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1 giugno 2016 Eliches artas
Giornata fresca, nuvolosa, ottima per andare a Eliches artas. Ci prepariamo in due e due quattro e via, col solito carico speleo affrontiamo l'erta ma splendida salita per Tinzosu. Eccoci alla grotta, armo sui due spit e scendiamo il pozzetto. Qualcuno usa i rami di ginepro vedo, ma immagina a non prenderci. La grotta ci accoglie in tutta la sua magnificenza, concrezioni rotte a muretto comprese.
Così, ahimè, ci tocca fotografarla e si sa che a far foto in grotta si perde un mare di tempo. Checcefrega, siamo in pensione, l'anticamera della morte, possiamo anche prendercela comoda.
Risaliamo un saltino armato con due corde ed eccoci alla sala delle stalattiti a zanna. Mica ce le ricordavamo così belle, stupefacenti. Ecchè, non le fotografi? Ariecco, leva i guanti, apri lo zaino, estrai la digitale, prendi gli occhiali, tira fuori la pila led, metti il trepiede col Nozz che ogni volta strilla come un ossesso “allarga la base!!!” (non la allargo perchè viene una schifezza, tutta spiaccicata per terra...), allora prendi la leva, cerca di mettere a fuoco senza vederci un benemerito cazzo, stringi le ghiere, mettiti in posa, aspetta una cifra che hai messo i tempi lunghi e clic, si e no viene una foto modesta, ma ci pare chissà che bellezza sta foto. Poi rimetti via tutto l'ambaradan e riecco un posto che levati! Stalagmiti gigantesche rotte dal terremoto. Non le vuoi fotografare per testimoniare gli eventi disastrosi avvenuti ere geologiche passate? Che qua pare che di terremoti non ne vengano da mò. Allora ricomincia tutta la faccenda di prima. “Com'è venuta?” “insomma..” e via discorrendo per tutta la grotta che, poveri noi, è troppo carina per non fotografarne ogni angolo. In fondo poi ci sono cristalli e cristalli di eccentriche. Mariasanta! Altre foto. Fortuna che la grotta è finita e possiamo tornarcene indietro senza fermarci ogni pisciata di cane. Ah no? E le eliches artas (radici di lecci alti) che si infilano tra le stalattiti e fanno sta coreografia bianca e nera non le vuoi fotografare? No! E invece si! Ci tocca. Mentre il Nozz sale il pozzo lo fotografo pure e queste, fatte alla cazzodicane vengono anche bene. Il Nozz c'ha da ridire anche sull'armo “meglio sull'albero, era più comodo” dice, e te pareva...
Torniamo a casa, colmi di fotografie fatte per farle vedere a Pietro e Maria. Come se non le avesse viste tutte ste grotte dietro casa, più di noi pure.
Lungo il sentiero troviamo due turisti tedeschi spersi in cerca di Tiscali, che sta esattamente dall'altra parte. Mentre il Nozz si sgola a spiegare che devono proprio tornare indietro e ricominciare tutto da capo mi guardo il tedesco mezzo nudo che è una bellezza a vedersi, un torso che levati! Accontentati anche gli occhi ce ne andiamo al rifugio di Sa Oche a prendere il caffè e, semmai, qualche cartina della zona con i sentieri del CAI appena segnati.
Le cartine non ci sono “ce le deve portare Corrado, lo conoscete? Vanno via come il pane!” “si lo conosciamo, lo incontriamo ogni volta, ma a Su Bentu proprio proprio non si entra?” perchè questo del rifugio è talmente gentile che magari ci da anche la chiave, hai visto mai. Macchè, incorruttibile è. Bon. Allora non ci resta che rompere le palle a Pietro e Maria con tutte ste foto, come ci siamo rotti noi a farle. Per ringraziamento ci regalano miele appena fatto!

2.6.2016 Tilimba. “Com'è che c'è il segno rosso sul calendario, che festa è?” chiede Giammichele “ma è la festa della repubblica!” rispondo, e già lo so che noi pensionati si e no se sappiamo che mese è, figurarsi i giorni della settimana, le domeniche o le feste comandate. Passiamo alle cose contingenti “dove andiamo oggi Giammichè?” chiediamo sornioni, tanto Pietro già ce l'ha detto che ci porterà sugli strapiombi della Codula. “Andiamo a Sa Tilimba, la conoscete?” “eia, ci siamo stati, ma non fino agli strapiombi”. Prendiamo baldanzosi l'erta scistosa salita per la sella, siccome fa freddo e stiamo nella parte buia del mondo, non ci pensiamo minimamente a fermarci per fotografar fiori ed altre amenità. Arriviamo alla sella (Funtana Bidicolai) completamente spompati, stop, fermata d'obbligo per riprender fiato e poi via, praticamente di corsa giù per la discesa fino a Sa Tilimba, laddove ci sono un cuile ruspante e due cuiletti per i maiali. “Com'è che sto cuile è così?” chiede il Nozz curioso “così sono, quelli belli che vedete è perchè li hanno rifatti” tipo, ad uso e consumo dei turisti. Immagino che questa sia la fine della nostra escursione anche se di strapiombi non ne ho visti. Invece no, Giammichele si alza di botto e via, di gran carriera, schifando un bel sentiero che porta esattamente a Codula di Luna, prende un altro dritto che dopo un po' schifa pure, inizia ad arrampicarsi come una capretta su per dei calcari che levati. Minchia che posto. Sali sali sul Monte Tilimba senza traccia alcuna, eccoci davanti a uno spettacolo che mai umano. “Cos'è?” chiedo, perchè essendo dietro ho visto solo un bel buco verticale, non tanto largo, e lo spettacolo mi pare questo, non tanto esagerato. Ma dietro il buco ci sono gli strapiombi, fai un passo e ti trovi 500 metri sotto, direttamente in Codula senza faticare. Il panorama è su tutte pareti di Codula di Luna, da Monte Oseli, a Campu Esone e via via fino al mare. Con tutte le grotte annesse e connesse che si vedono occhieggiare. Passiamo un bel po' di tempo a farci le pippe e le foto su sti posti e poi Giammichele costeggia gli strapiombi che mi pare troppo esagerato passare di qua. Che scivoli e addio fighi. Il Nozz saggiamente si sposta più all'interno e io pure, ancorchè abbia visto un bel ciuffo di garofanini proprio all'orlo dell'abisso. Non li vuoi fotografare cara? No! Li ho già questi...Arrampiconi ci ritroviamo finalmente nel sentiero di prima e ora tocca salire. Peccato non farsi Bacu Sarachino, scendere in Codula, farsela tutta, prendere la barca e tornare a Gonone, prendere la strada per l'Orientale sarda e riprendere la macchina (roba da QuellidelCAI..).
Noi che siamo spelei in disarmo ci accontentiamo di tornare da dove siamo venuti, ma stavolta fotografando tutti i fiori, sia mai ne dimentichiamo uno. Per mangiare andiamo laddove ci sono i Cervi sardi, a Sa Portiscra. Posto bellissimo, passi dagli scisti, ai graniti, al calcare vecchio a un miscuglio di tutto ciò. E la vegetazione si adegua, nel senso che ne trovi di tutti i tipi. Il recinto dei Cervi sardi è aperto, i cuili, la casetta, la mandra, le panchine, i cartelli, tutteccose che un turista apprezza in massimo grado, è tutto ben messo ma completamente abbandonato. Però troviamo cardi bianchi e fioretti microscopici mai visti (uno poi dopo averlo ben fotografato è scomparso e non l'ho più ritrovato che volevo farlo vedere a Giammichè). Spolverato ginocchioni tutto il territorio ce ne torniamo nelle rispettive case che dobbiamo far nottata a identificare tutto sto fiorame strano.

3.6.2016 Sos Gutturgius. La giornata non è nuvolosa né ventosa, ahimè c'è il sole, ma il Nozzolone, spavaldo, propone di andare a Sos Gutturgius, nella cui cima non siamo mai andati, ma che sappiamo essere bellissima e con un pozzo sconosciuto che butti il sasso e manco si sente che arriva, ecc. ecc. Questo a detta di Pietro che ci consiglia di salire da Lanaitto e non da Peichinos, perchè è più ombroso. E, in effetti, il nuovo sentiero tracciato dal CAI (n.411 con partenza a quota 148 m) è buonissimo, seguiamo le indicazioni per Bilinghizos e arriviamo a Sas Traes (477 m quota). Questo è quanto solitamente facciamo, ma stavolta vogliamo proprio raggiungere la cima del monte (689 m), circa 200 metri più su. Pare una stupidata, 200 metri, che ce vò, dopo che ne abbiamo fatti tanti a salire!. Prima di tutto non c'è sentiero, solo ometti su calcare bianchissimo che ti illumina pure il pancreas. E mi sono pure scordata il cappelletto. Però la salita è talmente bella che non facciamo un fiato, anche perchè l'abbiamo già finito tutto. Poi vediamo un grottone da paura, una spaccatura che levati con aria fredda che invita. “Ci siamo già stati!! è Culinbesse!!!”. Fa niente che ci siamo stati, mettiamo i led e entriamo a visitarla. Mi arrampico sul fondo e la cima dà su un pozzo, bisognerebbe aggirarlo perchè di là si vede che la grotta continua, ma con un pezzo di corda almeno. Poi vediamo laddove Francesco s'era infilato, il famoso “Culimbesse” ossia culo in basso, che è una strettoia tremenda, la quale dà su un altro pozzo altrettanto stretto.
Fine delle esplorazioni, dobbiamo raggiungere la cima del monte. Una parola! Devi passare per costoni, aggirare ginepri, scavalcare valli, tracimarti su campi solcati il tutto sotto un sole che non dà scampo.
Per me va benone, il panorama su tutto il Supramonte è talmente bello che scalpito per la cima.
Ma vedo il Nozzolone che goccia sudore come un secchio bucato, cammina come uno zombi e ha la tipica voce da paperino che gli viene quando sta per tirare gli ultimi.
Mossa a compassione gli chiedo “gliela fai?” “no” “ah! me pareva!!”. “Cerchiamo un anfratto ombros o e fermiamoci”. Ne troviamo uno in cui si sta di uno scomodo che manco i mufloni lo utilizzano. Però ha quel poco di ombra che ci permette di mangiare e fare il punto della situazione.
Qua è il caso di scendere altrimenti a questo gli pia un colpo secco e il cellulare manco prende, mi tocca portarlo a trascinoni giù per i campi solcati e seppellirlo a Culimbesse siccome reperto nuragico. Occhei, molto a malincuore da parte mia torniamo indietro cercando gli ometti e, soprattutto, di non cascare in ste spaccature che ognuna può celare la famosa grotta di Pietro laddove tiri il sasso e non si sente la fine.
Arrivati al sentiero buono ci pare già di stare in macchina. Niente vero, è lungo una cifra e non ce n'eravamo accorti, presi dal sacro furore di fare la cima, peggio di QuellidelCAI!.

4.6.2016 Cartoe Mare..alle terme di Su Anzu, Agostinu non c'è più, morto è, un mese fa..ci mancherà.

5.6.2016 Giro degli ovili. Dopo una giornata di riposo a Cartoe, è tempo di rimettersi gli scarponi.
“Dove andiamo Giammichè?” “il giro degli ovili l'avete fatto?” No!! c'andiamo?” “eia!”.
Lasciamo la macchina a Sa Portiscra e arriva lesta una guardia forestale, che non è ancora stata disciolta. Sento che parlotta con Giammichele in sardo stretto sui cervi sardi che non ci sono più, non perchè mangiati, ma perchè liberati nell'ambiente e poi gli chiede se mangiamo qua. “Eia” risponde Giammichele e s'incammina veloce giù per la discesa seguendo il filu de or barracos.
Incontriamo il primo cuile con la mandra annessa e facciamo le solite duemila foto perchè è proprio bello, con in cappello in cima, la pergola sopra l'architrave, il portone in un unico tronco, ecc. ecc. (sono tutti uno più bello dell'altro, che te lo dico a fa..). Cammina cammina in rapida discesa, fortunatamente all'ombra di maestosi lecci, ed ecco l'altro cuile, uguale al primo ma non lo vuoi fotografare duemiliardi di volte anche questo? Arrivati, infine, al Coile su Monte Istagiau, 620 m di quota, prendiamo una deviazione sugli strapiombi di Codula di Luna. Questi, se possibile, sono ancora più strapiombi di quelli di Tilimba. Si passa per un punto che hai la scelta di cascare a destra o a sinistra, camminando su un calcare taglientissimo e indovina che c'è? Un garofanino e un elicriso sardo a tre punte. Bon, li devo fotografare ben bene, intanto gli altri vanno avanti e mi lasciano indietro. Giammichele fa un urlaccio sardo che devo sbrigarmi altrimenti mi perdo e proprio in sto punto devo affrettarmi, che potrei precipitare per gli strapiombi!
Va beh, arrivati al belvedere su ogni cosa calcarea, a momenti mi astengo dal fotografare per non fare sta brutta figura della rompiballe con la digitale. La figura la faccio fare al Nozz “mi fai una foto sugli strapiombi?” “si vai più in là che vieni meglio..!” In là c'è l'abisso!! ma no! Pare, invece c'è una scala con mancorrente di ginepro, tiè, scende sulla codula e se sei uno di QuellidelCAI te la fai tutta e fai tutto il giro a piedi a riprenderti la macchina. Noi no. Facciamo il giro per tornare, passando per il villaggio nuragico Or Murales. Meraviglioso con tutte le capanne nuragiche di calcare belle alte, in una delle quali c'è pure un betilo. “Alti, sono quelli di Uruzlei” dice Giammichè “ma il fiorellino rosa non l'hai fotografato?” . Ecchè, giri il coltello nella piaga? Certo che no, che mi è venuta una certa titubanza a fermarmi ogni pisciata di cane per sti fiori e poi, diciamocela tutta, il fioretto rosa è una Petrorhagia, niente di che. Arrivati al punto di partenza ecco arrivare la guardia forestale “non hai cotto il cervo sardo alla brace?” gli chiedo perchè, conoscendo come sono ospitali i sardi, minimo mi sarei aspettata uno spuntino con tutti gli annessi e connessi. Niente da fare, tiriamo fuori i nostri viveri mentre sparliamo su un gruppo di tedeschi vecchi assai che sono arrivati da giù. “Dalla Codula? Come QuellidelCAI tedeschi? E non sono nemmeno troppo sudati” . Intanto me ne vado alla ricerca del fiorellino violaceo dell'altro giorno e lo trovo immediatamente, vicino al vecchio tedesco nascosto a pisciare “Giammichè!!! vieni!!! trovato!!!”. Cos'è cosa non è, chiedo lumi alla guardia forestale che, per mestiere, dovrebbe essere esperta di tutteccose naturali “questo? È una pianta grassa,della famiglia dell'elicriso”.
Io e Giammichè ci guardiamo sottecchi...se questo è della famiglia dell'elicriso io sono figlia del Berlusca, anvedi. E pensa pensa mi viene in mente che è: Lythrum!!! ma sono in forte dubbio, sarà l'hyssopifolia o quello junceum? Boh...qua servono i botanici, quelli veri!

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