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30 aprile 2015 Su Listincu Appuntamento ore 8 con Giammichele, chissà cosa ci propone. “”Qualcosa di semplice viste le vostre condizioni” e ci porta per scala Peichinus, ossia il passo delle galline, passetto passetto. Altro che passetto passetto, è una rampa dritta che levati, fortuna che Giammichele si ferma a fumare ogni ombra che trova. Arriviamo contenti assai a Su Listincu, il lentisco, con fenomenale panorama sul rio flumineddu, laddove c’è un cuile in via di ricostruzione. Come dire, siamo arrivati? Macchè “volete vedere la grotta di Su Listincu?” domande da speleologo a speleologi, certo che siiiiiiiiiiiii. Non contento mi dice che la grotta prosegue bella per una decina di metri, basta infilarsi là. Ossia in una strettoia terrosa che mi riduco un sanlazzaro e mi sono pure portata la digitale per fotografare una colonna che sai quante ce ne sono da noi più belle. Ma tant’è. “Però Giammichè, la grotta soffia” che se fosse nostra l’avremmo scavata che non ti dico quanto. Lui però fa spallucce “sarà qualche buchetto che porta fuori”. Si, 4 kilometri dopo per lo meno. Bon,nostra non è, il mio dovere morale in quanto speleologa l’ho fatto e ora andiamo a Sa Lacana, dopo aver disdegnato una bella salita per Monte Sos Guttorgius un’ora andare e una a tornare (che non avrei disdegnato affatto personalmente..).
Sa Lacana è una pozza d’acqua che mai ti saresti aspettato tra calcari. Giammichele me ne offre una tazza come fosse rosolio e tanto la bevo,con somma venerazione, la beve anche il Nozz che di solito fa lo schizzinoso con l’acqua stagnante. Giammichele poi si fa anche le abluzioni, perché qua l’acqua sacra è. Bon, ora ci porta per orchidee. Veramente ne avevo fotografare tante ieri, ma se proprio devo…ce n’erano poche stente, a detta di Giammichele, sono state divelte dai costruttori di sentieri. Anche loro, peggio del costruttore di Tuvixeddu.

Poi ci fa vedere la grotta di Su Crou dal basso. Come dal basso!! Ci voglio salire. “Non so se sia il caso con quella caviglia, c’è da arrampicarsi, facile ma c’è”. Il fatto è che questa è una grotta gigantesca a vedersi, mezza montagna bucata, ti fa una voglia che levati, l’avevo vista e vagheggiata fin dagli albori sardi, avevamo pure provato inutilmente ad arrivarci e ora? Noooo!! Ci devo andare, tanto sono a perdere, al massimo muoio e mi seppellite qua che son contenta una cifra. “Sei adulta e vaccinata, vai”. Infatti, mi cerco il sentiero che è anche tracciato, come è tracciata la via di salita per la grotta, ometti provvidenziali che mi indicano la scalata. In men che non si dica sono alla grotta che chiude la infame. Senza aria alcuna poi. Ma la visione è stupenda e perdo tempo a far foto. Quando sento il Nozz che chiama devo scendere. Si,ma dove? Orco cane, e chi si ricorda? Cerco una traccia che mi porta nell’abisso “San Bachisio aiutami tu” e lui pronto mi fa tornare indietro e prendere la via giusta, ecco l’ometto, che smaltita! Torno sana e salva, pimpante assai e scendiamo tutti per scala Su Crou. Bella assai e ben messa. E mò? Al mare a Ziu Martine, che manco scendo e il sole se ne va così resto lì a prendere un sacco di freddo marino, fa tanto bene l’aria di mare, non ti dico quanto! “Nozzolò, è ora di cena, torniamo!” “ma se sono le 5” “si ma ora che si cuoce sto riso che abbiamo comprato…” il tempo di prepararci e torna il sole, perché si sa, lo speleo ama il buio freddo e San Bachisio lo accontenta.

1 maggio 2015 Nurra Cuccuru Su Corvu Di norma oggi dovrebbe essere riposo, in teoria dovremmo andare al mare “che dici se prima facciamo una breve camminatina?”, propongo speranzosa, e il Nozz subito mette nel GPS i punti delle nurre di Cuccuru su Corvu, prese da Sardegna Speleologica. “Cerchiamo nurra di Cuccuru su Corvu”. Hai detto niente. Parcheggiamo la macchina al valico e veniamo investiti da uno stretto interrogatorio da gitanti dorgalesi, tipo chi siamo, cosa facciamo, perché, da soli siete matti, conoscete la zona meglio di noi. Te credo, ormai, a parte le nurre, Cuccuru su corvo è cosa nostra. Bon, bando alle ciance, seguo il Nozzolone che mi porta per una specie di traccia manco troppo difficile “la nurra sta qua?” “no, 100 metri sotto!” tento così di deviare verso il basso senza esito, il Nozzolone prosegue dritto poi si ferma davanti a un buco di niente e presume che sia la nurra, anzi ci butta un sasso che finisce dopo un centimetro. “Andiamo sotto allora” macchè, non c’è verso di spostarlo in basso, nemmeno la minaccia “ci vediamo alla macchina” “no!” “perché?” “non puoi andare da sola in quelle condizioni” senti chi parla, in effetti, penso che sia meglio per me non lasciarlo solo in quelle condizioni. Allora, visto che non andiamo sotto, devio per la cresta, per lo meno è più ventosa “tu vai dritto, io vado a vedere la cresta” il chè mi regala la vista di tre mufloni che scappano. Stavolta il Nozz mi raggiunge alla cresta e in breve torniamo alla macchina. “Allora la cerchiamo alla quota giusta, tagliando dritto per dritto il Cuccuru”. Si, ma c’è un vallone di mezzo che, a dire il vero, ci facilita molto la progressione su sti taglienti, inconcludenti calcari. Al punto presupposto non c’è nurra in vista, però siamo stanchi-morti-stufi-grondanti sudore e non è il caso di proseguire oltre. Va beh, andiamo al mare a Ziu Martine. Il Nozz monta una tenda beduina per mettersi all’ombra sotto un sasso che fa ombra di suo, si mette giù tutto nervoso che si vede distante tre kilometri che gli scoccia tutto sto sole di riverbero. Per non aver il riverbero del nervoso me ne vado a zonzo a far osservazioni scientifiche di certi animalacci blu mai visti, tipo barchetta, che infestano tutto il mare schiumoso di suo “saranno scappati dall’acquario di Calagonone sti qua”. Mi vien un gran caldo e tento il bagno tra le bestiacce, ma mi sovviene che se scivolo con sta caviglia mi gioco i calcari, adiosa, leggo il libro sardo e faccio foto artistiche che è meglio!

1 maggio 2015 San Bachisio E’ cosa doverosa ringraziare il nostro protettore, San Bachisio, per cui partiamo alla volta di Bolotana, laddove troviamo la chiesa chiusa. Interroghiamo un cavaliere di passaggio “si può visitare la chiesa?” “eia! Stasera, è la sua festa!”. Pensa te, senza volere eccoci al suo cospetto, bon, ma intanto bisogna occupare il tempo, andiamo al bosco Burgos che sta qua sopra. Ci facciamo trasportare dai cartelli “Sa Cariasa” che sarebbe un albero secolare, percorriamo un sentiero che indica “Patatonas” non troviamo né l’una né l’altra ma il posto merita. Va ben, allora andiamo diretti alla foresta, stravolta visitiamo la chiesa di San Salvatore, da fuori, regalata ai diseredati pegno di superno conforto nel vigesimo anniversario d’Italia una funse. Il posto era sicuramente chic, case con un certo stile, parchi, ecc, tutto in rovina. Impossibile visitare il nuraghe soprastante, cancello chiuso, peccato sta tancas chiusa, ci rifaremo con gli altri 7999 sardi. Allora andiamo agli ipogei zuffinu. Anche qui cancello chiuso, ma prima c’è un altipiano di roccia granitica, scistosa, boh, non saprei che vulcanismo trattasi, insomma una stranissima conformazione alta sulla piana nella quale sono stati scavati dei buchi, gli ipogei, ne visitiamo qualcuno ben sapendo che nei dintorni ce ne saranno una cifra, il posto è ubertoso, ricco d’acqua e di messi. E ora? Cerchiamo le terme Santa Lucia, le troviamo ma c’è accessibile solo una fontanella dove stanno riempiendo scorte d’acqua mensili. Ci fanno riempire una bottiglia “fa benissimo è ricca di ferro” in effetti è veramente buona, effervescente naturale. Ma a me serve il caffè, lo troviamo a Bonorva, bella cittadina con bella chiesa che vado a visitare, c’è un santo con un cinghialetto, niente a che vedere col nostro Bachisio, il museo archeologico è chiuso. Stavolta andiamo a Badde Salighes. Qua ammiriamo un taxus baccata enorme, un paesetto ricostruito di case basse disabitate, viale pavimentato con file di lampioni che ci porta alla villa Piercy. Come essere di colpo trasportati in un borgo inglese, villona compresa. Il parco è ricchissimo di enormi tujacee, un bel bosco misto con strane commistioni di essenze sardo-continentali. Gira gira costeggiamo Parco Pabude, all’interno ci sono anche cascate ma non lo visitiamo, ci aspetta Bachisio. Arriviamo appena in tempo per passare il paese, transennato perché la festa consiste, tra l’altro, in una gara atletica, la corsa di sarde di tutte le età che si affannano per le vie paesane tifate dai locali. E la chiesa? Finalmente ci entriamo, tutti incuriositi dagli altorilievi bacchici, riproducenti uno con gli attributi in vista e ballo tondo. Non possiamo tanto soffermarci perché stanno recitando litanie non propriamente bacchiche e ci guardano stortissimo che stiamo lì in posa poco devota. Però mi prendo il santino di S.Bachisio, che mi serve come il pane, certo a vederlo sembra più che altro un gentiluomo del 700.

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