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19.4.2017 Gorropu
. La mattina scorre placida tra biblioteca, ufficio del turismo e giri vari per sgamare chi ha segnato i sentieri e se ci sono relative cartine e descrizioni. Appurato che è stato la F.O.R.E.S.T.A.S. ma che oltre a segnarli non ha ancora compilato alcunché e che tutti stanno aspettando ste cartine, ce ne torniamo a casa. Cioè il Nozz torna, io prendo baracca e burattini e me ne vado a Gorropu. Lo scopo è vedere quanto ci metto ad andare, fare la gola e tornare. Tutto per quellidelcai. Da cartina sono 6 km, ben, andare e tornare quasi come il giro del lago, se po’ fa’ e me la prendo comodissima. Arrivata a Gorropu, manco l’avessi mai fatto, pago il biglietto e faccio la turista ignara, prendendo appunti pro quellidelcai. “Mi raccomando, il percorso verde è quello che si fa, dopo c’è quello giallo, difficile, e alla fine quello rosso....lungoooo, attenersi alle prescrizioni e non strillare” “e chi strilla? Son sola” come dire al limite avrei potuto strillare al Nozz ma non c’è. “Quanto ci vuole?” “nel verde andare e tornare 40 minuti”. Mi accodo a un gruppo di turiste impedite peggio dei corsisti nostri e tento di svicolare per macigni. In effetti il percorso verde è ben tracciato e mi ritrovo su quello giallo senza accorgermene. Faccio foto su foto soprattutto a certi che stanno arrampicando sul paretone a strapiombo, magari vogliono raggiungere Grotta Donini dritto per dritto, va a sapè. Mi accorgo di aver sorpassato il giallo e che sto sul rosso perché ho arrampicato su massi viscidi e non c’è più nessuno di impedito nei pressi e poi la gola si è bella allargata. Ecchè! Qua tocca tornare indietro, quellidelcai possono star soddisfatti. A dirla tutta Gorropu è veramente fantastica. Fossi quelladelcai vorrei arrivare al fondo. Con tali considerazioni torno indietro a farmi vedere viva e vegeta. “C’è una sorgente d’acqua se vuoi, una con tubo e una che sgorga a sfioramento”. La seconda, che è più carsica e mi metto a mangiare guardando una pianta strana. Scopro essere il finocchio acquatico che se lo mangi provoca morte con riso sardonico, perciò usata dai sardi preistorici per far secchi i vecchi inutili. Come me. Ma non la mangio, c’è il Nozz che mi aspetta e ci resterebbe male, chi gli strilla poi? Ah già non si può strillare. Ma dopo Gorropu si “STO A SA BARVA VIENI A PRENDERMIIIIIIIIIIIII!!!!!”. C’ho messo un cazzo a tornare, quasi come quellidelcai.

20.4.2017 Lago di Olai
A detta del meteo dovrebbe piovere ma non c’è una nube in cielo anche se fa freddo assai, 5°. Giammichele, speranzoso, ci convoca “andiamo sull’orgoloese in cerca di orchidee”, “eia, pronti siamo”. Il posto dove ci porta Giammichè è assai bucolico, il lago di Olai sotto di noi, in fondo Monte Novo San Giovanni, all’orizzonte il Gennargentu con un po’ di neve, un pendio tra querce, perastri, biancospini, asfodeli e in mezzo le orchidee. Tutte mosce. Si sono smosciati anche gli asfodeli dal freddo. “Vediamo un po’ se, gira gira, qualcosa di dritto si trova” e mi metto a sondare per bene il territorio al pari di Giammichè e del Nozz che, poco interessato ai fiori in genere, non lesina in ogni caso la ricerca. Che altro può fare del resto. Di eretto, un po’ riparate dalla vegetazione, troviamo subito le Anacamptis longicornu, le Anacamptis papilionaceae, un ibrido delle due, e più in alto, parecchie Orchis provincialis. Gironzoliamo finché dei cani pastori non ci rimandano alla macchina. Ove c’è il gregge non ci possono stare estranei. Allora ci spostiamo verso Monte Fumai, il gemello di Monte Novo San Giovanni. Andiamo prima a visitare il bellissimo nuraghe Filigai su granito, il nome non è esatto ma qua, tra tutti e tre, grasso che cola ricordarci come ci chiamiamo. Appurato che già l’avevamo visto, ci dirigiamo verso Monte Fumai ma alcuni fiocchi di neve ci ricordano le nefaste previsioni meteo, c’è da dire che siamo piuttosto intirizziti. Vedo quei de risalire lesti in macchina e prendere per la discesa “niente monte?” “mica siamo come i tuoi amici del CAI, ci torniamo col bel tempo, ora andiamo a mangiare al sole”. In effetti il sole c’è, ma resta per poco, il tempo di uno spuntino e di fotografare un bel gruppo di leucojum aestivum mai visti in vita mia. Tutti infreddoliti torniamo a Dorgali mentre sul Corrasi piove a dirotto. Niente mare oggi, mi compro pantaloni pesanti dal cinese che mi fa lo sconto “fine stagione, due eulo di meno”. Meno male, quale fine stagione, Pietro e Maria ci accolgono con tutto il loro bendidio “venite dentro a scaldarvi!!!”. Con quello che ci danno da mangiare non c’è problema, abbiamo accumulato grasso come l’ex foca monaca, morta di caldo altro che estinta causa caccia indiscriminata. Vero è? No!

21.4.2017 Monte Oddeu
Visto che fa freddo ne approfittiamo per andare a Monte Oddeu, salendo da Cucuttos, sentiero 482. Stavolta il sentiero fino a Cucuttos è una passeggiata e poi salendo salendo eccoci sul Monte Oddeu, il posto più fantastico della terra. Non facciamo fatica alcuna a cercare ometti, è tutto ben segnato non ti perdi manco volendo. Peccato. Arrivati sul bordo dell’abisso, che fare? La cima? Troppo lontana. Bella pensata del Nozz, torniamo per Donianigoro. Perché è più comodo. Infatti è comodo, basta seguire i segni, tralasciare Filus d’Ortu, che sarebbe stata la nostra meta, non cercare la voragine e nemmeno l’Acqua Sarga. Però dobbiamo seguire il sentiero segnato per portarci quellidelcai. Quasi quasi mi pento, niente avventure estreme in posti che manco un pastore sardo ci passa. Veramente lui dappertutto passa. In lontananza vedo Cuile Ziu Raffaele!! E vai! Campo Donianigoro è lì sotto. Al cuile mangiamo e son le tre. Per non saper né leggere né scrivere seguiamo ancora la traccia segnata, 480 stavolta, e giù. Un par de balle, fa un giro che più giro non si può salendo anche per punta Doronè piena di grotte. Ci siamo mai stati? No!! Eppure a Donianigoro ci siamo andati più volte, ma da dove salivamo? Secondo me dritto per dritto come i cinghiali che tornavamo pieni di ferite e zecche. Imperterriti, con qualche sosta brevissima, proseguiamo come trattori verso Doloverre. Sono le 6 e siamo sopra scala e’ Surtana. Telefoniamo a Pietro “ci stai aspettando?” “no, sono sceso a Gonone”. Allora ce la prendiamo comoda scendendo la scala come le peggio seghe squallide. E’ che dobbiamo portare a casa la pellaccia, è un classico che uno si rilassa alla fine e precipita di sotto annegando nel flumideddu. E questo è quanto, il Nozz è diventato uguale uguale a quellidelcai, abbiamo fatto più di14 km e 900 m di dislivello nel duro calcare più bello del mondo.

22.4.2017 Capu Mannu
La giornata comincia con una tragedia tremenda, nel dormiveglia ascoltiamo una pecora gridare a gran voce, scendiamo in cantina a salutare Pietro e lo vediamo col coltellaccio, il sangue che cola, la pecora sgozzata. “Il latte non faceva, scontrosa era, solo mangiava, ammazzare l’ho dovuta”. Oddio come me. “Dove andate oggi?” ..lontani da coltellacci… “allo stagno di Cabras”. Dopo un secco, rocciosissimo, Supramonte, serve qualcosa di umido. Veramente vorrei vedere la vegetazione endemica delle zone umide e, nel caso, fenicotteri. Non so bene come o perché, ci troviamo a San Vero Milis e da lì decidiamo di andare a Su Pallosu passando per lo stagno Sale Porcus. Quando i nomi sollecitano la curiosità. Tutta la zona è il Sinnis sconosciuto ai più, cioè a noi due, via del Supramonte niente sappiamo, o quasi, della terra sarda. Sale Porcus è strano, tutta una lunghissima terra bianca, dove mano a mano c’infanghiamo sempre di più, che circonda lo stagno laddove non ci sono fenicotteri e, nei dintorni, nessuna specie che non abbia già. Bon, proseguiamo per Capu Mannu fino all’ultimo paese e qua parcheggiamo. Da una parte c’è uno stagno, dall’altra una baia con una spiaggia bianchissima e un mare assolutamente cristallino. Ossignur che meraviglia! Subito a prendermi il caffè a una bancarella “ma qua ci viene gente?” “d’estate si, ma, purtroppo, ci sono pochi servizi, questo è un mare per famiglie, al di là della baia c’è una sabbia diversa”. Andiamo subito al di là della baia e ci troviamo a Sa Mesa Longa. Ancora più bello. Una scogliera stranamente bigoliforme forma baie, baiette, con mare strepitoso, e in fondo un lungo montarozzo con sopra un nuraghe. Siamo talmente stupefatti da questo posto intatto, fortunatamente senza servizi, che cerchiamo da mangiare, visto che i panini ce li siamo sbranati nel viaggio. Compriamo due panini e torniamo per goderci una baietta al riparo dal vento per mangiare e prendere il sole. E la flora? tanta, non vi dico quale che la devo ancora identificare bene. Quando il vento si accorge che ci siamo anche noi, torniamo nel nostro arido Supramonte. “Ciao Pietro, che hai fatto della pecora?” “ai cani!”. Invece no, l’ha tutta sezionata e regalata a parenti, vicini e pure a noi. Certo, una pecora scontrosa ci mancava come cibo, oltre che formaggio, ricotta, uova, olive, insalata, bieta…..”peccato che non bevete cannonau, mai niente volete da noi “ . La proverbiale ospitalità sarda!

23.4.2017 Monte Tului
“Odddddeu!! Mi gira tutto” ecco fatto il Nozz è nuovamente fuori uso. Ben, assicuratami che niente gli posso fare, giacente nel letto a mò di giostra gratis, me ne vado sul Monte Tului. “Vado in cima al Tului, sta qua a due passi, il cell funziona vista l’antennona, cerco la genista tuluensis e torno”. Parcheggio la macchina un po’ più su, per risparmiarmi strada, ma sempre sotto la vecchia galleria. Appena parcheggiata trovo la genista, cioè ne trovo due diverse, una sarà la tuluensis. M’incammino guardando i fiori e non seguo la strada della madonna, quando m’accorgo di aver sbagliato, ossia di aver imboccato lo stradone che va in cima al monte, ma non dritto per dritto, decido di far questo e di scendere dall’altra parte. “L’antenna sta sopra”, penso, “che ci vuole?” e con tale considerazione perdo tempo a fotografare ogni essenza. In ogni caso chiamo il Nozz “tutto bene? Sto sullo stradone, me la prendo comoda”. Quando vedo che lo stradone nel suo zizzagare sta arrivando sopra Fuili, decido di sbrigarmi. Lo stradone in realtà è assai lungo, altro che due passi. In ogni caso a mezzogiorno e mezzo eccomi in cima. E scopro che c’è una casa vedetta, mezza diroccata, che mai avevamo visto in tempi andati. Bon ci vado, da qua inizierà il sentiero per la discesa, suppongo. Telefono al Nozz “sto in cima, in due passi sto giù, come stai?” “giro”. Pure io. Il sentiero non lo trovo, ma seguo degli ometti che, quando sto abbastanza in basso, scompaiono. Da una parte c’è Ischivedda Pizzinnos, l’abisso dove, a mò di Taigeto, gli antichi sardi buttavano i bambini storpi. Dall’altra c’è il bosco fitto. Ma davanti ho il Bardia, non c’è da sbagliarsi. Ah no? Scendo per tracce di cinghiali, pistate, sentieri per si perdono appena li seguo, piazzole di carbonai, tentando sempre di andare a sinistra, verso Ischivedda. Ma non c’è verso, tutte le tracce portano a destra. Sai che ti dico? Scendo a destra e vedrai che trovo lo stradone. Non ho timore alcuno, il cell prende. E chi chiamo per sapere del sentiero? Giammichele!!! Il suo di cell non è raggiungibile. Va ben, allora tento di tornare a sinistra e mi trovo su una balza rocciosa con grotta anfratto e pozzo breve. Nessun nuragico dentro, peccato. In breve, si fa per dire, vedo lo stradone sotto di me, assai sotto, e in mezzo il bosco. Giù dritto per dritto ed eccomi finalmente allo stradone e alla macchina. Sono le due passate. “Ciao; sto alla macchina come stai?” “giro” “serve niente? Perché già che sto qua vado al mare a levarmi le zecche”. E me ne vado a Palmasera, spiaccicata sul dormiben a riposarmi, guardando due che fanno il bagno. “Si dovranno levare le zecche”. Intanto ne vedo una che cammina sul dormiben. Chissà da dove è uscita sta qua, che son passata in mezzo alla fitta boscaglia. Visto che non ho niente da leggere e sto in ambasce per il Nozz, mi bagno solo i piedi e torno a s’Eranile. Il Nozz sta a letto con guanti e cappello. “Scendi da Pietro e Maria che ti scaldi”. Con loro ci si scalda anche se fa freddo, basta bersi un po’ di cannonau. Ma il gelo di questi giorni ha irrimediabilmente rovinato il prossimo raccolto. C’è da centellinare il cannonau, meglio darsi agli amaretti. E stasera, sai che faccio? Mi cucino la pecora scontrosa, il Nozz la minestrina degli ammalati. A dire il vero sul Tului avevo solo la cioccolata che ha pensato bene di squagliarsi nello zaino….

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