a momenti getto la spugna che non ne posso più e il panorama sta bene dove sta che già l’ho visto, finalmente arriviamo al ballatoio vero, quello da cui si ammira bacu s’Orrargiu, bacu Uruzzò, strapiombi a non finire e la famosa agognata s’istrada longa. “Bello Bello, ma si potrebbe tornare per la superstrada ballatoio- Sartainosti?” Giammichele mi accontenta perché trova una traccia, fiancheggiante Uruzzò, che evita sti maledettissimi campi solcati. A questo punto non mi resta che proporre la ricerca della grotta-grotta. Niente da fare, si coalizzano in un partito “antigrotte” che ad una certa età evidentemente l’interesse speleo s’inflaccidisce. Bon, si vede che ad una certa ancora non ci sono arrivata, però apprezzo su Babbai quando c’arrivo.

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