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17.5.2019. Duo Vidda
Noi Asperger amiamo i sentieri desolatamente poco frequentati, se poi sono pure incredibilmente belli, come nel caso di Duo Vidda, è l’escursione che fa per noi. Non l’avete fatto? Eia, tante volte, per questo ci torniamo, come chi va a Piazza San Marco a Carnevale, ambè, noi a Duo Vidda. Il clima è ideale, si parte con la giacca a vento, si arriva con i calzoncini, si ritorna imbacuccati. Arrivare in cima non siamo arrivati, a onor del vero, ma abbastanza in alto da ammirare tutto il Supramonte si. E secondo me abbiamo pure beccato l’aquila che vive qua, avendo sentito, al nostro passaggio, un gran schiamazzo tra i ginepri secolari e visto volare un uccello di grandi dimensioni. Non ci sarebbe altro da aggiungere poiché i nostri occhi ancora grondano natura incontaminata che pullula, come dice Pietro, di “pietre nascenti”, aguzzi campi solcati. Se non fosse la famigerata ordinanza del Sindaco di Oliena che vieta l’ingresso a tutte le grotte comunali, se non dietro richiesta scritta, bolli tondi e compagnia bella. Veramente un buco l’ho visto, ma talmente stretto e non soffiante che ho rispettato volentieri l’ordinanza. Per quanto concerne le grotte, ben, ci bastano quelle di Dorgali, e una volta tanto ho dato ragione a Giammichele.

18.5.2019. Todeitto
Il tempo primaverile c’invoglia ad andare a Todeitto, potrebbe diluviare come uscire un sole che spacca le pietre e qua ce ne son tante. Per scappare da una compagnia di barbagi insoliti che arranca dietro di noi, arriviamo al grottone in un amen. Ma qua perdo tempo a far miliardi di foto al salone, stavolta abbastanza luminoso. Ajò, soddisfatta del risultato, propongo di salire al nuraghe Todeitto, visto che è troppo presto per mangiare all’omonimo cuile. Il Nozz estrae il tablet con i sentieri e incappiamo nell’autostrada “Todeitto-Fuili” che prima era un orticaio che levati. Ahh!! sono stati i barbagi insoliti a disboscare, ben ciò, meglio così. Talmente presi dal sentierone scendiamo anche troppo, abbagliati dallo straordinario spettacolo dell’acqua bianca che esce dalle grotte e si mischia a quella del mare. Un contrasto cromatico che la digitale si rifiuta di documentare come l’occhio umano. Ben, bando alle ciance, torniamo su e troviamo una traccia di ometti che ci porta al nuraghe. Non è un nuraghe, è la cima di un monte con muraglia nuragica tutta intorno, da una parte lo strapiombo e dall’altra un enorme pietrone d’ingresso nascosto tra lentisco. Ammirato il paesaggio troviamo anche il sedile dove i nuragici mangiavano il panino come noi. Non contenti (veramente Sergio si, anche troppo) decidiamo di affacciarci agli strapiombi sopra codula Fuili. “Sono lontani” vanamente tenta di lagnarsi il Nozz, ma io ormai sono lanciata verso l’ignoto, trovando la fila di ometti che si butta giù per il dirupo. Anche qua la digitale si rifiuta di rappresentare la codula come la vediamo, un susseguirsi di burroni che uno ha l’imbarazzo della scelta dove cadere. “Secondo me c’è una scala” dice il Nozz che quasi quasi vorrebbe buttarsi di sotto dalla stanchezza. Certo la scala nuragica che va a Fuili a scapicollo, chi si salva ha vinto la balentia. Bon, torniamo col sole che spacca le pietre che, arrivati a Gonone, diventa aria gelida. Con tutto sto contrasto anche noi ci stiamo sgretolando come le pietre.

19.5.2019. Nuraghe Mereu
19.5.2019 Nuraghe Mereu. Luogo mitico dove tutti vogliono andare, meta primaria dei barbagi insoliti, per cui noi, pur desiderandolo, l’abbiamo sempre schizzato. Diciamola tutta, da dove lo prendi prendi è sempre lontanissimo, sia da Sedda Ar Bacas che da Orgosolo. Così quando Rosaria, con l’esca di una grotta vicina, ci invita ad andarci col suo fuoristrada, accettiamo volentieri. Partiamo con una splendida giornata di sole ma, giunti ad Orgosolo, ecco che inizia a piovigginare. Ma questo non è il peggio, poco male, abbiamo le mantelle, il peggio è la strada col fuoristrada. Strada è un eufemismo, è un sentiero che ti scapicolli pure con gli scarponi, figuriamoci sballottolati dentro al fuoristrada guidato con folle velocità da Rosaria che intende allenarsi per un rally. Per tutto il tempo ho desiderato esserci arrivata a piedi da Sedda Arbacas mille volte. Finalmente a uno spiazzo si parcheggia la macchina ma la pioggia è veramente intensa per cui, abbandonata la velleità della grotta, c’incamminiamo per Nuraghe Mereu, mentre il tempo si sta facendo bello. Il sentiero è una vera autostrada per i nostri piedi, largo, comodo, segnato con ometti-nuraghimerei in miniatura. Incontriamo un cuile senza muretto, finalmente maiali cinghialati ed eccoci al nuraghe. Già il nuraghe di bianco calcare è una meraviglia, fuori e dentro, ma il panorama che si gode sulla gola di Gorropu ti lascia senza fiato. Vedi il calcare lisciato della gola che subito ti viene voglia di andarci, ciao ciao, riprendetemi a Sedda Ar bacas. Invece tocca tornare da dove siamo venuti, sulla strada tremenda. Stavolta però Rosaria prende una scorciatoia, meno male, che non solo è meno brutta ma passa per dei posti che ti fanno cascare gli occhi per terra dalla bellezza. Una distesa di rosmarini di un azzurro mai visto intervallati dal bianco del pancrazio illirico, il tutto sommerso in grigie distese di campi solcati. E come se non bastasse anche mufloni in fuga. Vi sareste fermati voi a fotografare tutta questa bellezza? Noi no, dritti di filato alla fontana Porcu, un posto niente di che dove nasce il flumineddu. Tra l’altro è tornato il brutto tempo e ci prende un freddo tremendo a mangiare sui tavolini il solito nostro bendidio. Vi dispenso dal sapere com’è andata dopo. Rosaria, ormai lanciata per il rally, dà prova delle sue capacità fino a Oliena, a mille all’ora anche dentro a Orgosolo. Roba da accendere un cero alla madonna di bonaria per scampato pericolo.

20.5.2019. Sa Juntura
Il tempo è assai variabile, una persona saggia con questo tempo andrebbe in grotta e bon. Ma qua di saggi manco l’ombra, che con le nuvole non c’è. Per cui andiamo a sa juntura, dall’altra parte di Gorropu. Lo so bene perché il Nozz decide di venirci, è curioso di trovare il sentiero per Nuraghe Mereu da sa juntura appunto. Buon per me che ci sarei andata a prescindere, fermo restando che sarei arrivata anche a Nuraghe Mereu da Sedda Ar bacas (=sella delle vacche) già che c’ero. La strada per Sedda Ar bacas è stata, nell’ultima parte, pavimentata con pietre tipo pavè. Contenti. Partiamo col tempo sempre più minaccioso che quasi pioviccica. “Continuiamo?” mi chiede Sergio mentre scendiamo sempre più rapidamente verso il flumideddu “certo, abbiamo le mantelle” che fosse per me mi sarei girata il Supramonte tutto, pioggia o no. Lo spettacolo geologico di Su Cunnu ‘e sebba con la cascata e gli strati piegati ci distoglie dalla paura del maltempo ed eccoci alla gola. Qua perdo tempo a fotografare pieghe, calcare, pozze, laghi, fiori e l’immenso anfiteatro di sa juntura mentre Sergio, molto prosaicamente, si avvia lungo la gola senza aspettarmi. Perché, avrebbe dovuto? E no! Mi arrangio che poi lo raggiungo. Il fatto è che quando arrivo da lui inizia a piovere per cui c’inerpichiamo sotto un albero per mangiare. E poi da qua inizia il sentiero per Nuraghe Mereu, ottemperata la curiosità. Fa pure un gran freddo e, molto a malavoglia, devo intraprendere la via del ritorno invece di: arrivare ai salti, arrivare a Nuraghe Mereu, fotografare tutti i fiori della codula, impicciarmi di tutte le spettacolarità geologiche che mi chiamano da lontano “vieni quassù”. Ma almeno Pischina Urtaddala, no?. “NO!!!!” esclama il Nozz mojo imbombà “sono zuppo e sul calcare si scivola che è una bellezza” “allora aspettami in macchina che ci vado io che non scivolo e ho la mantella”. Ce l’ha anche lui ma da rambo sale in maglietta che altrimenti suda, meglio una sana polmonite. “Ajò, io arrivo alla macchina mi cambio e parto, non ti aspetto” è la diplomatica chance che mi lascia. “Allora vengo pure io”. Che tornare a Calagonone a piedi ci impiegherei una settimana e il traghetto parte prima. Ma l’avventura non è finita. La macchina, sul pavè bagnato, non ne vuol sapere di salire, slitta come gli scarponi di Sergio. Allora tutto a retromarcia fino a Sedda Ar bacas per prendere una rincorsa e fare il pavè a folle velocità peggio di Rosaria. Se fosse sceso qualcuno avremmo fatto un tremendo frontale, tutti morti dentro il Flumineddu e bon. Ci è andata bene anche stavolta, altro cero da accendere alla madonna di bonaria, invece si accende una spia “oddio che sarà?” ce lo spiega il libretto “guida sportiva su strada sdrucciolevole”. Ecco appunto.

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