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10.5.2019. Sos Sirios
La nostra meta odierna è ritrovare Sos Sirios fatta più di 30 anni fa e mai più ritrovata. Forti delle indicazioni di Pietro e Giammichele stavolta, finalmente, riusciamo ad arrivarci senza troppo perderci per le tre valli da superare, i dirupi e le discese ardite per pietrame che se caschi ti ritrovi direttamente in codula e addio fighi. Non caschiamo nonostante una paretina da arrampicare che manco il nuragico passava di là, noi invece si perché abbiamo sbagliato. Sos Sirios è quanto di più entusiasmante ci sia come grotta abitata e utilizzata. Cocci di tutte le epoche, antiche macine, alabastro lavorato, anfratti lisciati come antichi altari e all’interno anfore concrezionate. Eppure sta in parete sopra uno strapiombo e per arrivarci, sia da sopra che da sotto, è impresa da non poco. Anche la grotta, che non ricordavamo affatto, è grandiosa, concrezionata, assai ipogenica. Nera di nerofumo che esci una schifezza, scivoli dovunque tra rocce lisciate da passaggi e ingrassate dal fumo delle torce. Vi basta? Ci sarei rimasta una vita dentro a fotografare, cercare anfore e vestigia antiche. Ma Sergio ha caldissimo, perché così sono le grotte sarde, calde, e smania per uscire. “Vedi di non morire qua dentro che poi è un casino chiamare i soccorsi” lo avverto. Mi dà ascolto e esce indenne. Ora non ci resta che risalire la china. Per fortuna che il sentiero non è segnato così abbiamo anche l’opportunità di sbagliare traccia a fare la solita avventura per rocce e ginepri. Sbagliamo di pochissimo così torniamo per tempo che alle 18.30 c’è la conferenza di Leo Fancello a Dorgali. Da non perdere assolutamente perché racconta la storia delle esplorazioni del sistema carsico della Sardegna orientale, 88 km di grotta, gran parte esplorata da speleosub sardi e cecoslovacchi. Penso che solo gli speleologi sanno quanto costa in termini di fatica fare queste entusiasmanti esplorazioni. Un mondo sotto il mondo di una bellezza indescrivibile e ancora per la maggior parte inesplorato, come un enorme pozzo da 300 metri che sale chissà dove. “Nemmeno col mio strumento riuscirei a capire dove” mi confessa Sergio finalmente tornato a temperatura ambiente. Ma la giornata non è finita qua. Quando finalmente stiamo per goderci il meritato riposo Sergio si accorge di aver perso il tablet con tutte le mappe dentro, nonché i numeri di telefono e chissà che altro. E come se non bastasse mi accusa pure. “Perché l’avevo messo sul cofano della macchina e tu l’hai spostata per metterla all’ombra e sarà cascato e ci sarai pure montata sopra”. Va a fargli piacere, che avevo spostato la macchina perché stava al sole. Mica sapevo che sopra c’era sto tablet, posto che li fosse. Va ben, non ci resta che andare a riprenderlo, sperando di non trovarlo in cocci. Invece stava là sano e salvo in attesa del padrone. Tutto il male non vien per nuocere, il Sopramonte notturno è fantastico con il soffitto di stelle sopra di noi. “Chissà se possiamo vedere anche le lucciole”. Già, ci sono qua o sono state sterminate come in continente? A questo profondo interrogativo risponderà Giammichele al quale dobbiamo chiedere innumerevoli altre curiosità dettate da Leo. “Il pozzo da 300 dove pensi che sbuca?”.

11.5.2019 Cartoe
A detta dei meteorologi la prossima settimana dovrebbe scatenarsi l’inferno, così sai che ti dico? Andiamo al mare, oggi è caldo e non c’è vento, ora o mai più. Mille ragioni per fermarsi un giorno: le ginocchia di Sergio, un quintale di libri da leggere e, last but not least, il mare sardo. Nessuna voglia di faticare per cui andiamo a Cartoe che scendi dalla macchina e ci sei. Leggo, come ogni volta, il cartello esplicativo sulla bellezza del luogo così quando Sergio ha da ridire sull’ammasso di posidonia puzzolente spiaggiata dove ci mettiamo, gli rispondo a tono “è l’ecosistema sano, da proteggere tutta sta melma”. Certo la schiuma in mare non farebbe proprio parte dell’ambaradam ecologico ma del resto si sposa bene con il mare melmoso. Ci spiaccichiamo sotto i nostri massi ombrosi tra il lusco e brusco per leggere in santa pace. Il mio libro “il cervello non ha età” però mi sprona e perseguire interessi fattivi altrimenti mi arriva tra il capo e il collo l’alzheimer, la depressione, il parkinson,la solitudine estrema e la morte certa qualche anno prima dei 120 che mi spettano. Ben io ce l’ho, classificare la flora, se microscopica meglio, è quella che nessuno considera ma capita di trovare specie rarissime ed endemiche. Così mi tocca alzare le chiappe e cercare tutte ste specie nella duna da proteggere. Trovo le solite specie e un ammasso di immondizia niente male, e nessun sacchetto per portarla via. Bon, torno a leggere cosa devo fare poi. Bagno nel mare gelido, ti dà la sferzata anti vecchiaia. Arrivata al polpaccio l’acqua ghiaccia mi ghermisce i sentimenti. Torno immediatamente sotto il masso a leggere il seguito. Camminare tutti i giorni. Orco, oggi non l’ho fatto. Allora mi rialzo e vado a cercare flora nel bassopiano retrostante, tra calicotome spinosa carezzante le membra che invecchiano inesorabilmente. Ma il cervello no, ora vado a leggere che altro dovrei fare. Fortuna che diventa nuvoloso e ce ne torniamo a casa, è una fatica farlo restare giovane sto cervello. E poi lo stress fa male, lo dice il libro, invece tutto sto lavorio sarebbe stressante, meglio stare spiaccicata al sole, spalmandomi un quintale di crema appiccicosa e dormicchiare come ogni donna che si rispetti. O no? Bah…

12.5.2019 Putifigari
. .” Ajò che andiamo a Putifigari” ci sprona Giammichele “dice Rosaria che li si trova la domus del janas più bella della Sardegna, S’Incantu”. Bon, passiamo a Nuoro a prendere Rosaria e allegramente ci avviamo nel bel paese. Putifigari, che sembra quasi un nome porno tant’è che nemmeno il navigatore ne vuol sapere di indicarci dove sta. Ma ci arriviamo lo stesso, il paese è deserto, nessun essere vivente e nemmeno bar. Fortuna che da una casa emerge un uomo subito abbordato da Rosaria “dov’è S’Incantu?” “Molto dovete camminare e se i miei compaesani non hanno tolto gli ometti forse la trovate”.Il navigatore è come i paesani, nudda ci dice in proposito. Però dei cartelli, rigorosamente bianchi, ci offrono degli indizi. Parcheggiamo la macchina davanti a una chiudenda e ci avviamo nell’unica strada bianca del circondario. Cammina cammina altro cartello bianco “siamo sulla retta via” ci fa Rosaria che lancia in resta si precipita verso un sentiero battuto. “Ma c’è già stata?” chiedo a Giammichele “no, l’ha vista da internet”. Ambè allora stiamo a posto. Fortunatamente ogni tanto troviamo delle frecce in legno che indicano appunto la domus de janas. Eccola, sta sotto una casetta che la protegge, e meno male, è scolpita con lunghissime corna di toro, false porte, focolare con cerchi concentrici, soffitto a tavole scolpite e contiene tracce di pittura. La luce che entra illumina il focolare e la falsa porta con le corna. Una assoluta meraviglia. Vicino ci sono altre due domus con dentro l’acqua e vegetazione variamente colorata, nonché un prato di Serapias da batticuore. S’è fatta l’una e i maschi del gruppo di gran carriera tornano alla macchina mentre Rosaria e io ci attardiamo a cercare il villaggio con resti di capanne. Così ne sentiamo di tutti i colori ma noi subito li aggrediamo invitandoli a cercare un posto idoneo per picnic. Dopo gran girovagare, appurato che a Putifigari le aree verdi sono piene di erbacce altezza continentale, troviamo il nostro posto in una fontana con tori scolpiti e dalle nostre sporte esce di tutto. In Sardegna si usa così, ogni spuntino è quasi un pranzo di nozze. Visto che ci siamo anche scolati una bottiglia di cannonau, urge trovare un bar per il caffè prima di intraprendere la ricerca della necropoli di Puttu Codinu. L’unico bar aperto è a Villanova Monteleone e la nostra irruenza spaventa un vecchiotto “ajò di trovare chiuso avevate paura?” . Eccome, che già trovare un bar pare raro, come incappare nelle domus de janas. Invece il bravo navigatore ci porta a Puttu Codinu senza colpo ferire. “Chiusa è, rivolgersi al sindaco” recita il cartello. Sottinteso, colpa sua. Però, girando per il recinto, troviamo aperte due chiudende che ci portano sulla sommità di un blocco calcareo di immensa bellezza, calcare con ostrea, panorama sul lago di Temo, verdissimi boschi di sugheri e, scavate nel calcare , le innumerevoli domus de janas. Il motivo della chiusura resta sconosciuto. S’è fatta una certa e tocca ritornare dalle nostre parti . “Per noi è stata una vacanza, questa parte di Sardegna non la conoscevamo” confessano Rosaria e Giammichele, intonando cori degli alpini. Come dire, visto che siamo in vacanza, invece di canti sardi cantiamo le canzoni della prima guerra mondiale. E meno male che non hanno cantato anche quella della Valsugana, ajo, invece di non “potho reposare” che con tutti sti giri giri ci sarebbe stata benone.

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