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21.5.2019. Cala Luna
Finalmente un giorno di sole caldo senza vento. L’ideale per Cala Luna, ma a piedi ovviamente, scendendo per scala su molente e risalendo per scala sarga. Scala su molente è tanto splendida quanto sdrucciolevole, un bel volo sui calcari è quel che ci vuole. “Fatta male?” “macchè, la solita botta di culo” come si suol dire. “Una deviazione all’arco la facciamo?” “eia” che non mi pare vero che il Nozz, non solo cammini di sua sponte senza sollecitazione alcuna, ma voglia anche fare deviazioni. Incappiamo nel sentierino che arriva lassù senza colpo ferire, non i soliti arrampicamenti su vegetazione impenetrabile come l’altra volta. Qua fotografo uno strumento litico di calcare per gli archeologi che vorranno prenderlo in considerazione. Non ci resta che scendere in codula a cercare l’ingresso di Su Molente e stare in religiosa contemplazione del pozzo da 30 stretto da fare rigorosamente in contrasto magari con due zaini sotto che ti aiutano. L’ingresso ce lo indicano due come noi, continentali innamorati della Sardegna selvaggia, che tornano sempre qui a fare le cose più astruse, stavolta scendere e salire la codula da telettotes. Pur non essendo speleologi hanno trovato tutti gli ingressi delle grotte. Così camminiamo insieme fin quasi a Cala Luna, raccontandoci reciproche escursioni fatte e da fare, possibilmente non frequentate. Invece Cala Luna è insolitamente affollata da gente che passa il tempo a farsi selfie. Non a guardare il mare, i grottoni, entrare a sa crificio, leggere sulla spiaggia, fotografare la centaurea filiformis, no, solo atteggiarsi in pose da modelle con lo smartphone. Peggio di me insomma, che mi atteggio nelle grotte, ci mancherebbe, ma almeno faccio anche tutto il resto, bagno gelido compreso. E l’acqua non è nemmeno tanto salata, ce lo facciamo direttamente nella risorgenza sottomarina, aquaepastene. Ad una certa, è ora di prendere baracca e burattini e tornare a Buchi Arta. Laddove ci aspetta la macchina con la gomma a terra. Fortuna che, pompa pompa, la gomma regge fino a Dorgali e che laddove gentilissimi e assai disponibili gommisti dorgalesi ce la cambiano in un amen.

22.5.2019. Punta Sos Nidos
22.5.2019 Ultimo giorno sardo, abbiamo fatto una montagna di escursioni ma non ancora il Corrasi, ben oggi lo facciamo e bon. Peccato che la giornata sia alquanto ventosa, come scopriremo a nostre spese. Partiamo leggeri, lalleri lalleri che a Gonone fa caldo, ma con la preveggenza femminile mi porto la giacca a vento, hai visto mai. Lasciata la macchina a Tuones c’incamminiamo per Su Pradu, calzoncini e maglietta, fotografando ogni fiore. Non mi mancano di certo, anzi questi li conosco uno ad uno, ma non resisto a rifotografarli ogni volta, e poi è la giornata della biodiversità e qua ce n’è quanta ne vuoi. A Su Pradu mi metto il pile “c’è un po' di venticello, andiamo a Punta Sos Nidos?” “Eia”. Non so perché, ma in questa vacanza sarda Sergio è abbastanza accondiscendente, tranne a Pischina Urtaddala laddove avrei dovuto indagare se c’è l’Aquilegia nuragica o quella barbaricina. Mistero fitto. Bon, il vento si fa sempre più intenso e sempre più gelido, fotografare i fiori diventa un’impresa e le ginocchia con i calzoncini corti strillano il loro dissenso. “Zitte voi, lo faccio per la scienza”. Sergio manco si ferma mai, imperterrito fino alla cima. Qua però il panorama ci ripaga di ogni sofferenza, posto che ne abbiamo avuta, bazzecole. Fortuna che Sergio si presta a farmi quelle foto di rito, e non oso chiedere di più, tipo un autoscatto con noi due, come dire, anche lui è venuto qua di sua spontanea volontà. E poi via di corsa da sto vento, manco a vedere sas palumbas che l’hanno pure segnata. Fortunatamente una valletta riparata dal vento ci consente di mangiare. Torniamo a valle, sosta al bar di Oliena della bella barista, sosta da Pietro e Maria a salutarli con Giammichele, sosta da Lina per salutarla e poi giù a Gonone. Non sto a dire quanto mi mancheranno loro e la Sardegna, ma così è la vita. E poi mi aspettano i botanici!!!!!!!!!!!!!!! (ai quali tartasserò i cosiddetti sul mistero fitto dell’aquilegia).

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