pagina successiva

pagina precedente

torna all'indice

home

7.5.2019. Filus d'Ortu
Quando Sergio propone Filus d’Ortu spalanco due occhi che manco c’entrano più negli occhiali “NIENTEMENO!!!!”. Si vede che a furia di nominare Oddeu di qua Oddeu di là gli è proprio venuta voglia dell’Oddeu, e non basso, quello alto che per arrivarci te vojo!!. Bon, andiamo! Con molta calma e molto comodo, dopo aver preso un caffè al casoleto di campagna, più caro che al Bar Florian di Venezia ed averlo ben detto al barista “comeeeeeeeee??? Due caffè 2.60 euro, ma chesseimatto!! Che da Puddu 2 costano 1,80!!!!!!!!!!” e la relativa risposta “dipendente sono, come dire, vi spenno da dipendente, affrontiamo Scala e’Surtana. Tutti gasati per il caffè caro, dopo Surtana ecco Scala e’ Cucuttos. Qua sosta, ma breve, via verso il sentiero per escursionisti esperti che sale a Filus d’Ortu. Com’è che sappiamo ste cose? Per i relativi cartelli segnaletici che, penso il Comune di Dorgali, ha disseminato per tutto il Supramonte. Ad ogni bivio è indicata la località, la quota, le direzioni con il tempo per arrivarci. Ajò che bella novità, purtroppo non ci si perde più. Devi solo seguire gli ometti e i segni bianchi e rossi, non cascare trafilato nei calcari ed è fatta. Così con tutte le soste del caso eccoci finalmente a Filus d’Ortu. Qua c’è una voragine assai profonda e un cuile, la prima che avevamo trovato per puro caso non la ritroviamo, del secondo è rimasto solo il muretto. Bon, mangiamo che è pure ora, le 2. Sergio quasi quasi vorrebbe pure fare il giro lunghissimo per Ziu Raffaele, Donianigo, Tiscali. “Ahò ma ti ricordi quant’è lungo?” ancora mi fanno male le gambe al solo pensiero. Se proprio vogliamo far digressioni cerchiamo la voragine. Ma con tutto sto calcare bucato e senza punto è mission impossible. Allora torniamo. Che detta così pare facile. Ti vengono due polpacci da rugbista a frenare su campi solcati in estrema pendenza, e non finirci dentro poi. Ma che bellezza. Ne valeva la pena, non a fermarci dal ladrone del caffè per prendere una birra, ce la compriamo all’eurospin e ce la beviamo a casa.

8.5.2019 Cabras - Is Arutas
La lotta nuragica vista al Pigorini ci ha invogliato a visitare nuovamente il museo di Cabras per riscontrare, nelle statue dei Giganti, i segni del coltello che ferisce ma non uccide (trattasi di balentia nuragica). Andiamo. Fortunatamente assieme a noi ci sono delle scolaresche per cui volentieri ci accodiamo ascoltando le spiegazioni apposite “vedete bambini che le statue sono solo maschili? Ma le tombe anche femminili?”. Come dire morte si, ma osannate mica tanto, fortuna che c’è la dea madre cicciona che troneggia all’entrata. Va beh, verificato che si, il pugile ha effettivamente delle strisce che depongono per ferite da taglio, andiamo a zonzo verso il mare. Qua Sergio inizia la solfa che ha caldo, c’è troppo sole, nessuna ombra, c’è vento, per cui, se voglio come voglio, cercare tutte le endemiche del Sinnis, è urgente trovare un riparo apposito per lasciarcelo. Fortunatamente c’è. Sono degli anfratti rocciosi lungo la strada, sicuramente adoperati dai Giganti per aspettare la donna nuragica che va per erbe, laddove può portarsi la caregheta e leggere “ma sbrigati che arriva il sole”. Sto bastardo di sole, come osa. Cerco di sbrigarmi ancorchè tutte ste erbe minuscole ma altrettanto interessanti gridano la loro attenzione e fotografarle col vento è impreda da giganti. E poi sono attratta dalla sabbia di quarzo. A dire il vero non c’avevo fatto caso, ma un imperativo cartello “non portate via la sabbia” mi incuriosisce. Vero è!!! Tutti granellini di quarzo bellissimi. Sto osservandoli per bene che arriva uno che mi guarda di cagnesco. Aò, mica li sto portando via, se entrano dentro le scarpe che ci posso fare? Annamo và, che sto cercando piante. Ogni tanto torno per vedere se il famigerato sole è arrivato da Sergio che già lo vedo che smania. “Vieni a vedere che posto che ho trovato!! La roccia tutta intagliata dentro al mare, sicuramente antiche cave”. Nonostante il sole viene ma all’idea delle foto scappa come un furetto e mi tocca inseguirlo inciampando su microscopiche endemiche che, guarda caso, si fanno vedere solo quando uno va di fretta. Prima di tornarcene compriamo della salsiccia da un giovane pastore, più che altro per solidarietà con i pastori sardi che per vera necessità, anzi non la dovremmo proprio mangiare. Ma che vuoi fare, in terra sarda siamo, mangiare fa parte degli imperativi categorici dell’ospitalità. E siamo invitati ad un festino anche domani, impossibile rifiutare.

9.5.2019 Mancosu - Villaggio Abini
. “Ajò che andiamo a cercare domus de janas, menhir, pietre fitte, nuraghi e villaggi nuragici” è la proposta di Giammichele alla quale volentieri aderiamo anche se, lo sappiamo bene, ci farà girare mezza Sardegna per strade strade. Infatti. Prima tappa al lago di Gusana, bellissimo posto immerso in boschi celtici di querce e sugheri, laddove dovremmo trovare tutttecchose che ci ha detto e che sono segnate da appositi cartelli disposti dal Comune di Gavoi. Ottimo, ci sono anche i percorsi che intraprendiamo tutti senza trovare alcunchè di archeologico ma solo fiori per chi è interessato all’argomento. Questo perché i cartelli sono sulla strada ma all’interno nudda. Se lo vedi il menhir, bene, altrimenti ti guardi il tuo se ce l’hai. Così ci spostiamo a Tiara alla ricerca della necropoli di Mancosu, che riusciamo a trovare perchè ce la indica il navigatore, mica l’assenza di cartelli. Invece le 4 domus de janas le troviamo in virtù di legacci di plastica sugli alberi, e poi dicono della plastica, a volte serve. Arrivati davanti alla più maestosa e articolata, non faccio in tempo a fotografarla in tutte le pose che gli altri due sono scappati verso la macchina. Avranno fame penso, e già che ci sono mi mangio una barretta energetica. Invece, ancorchè siano le due, ci dirigiamo alla ricerca del villaggio nuragico di Abini, nel comune di Telti. Per inciso i paesetti con i murales sono veramente deliziosi e anche i bar immagino, ma loro niente, tirano dritto verso Abini che sta veramente lontano. Ci arriviamo alle tre, ancora digiuni. Qua il villaggio lo troviamo perché ce lo indica un pastore, che noi stavamo contemplando 4 macigni mal disposti ritenendolo completamente perso. Invece no, sta nella valle, seguendo un ruscello. Il villaggio è completo di tutto, pozzo sacro, capanne, area di riunione, omphalos, e qua hanno trovato l’iradiddio di bronzetti, perché era un luogo di passaggio, tant’è che ci siamo passati pure noi, calpestando cardi ad altezza uomo continentale. Mangiamo? Macchè. Cerchiamo inutilmente un luogo idoneo e l’unico che troviamo è il bar lungo la Carlo Infelice dove ci rifocilliamo con birra e patatine, alle 4 di pomeriggio. E meno male che avevo la barretta e che stasera c’è il festino da Bovore con tutte le specialità sarde. Soprattutto cannonau che apprezziamo ancorchè astemi.

pagina successiva

pagina precedente

torna all'indice

home