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23.5.2022. Doloverre
“Sai che faccio? Mi compro cerotti medicati in farmacia, li metto sul piede e provo a camminare, che son stufo di star fermo in questo posto poi”, come dargli torto? Qua c’è un concentrato di natura selvaggia e bellissima che non camminarci è peccato mortale. Detto fatto saliamo scala e’ Surtana, percorriamo l’ombrosa Doloverre perché vorremmo arrivare a Bilinghizu. Ma quasi alla fine del vallone Sergio butta la spugna “mi fa troppo male”. “Non saliamo a Bilinghizu, lo vedi? È ancora distante,tu scendi a Lanaitto, io ritorno a scala e Surtana, faccio il giro e ti vengo a prendere in macchina” rispondo. Stabiliamo di vederci tra tre ore, non sapendo precisamente quanto impiegherò e qua non c’è campo, rete, niente di niente. Pensando di fare il giro del lago ritorno a scala e’ Surtana molto velocemente, scenderla sotto il sole è un altro discorso, meglio essere prudenti. Idem nelle sterrate che la macchina è bassa. Però in due ore sto da Sergio che mi aspetta all’ombra di un Lanaitto dove ci sono 38°. Un caldo tremendo. Per fortuna mi ha lasciato mezzo panino con la mortazza perché io devo ancora mangiare e bere, dalla prescia di venirlo a salvare. Qua non si respira dall’afa, scendiamo a Gonone, da 38° a 26° dove ci aspetta l’acqua gelida e un po’ schiumosa di Ziu Martine. A nuotare il piede non fa male, bon.

20.5.2022. Gorropu
Visto che ci siamo alzati presto ne approfitto, vado a Gorropu da Sa Barva e torno per Genna e’ Silana. Hai detto niente. Sergio mi accompagna a Sa Barva e mi verrà a prendere all’ora stabilita al bar di Silana. M’incammino lentamente stavolta, un po’ per non prendere troppo caldo e molto perché sto fotografando fiori e fioretti. Una coppia di ciccioni procede alla stessa mia velocità, ci incontriamo, superiamo, ecc fino a Gorropu. Ciò è tutto dire, se gliela fanno loro....ma non fanno testo i ciccioni stranieri, ne incontrerò parecchi per la salita di Silana e non fanno un fiato. Chi invece strilla e inveisce come un’aquila è una secca giovane italiana che ce l’ha a morte col moroso che ha avuto l’ardire di farle fare sto sentiero ostico. Ambè, certo al mare con lo spruzzino si fatica meno. Arrivo a Gorropu telefonando spesso a Sergio per fargli sapere l’andamento e quanto dovrà venire a prendermi. Alla gola faccio il bagno nell’acqua gelida che mi aspetta la tremenda salita. Fortunatamente la parte finale, quando ti pare di essere arrivata e manca ancora un’ora, è costellata da flora endemica per cui non patisco tanto, presa come sono ad osservare. Vorrei dirlo alla strillona “invece di sprecare fiato, guarda che bei fiori, goditi quel che c’è e che ancora c’è per fortuna”. Finalmente eccomi al bar di Genna Silana, in anticipo sull’ora stabilita, allenata sono, nonostante i quadricipiti che strillano. E mi prendo una bella ichnusa al limone in attesa di Sergio. Da Pietro e Maria concordiamo coi tedeschi qualche lunga traversata approfittando di Sergio come autista. Col mio scarso inglese lo immagino parlarsi a gesti…

25.5.2022. Sedilo
. “Dai andiamo a Sedilo, ci siete mai stati?” ci chiede Giammichele “non ci sembra, ma non si può mai dire” anche se dal 2014 tengo memoria dei giri sardi. Visitiamo subito il villaggio pre e nuragico di Iloi dalle belle capanne, nuraghe, due tombe dei giganti di diversa fattura, il tutto in pietra vulcanica, situato nella collina che si affaccia al lago Omodeo, anticamente la valle del Tirso. Fa molto caldo, a 20 minuti alla base della collina ci sono le domus de Janas “vai che ti aspettiamo” m’invita Giammichele ma sia perché Sergio ha preso una zecca, sia perché mi sembra che l’erba sia alta, sia perché fa caldo umido tremendo, gentilmente rifiuto questa ottima opportunità di fare moto a scopo archeologico. Invece voglio andare al bar del paese che ho una certa fame. Scopro così che Sedilo, il paese dell’Ardia, è molto caratteristico con le case architettonicamente costruite con la pietra vulcanica contornata da sassetti bianchi. Lascio i vecchiotti al bar che voglio fare qualche foto almeno alla chiesetta campestre nera-bianca. A questo punto non ci resta che visitare Sant’Antinu, ossia il santuario di San Costantino, proprio lui quello famoso del segno della croce in cielo. Da ciò è nata l’Ardia (=proteggere, fare la guardia), la commemorazione cavalleresca della vittoria di Costantino su Massenzio nel 312. Il santuario con il grande cortile, le cumbessias, la chiesa in trachite rossa è, come tutti quelli sardi, assai suggestivo ma quello che ci attrae è un betilo poco distante. C’andiamo subito con Giammichele che ci dice essere stato portato da un altro posto, come dire, non vale la pena vederlo. Invece è curioso, con una sporgenza e una rientranza, cioè un seno cavo e uno pieno, ma chissà poi il motivo, a voja a inventare supposizioni, come dice sempre Alberto Angela “non lo sapremo mai”. E curiosi sono pure dei blocchi di granito vicini, tipo segnacolo di tomba etrusca a capanna (femmina) e altri rettangolari con buco dentro vattelapesca che sono. A onor del vero sono colpita anche dal Solanum sisymbrifolium che fa bella mostra di se e mi mancava. “Giammichè, vieni a vedereeee!!!!!!!!!!” macchè non si alza, ha male alle gambe e si vede che non ha tanta voglia, come tutti quelli che stanno male. Per cui mogi mogi ce ne torniamo a Dorgali. Siamo tristi che il nostro amico non si sente bene, siamo tristi perché è invecchiato e noi con lui, prima saltava qua e la come una cavalletta. E sicuramente gli mancherà Rosaria. Non ci resta che mangiare alla sorgente dietro Sant’Elena e poi il mare a Ziu Martine. Qua mi rifaccio, l’acqua oggi è cristallina e abbastanza calma, l’ideale per nuotare fino al terzo grottone e spionare quel che c’è dentro. Mentre nuoto inizia a piovere col sole, vedo Sergio che mi guarda da lontano con un chè di preoccupato per cui arrivo al grottone ma niente spionare dentro, torno a nuoto per mettermi a 4 di bastoni e leggere. Non faccio in tempo che tuona, via a casa con una gran pioggia che leva la macchina e Dorgali. Occhio al calcare bagnato!!

26.5.2022. Fordongianus
Oggi Pietro non sta bene, ha il colpo della strega ciò nonostante non perde il suo buonumore. A Oliena Maurizio ci racconta i suoi di malanni, a parte la gamba deve operarsi al tunnel carpale, però s’informa bene dove sta la nurra. E noi? Visto il tempo andiamo alle terme di Fordongianus, che non ci siamo mai stati, hai visto mai guarissero il piede di Sergio. E’ un po’ lontano ma la strada è piuttosto dritta e scorrevole, arriviamo alle terme romane dove si può fare il bagno liberamente nella pozza del fiume Tirso. Le rovine romane non sono grande cosa, per noi abituati a vederle tutti i giorni, ma l’acqua che poi si butta sul Tirso esce a 56° e, mischiata con quella del fiume, forma delle pozze dove uno, sapientemente, cerca di non ustionarsi né gelarsi, tipo un piede bollente e la schiena ghiaccia e viceversa. Ci restiamo un po’ cercando di curarci i malanni ma Sergio, che dovrebbe restarci a vita per quanti ne ha, si alza e si asciuga non lasciandomi manco il tempo di cercare la flora termale (Cyperus alternifolium, ce l’ho anche in giardino tiè). E’ presto per tornare, cerchiamo rovine più rovine di noi: Domus de janas irraggiungibili, un nuraghe ad Allai, andò? Allà, cioè nascosto da macchioni, ma un ponte romano spettacolare. Peccato che l’acqua del Tirso è peggio del Liri Garigliano, che è tutto dire. “Ci scarica tutta la Sardegna” commenta Sergio vedendo la sfilza di camion della monnezza che scaricano in cave di trachite rossa nascoste. Almeno così presumiamo. Un buon panino con la mortazza vista Tirso lurido ci rimette al mondo più dell’acqua termale. Torniamo per accordarci coi tedeschi per domani a scendere dal Corrasi a Lanaitto. “Pietro, se non ci vedi tornare chiama l’elicottero!!”.

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