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16.5.2023 Gorropu
Il vento sardo!!! Ambè, a me non fa niente ma già so che Sergio col vento sardo non mette naso fuori di casa. Pietro se lo tiene a far compagnia “e tu?” mi chiede “farò una camminatella, al solito”. Già lo so dove voglio andare, a cercare l’aquilegia nuragica di Gorropu. Stavolta, ma solo per una volta, do retta a Sergio “meglio se scendi da Genna Silana e torni per S’Abba arva e non viceversa”. Occhei, sperando che in discesa non soffrano le ginocchia. Invece è andata bene così, Sergio mi ha lasciato a Genna Silana e mi è venuto a riprendere dall’altra parte. Nel frattempo ho ammirato a piacimento il percorso ripido e soprattutto i vari cuiles che, facendolo in salita, non avevo apprezzato presa com’ero a faticare. Bon. Arrivata all’una a Gorropu vedo che c’è un sacco di gente spaparanzata nelle pozze per cui vado decisamente al gazebo. “Buon giorno, sapete per caso se è fiorita l’aquilegia nuragica?” “si inizia adesso, sta a 20 minuti da qua sopra la stalagmite che goccia, conosci le piante?” “un po’” così mi chiedono consulenza su certe endemiche, fortuna che la fatica ha riattivato le cellule neuronali e mi ricordo i nomi. Scambiati i convenevoli pago il biglietto (5 euro) e m’incammino velocemente. Non avendo detto a Sergio della digressione nella gola, cerco di sbrigarmi visto che lo smartphone non prende. Peccato perché, anche se ci sono venuta più volte, merita sempre una visita approfondita e non solo per l’ambiente tenuto conto che, oltre all’aquilegia, ci sono altre specie niente male, tipo l’helleborus lividus subsp.corsicus. Arrivata alla stalagmite scorgo assai lontane e assai in alto le aquilegie che spiccano celesti su un substrato di erbe muschiose. Per fotografarle servirebbe una digitale a cannone. Dalle altre parti non ne vedo ma evidentemente ci sono magari più avanti, viceversa non avrebbero potuto studiarle. Chiedo a un turista di farmi qualche foto per la cronaca e poi torno altrettanto velocemente indietro, non tralasciando foto all’ambiente grandioso e agli innumerevoli buconi. Ringrazio i ragazzi della gola e senza indugio, soprattutto senza bere o mangiare, salgo verso il sentiero di S’Abba arva. Appena prende lo smarphone avverto Sergio che fra due ore e 10 sarò al ponte. “Vieni che ti aspetto per il caffè” strilla Pietro. Al chè mi ricordo che dovrei mangiare e bere ma aspetto di farlo alla sorgente Cantaru Orruos. E da qua in un’ora sono all’appuntamento con Sergio che arriva proprio in quel momento. Mica finisce qua, a S’Eranile mi aspetta il piantinaggio di parecchi fiori per Maria e alla sera la cena con Giorgio. Forse la palestra con Andrea mi stanca di meno…. o no? Diciamo che il panorama è diverso…

17.5.2023 Iscala su Molente - s'Arga
Non so perché per cosa per come ma ci svegliamo più tardi del solito, faccio le mie cose senza fretta in modalità interlocutoria per cui, quando vedo Sergio prepararsi lo zaino, rimango piuttosto contenta. Dove mai andremo? Di qua è nuvoloso ma di là, verso il mare, il tempo sembra migliore, propongo di scendere in codula che è sempre un bel vedere. “Scendiamo da scala Su Molente e saliamo da scala Sarga” è la proposta di Sergio, non aggiunge poi Cala Luna. Ho le gambe provate da ieri per cui va bene tutto, anche non arrivare al mare. Sergio però si è riposato e si vede. Pare sempre sto moribondo ma appena mette gli scarponi stargli dietro è un’impresa. Metti pure che inizia subito Su Molente non per la traccia canonica ma per sassi sassi, che già il sentiero lo è sassi sassi. E poi sto cavolo di bastoncino mi aiuta alla rovina sul calcare. Ogni tanto mi aspetta ma in codula prende in via. Scopriamo che il sentiero in codula adesso è segnato ma sia perché sono veramente stanca, sia perché sto cercando fiori, il sentiero lo perdo e Sergio è scomparso nel nulla. Mi viene lo sconforto assoluto perché è l’una ho fame e sete e mi vengono i bruciori di stomaco. Quando non so come lo raggiungo lo investo di male parole “fermarsi mai????” con voce assassina. Placido risponde che mai ci siamo fermati nei tempi andati. Ecco, ogni anno sono 10 anni e sarebbe ora anche di fermarsi che tra l’altro non ho avuto tempo di indagare i fiori con sta furia. Per cui alla prima ombra si ferma per mangiare e dice che è il caso di salire a Sarga e bon. Come dire, ogni anno sono 10 anni, Cala luna scordatela. Però mangiare e bere mi ridà la carica per cui propongo di arrivare almeno al gigantesco grottone sulla sinistra che vorrei salirlo una volta nella vita. “Ma è un riparo sotto roccia, tanto vale arrivare a Cala luna” dice Sergio sotto il grottone. “Si più che altro vorrei arrivare al bar”. Per me i bar sono elemento essenziale della vita degna, a Ciampino c’è il bar di Bruno e a Dorgali Puddu. A cala luna spero di trovare quelli del ristoro che sono abbastanza cordiali ma no che è chiuso e tocca andare alla baracchetta nella spiaggia dove il caffè costa 2 euro come fosse in cima a Badde Lu Piro. Roba che ci vieni con la barca qua, come dimostra il fatto che la spiaggia è piena di gente. Così il tempo di vedere lo stagno ridotto ai minimi termini torniamo subito indietro. Sarà che il caffè mi ha dato la carica, come dice Andrea “ha il cortisolo solo uno ne bevi bere”, stavolta non sento granchè fatica e quando Sergio, arrivato a un pezzo di Sarga propone un sentiero diverso per salire, acconsento senz’altro. Dove trova ste tracce diosololosa. Qua non si vede che selvaggiume ma lui dice esserci una traccia che porta a Buchi Arta, molto ripida ma più corta. Esplorare il selvaggiume è il massimo e poi eviterei così l’ultima parte della salita, quella noiosa sotto i lecci nello sterrato senza calcare. In effetti questa traccia è interessante, sale dritta per dritta una vallecola con mini arrampicatina, grotta riparo, ghiaione tipo scala ‘e homines, e infine l’invalicabile recinto di Buchi Arta. Peggio di una muraglia nuragica, cerchiamo di arrivare alla strada prima scalando verso un cuiles, dopo entrando nel recinto della cisterna onde evitare cani rabbiosi, infine arrampicandoci in un ramo di ginepro per uscire dal recinto peggio dei peggio furrones. Sani e salvi ma alquanto provati ce ne torniamo a S’Eranile laddove non troveremo certo Pietro e Maria, ma telefoniamo loro per far sapere che siamo vivi e vegeti. “Dove eravate?” chiede Pietro “a scala Sarga” risponde il bugiardone di Sergio “niente vero” strillo “siamo saliti alla vateciava in posto sconosciuto che arriva a Buchi arta”. Ma domani indagheremo da Pietro che posto è. “Ci mancherebbe anche cresta Tittiddai” dice Sergio “ma magari è brutta, mica bella come quella che abbiamo fatto oggi”. Se questa è bella, immagino Tittiddai….sazza ove non passa cane….

18.5.2023 San Saturnino e dintorni
La giornata da passare al mare sfuma guardando il Tului nebbioso ma rispetto agli allagati siamo no fortunati, di più. Qua fa freddo cane, mi metto strati su strati di indumenti e aspetto le proposte di Sergio con le sue miracolose tracce. “Andiamo a San Saturnino, c’immergiamo nell’acqua calda così ci passano tutti i malanni e poi nei pressi ci sono da visitare la domus de janas luzzanas con il labirinto inciso e il nuraghe Siana” propone Sergio speranzoso. Bon, partiamo seguendo il navigatore che, intelligentemente, ci fa percorrere una strada verso Orune e poi verso Benetutti, per farci ammirare un pezzo di Sardegna sconosciuta, bucolica e veramente bella. Arrivati davanti alla chiesa di San Saturnino scopriamo esserci una piazzetta con fontana di acqua calda e bei fiori, con diverse macchine parcheggiate. “Si vede che ormai queste terme sono conosciute, in ogni caso mi porto il bastone che se ben mi ricordo c’è il gregge con cani rabbiosi” dico. Invece il sentiero è ben tracciato, cani non ce ne sono e alla casa diroccata c’è la fila. “Come funziona?” chiedo “c’è da fare la fila, ma tanto più di 20 minuti dentro all’acqua non si resiste” mi rispondono due sardi che poi se ne vanno non so se per cortesia o perché hanno altro da fare. Ne approfitto per fotografare un po’ di erbe nei dintorni ma presto tocca a noi. Via la giacca a vento, via la giacca di pile, via il pile e col costume dentro all’acqua bollente. Ma quali 20 minuti dopo un po’ sudiamo come la meta sudante e, nonostante la voglia di farci passare ogni dolore con movimenti appropriati nella vasca, usciamo lasciando il posto agli altri. Passata dal freddo glaciale al caldo tropicale, continuo a sudare tutto il tempo scoprendo di non essermi portata nemmeno una maglietta leggera. “Prendi la mia” generosamente Sergio mi porge una tutta buchi color isabella di quelle che lavi lavi ma il marrone fango di grotta non se ne va. Per cercare la domus de janas e il nuraghe è quel che ci vuole. Seguendo il punto di Sergio per stradine con cani rabbiosi arriviamo alla fine davanti a un ruscello intransitabile con nessuna traccia tra l’esuberante vegetazione. Va ben, niente domus de janas, cerchiamo il nuraghe. C’è ma è parte integrante di una casa di campagna. Inavvicinabile. Cerchiamo allora un posto ombroso per mangiare i panini ma le strade non hanno slarghi ma solo tancas serrada a muru, o a recinti. Prima che mi venga la fame rabbiosa preparo i panini in macchina e li mangiamo dirigendoci a Burgos. Il castello non l’avevamo mai visitato, andiamo al paese cercando un bar per la classica Ichnusa e patatine ma al paese i bar sono chiusi e non abbiamo voglia di salire al castello. Il bar salvifico lo troviamo a Bottidda e poi ce ne torniamo a S’Eranile laddove Pietro ci ha portato altri libri sardi da leggere. Come dire, se piove avete da fare. Certamente, ma anche qualche altra grotta da fare, problemi zero.

19.5.2023 Dorgali-Fuili
Dal letto ascoltiamo la pioggia che scende, Sergio ha sempre i dondolamenti ma, al solito, sono fiduciosa. Faccio bene perché, aperta la porta, sento che non fa poi così freddo, si il Bardia è coperto ma la pioggia è cessata. Per cui, fatta abbondante colazione con ricotta di Pietro, miele e caffè in polvere, saluto Sergio e vado a Dorgali a piedi. Sergio mi acchiappa per strada per portarmi da Puddu per un caffè da bar, ci vuole. Poi mi faccio accompagnare sotto iscala ‘e omines del Bardia “vado a Fuili a piedi, ci sentiamo al telefono così mi riporti a s’Eranile, ora però lo metto in modalità aereo e bon,ciao ciao”. Tanto lo so che è contento di crogiolarsi a casa come unadianaqualsiasi. Io pure sono contenta di annusare il cisto bagnato odore di Sardegna e di percorrere scala ‘e omines, attraversare la vecchia galleria e scendere a Gonone per inscurtidorgius, sola soletta col mio passo, fotografando geniste bagnate. Contentissima, passata la galleria, di là mi aspetta anche un pallido sole. Inscurtidorgius, tra l’altro, non l’avevo mai percorso e tutto sommato è bello anche lui. Arrivata a Gonone mangio qualche biscotto e mi dirigo decisamente per Fuili ma, arrivata a Ziu Martine, decido di scendere al mare. Ottima decisione, fatta qualche foto mi sdraio sulla giaccavento per prendere quel pallido sole che traspare tra le nuvole con la voglia di fare il bagno. Ma no che il cielo si copre nuovamente, allora vado a vedere Fuili dall’alto che è sempre uno dei panorami più belli del mondo. Sergio mi avverte che sta scendendo e arriva nel momento che sto tornando. Tempismo perfetto. “Andiamo a cercare gli altri ingressi di Decima di Su Anzu?” gli propongo visto che non piove e di qua fa più caldo. Del tutto inutilmente perché, ormai lo so, quando sta in modalità unadianaqualsiasi non muove un dito del piede se non per far da mangiare che sarebbe anche una delle sue attività predilette. Manco mi arrabbio più, tanto quando decide autonomamente di muoversi lo fa bene, generalmente. A S’Eranile Pietro e Maria mi fanno festa, inondandomi di ognibendiddio e mi avvertono che domani è allerta arancione “allora andiamo in grotta, vero Sergio?” …non risponde ne si ne no, ma, al solito, sono fiduciosa.

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