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5.5.2023 Uddè
“Che volevi vedere a Lanaitto?” chiedo a Sergio così tanto per…. “un sentiero nuovo ti va?” “ECCOME!!!!!!!!!!!!!!!!!”. Bon andiamo. Il sentiero parte dalla cabina di sollevamento sopra Su Gologone, ma non è il bel sentiero indicato dalle tabelle n.406 “Ishala e Sovana 2,35 h”, no, è una sterrata senza indicazione alcuna che, dopo un po’, mostra un’interessante piccolo ingresso catasto n.1155 Su Humbetteddu – 66 m. Tralasciata la grotta seguiamo la sterrata fino ad un ovile nuovo a casetta e poi per una traccia a ometti. Di bello sto sentiero è che è ombroso ma, arrivati al palo infisso salvete cielo. Tocca trovarsi la strada tra ginepri e calcari strepitosi con bel panorama sul supramonte di Dorgali e vallate tutte, Cedrino compreso. Arrivati a un antico orto decidiamo di averne abbastanza. Monte Uddè e grotta Orgoi, laddove dovrebbe arrivare sta traccia a ometti, sono ancora lontani e Sergio suda a fontana e ha mal di piedi. Mangiamo e poi Sergio propone di cercare il sentiero indicato da Open topo maps che arriva anche lui a Orgoi. Lo troviamo quasi subito, non solo è molto ben tracciato e indicato a ometti, ma è anche parecchio panoramico, transita sotto bellissimi e annosi ginepri e porta anche ad un cuile con area da spuntini e capanna per maiali. Decidiamo senz’altro di fare percorso ad anello, seguendo le pareti dell’Uddè, finchè troviamo i segni bianco-rossi del sentiero 406 e lo percorriamo fino alla fine (o inizio a dir si voglia). Qua inizia la diatriba, seconde me abbiamo percorso una via alternativa, che porta sempre allo stesso posto, ma non segnata, viceversa l’altro è segnato bianco-rosso fino a Sovana. Sergio non è dello stesso parere e battibecchiamo fino alla fine cioè al cartello “bivio Su Cologone 155 m” . Ecco fatto, ora mi toccherà tornarci con Susanna la tedesca per verificare che ho ragione, siccome quea del peocio, difficile sarà convincerla in inglese “would you want to come with me on a beautiful, but difficult path?”….

6.5.2023 Cartoe
Giornata-riposo, andiamo a Cartoe presto che non c’è anima viva, l’ideale per leggere al sole senza troppo caldo, acqua ghiaccia no bagno, dopo un po’ il dovere mi chiama “cercare fiori endemici”. Manco l’avessi mai visti qua poi. Quindi m’inoltro verso lo stagno e poi nel sentiero direzione Irveri. Niente di nuovo mi sembra, solo qualcosa da verificare con Actaplantarum ma non c’è rete e a casa non c’è wifi. Meglio così, staccata da tutto mi disintossico, visto che spesso e volentieri mi scordo della vita reale. Torno da Sergio che non riesce a leggere con troppo sole e all’ombra ha freddo. “Andiamo a Su Anzu, li si sta bene, mangiamo e leggiamo nella lunga tavolata”. Così al passaggio scopriamo con nostro disappunto che le terme di Agostinu non sono più accessibili, speriamo che la ristrutturazione non comporti chissà che opere, al solito. A Su Anzu il livello dell’acqua è sceso parecchio, tanto che non c’è più quella del tubo per riempire le bottiglie, certo abbiamo quella del nuragico ma ci manca la calcarea-piscio-di-speleologo. Per cui, dopo aver mangiato e letto decido di verificare di persona il livello del sifone terminale. L’acqua che prima mi arrivata alla pancia ora mi arriva sotto il ginocchio e si vede oltre il sifone il condotto che prosegue, prima non si vedeva. Ma la grotta non soffia, segno evidente che il sifone c’è sempre. Riposati abbastanza chiedo a Sergio se se la sente di cercare la grotta vicina a Sos Jocos, la n.2801, decima de Ischala Su Anzu. La troviamo nascosta dal lentisco, ha due ingressi e parecchia aria, quindi andiamo all’ingresso di Sos Jocos che ha ancora più aria, soprattutto più fredda. “Dai domani grotta!” che ci sarei andata anche solo con la lucetta dalla voglia di proseguire, per non parlare della voglia di nuotare nel sifone di Su Anzu….

7.5.2023 Grotta decima de ischala 'e su Anzu- Sos Jocos
Appurato che ci siamo alzati in ..quasi..perfetta forma, non ci resta che andare in grotta. Tanto per cominciare la grotta decima de ischala ‘e su anzu e poi, se ci resta il tempo, Sos Jocos. Detto fatto ci scordiamo subito in macchina: Sergio il da mangiare e la felpa, io la sacchetta con barretta e digitale. Per nostra fortuna la macchina è vicina come il nostro rincoglionimento totale. All’ingresso Sergio che fa? Svuota nel mio zaino le cose sue “Ne portiamo solo uno” come dire il mio e lo porto io???? “non se ne parla, ognuno si porta le sue cose, al limite tu porti le mie” è la mia conciliante risposta. Manco avessimo poi chissà che cosa, una corda da 10 oltre le vettovaglie normali e acqua in abbondanza, si sa, la Sardegna siccitosa è. Questa grotta non la conosciamo, Sergio si è scaricato il rilievo ma dice subito che non coincide con quello che stiamo facendo. Solite grotte labirintiche, anche se questa, a onor del vero, è abbastanza lineare se si tralasciano i rami stretti e quelli che finiscono subito. Però quando vediamo una freccia con scritto “Leo” (sembra a noi) e strettoia, tiriamo dritto in un meandro strettino che sfocia in un budello in discesa laddove mi fiondo e, andando a destra, ritorno al “Leo”. “Vieni per la strettoia” strillo a Sergio e, fortuna per lui, è l’unica della grotta. Ora arriviamo a due scivoli, uno stretto e uno largo. La provvidenziale corda ci serve per valutare quale dei due tocca fare, lo stretto termina in un passaggio laddove Sergio non passerebbe, quello largo è molto scivoloso e dopo un po’ quasi pozzo senza appigli laddove scendere si scende ma a salire senza attrezzi non è cosa. Bon, ora sappiamo che dobbiamo ritornarci con imbraco e tutto, senza trapano perché ci sono armi naturali. Al ritorno perdiamo tempo a fare foto ed, essendo presto e Sergio ancora ok, decidiamo di fare Sos Jocos. Questa l’avevamo fatta più volte, senza mai trovare la famosa chiocciola di Giammichele, ma stavolta abbiamo il dettagliato rilievo. Rilievo che si rileva alquanto fallace anche qua, non già per lui, ma per la grotta che è tutto in labirinto pieno di rami in salita, tra l’altro. Fatto sta che al punto 27, che sarebbe il ramo della cascata, troviamo un pozzo con antichissimi spit. “Questo forse l’abbiamo sceso con Francesco” dice Sergio ma non mi ricordo che il lago fatto con la Marina. Francesco, interrogato, non ricorda niente, degno figlio. Il calpestio, le frecce e la zona larga ci portano, effettivamente, al lago che tale non è più, solo una pozza e fango tremendo intorno. “Non ci penso affatto di scendere in sto fango” dico visto che non ho stivali ma scarponi e poi il ramo della chiocciola che porta a Su Anzu “ramo del vento” pieno di strettoie, è in alto a destra. Vado a vedere e mi trovo davanti 5 bivi tutti piuttosto angusti. “Sta in alto ma io non vengo” dice Sergio, per cui torno indietro abbastanza incuriosita, soddisfatta e desiderosa anche di sapere il cosa e il come di tutto sto ramo che, penso, non abbiamo mai fatto. Al ritorno altre foto e bon, a mangiare i panini a Su Anzu e poi da Pietro e Maria che ci aspettano per sapere, caffè e dolcetti!.

8.5.2023 Oddoene
Piove!! Meno male, l’acqua serve per cui servono alternative ai calcari bagnati. Niente paura, Sergio è ben contento di riposarsi e io di girovagare per l’Oddoene. Per cui, impugnata l’ombrella, me ne vado verso il cimitero cercando fiori spontanei da piantare a Giammichele. Sergio mi raggiunge in macchina e mentre fa la spesa abbellisco il tumulo. Sicuro che, potesse vedere, Giammichè sarebbe contento. Però la terra sotto il primo strato è secca assai, l’acqua serve. Poi ce ne andiamo in biblioteca “ben tornati!!!” ci accoglie la bibliotecaria che ha imparato che a maggio, quando piove, ci rivede. Peccato che ancora non c’è il wifi e non posso tuffarmi in actaplantarum. Fa niente, trovo un libro di Leo sui sentieri dei cuiles e altri sulla flora spontanea sarda, Sergio legge Limes e la scrittura dei nuragici. Ci smuove la fame. Bon, torniamo a S’eranile per mangiare, levo un po’ di erbacce dall’orto di Maria e poi, visto che ha smesso di piovere, m’incammino per S’Abba Arva. Meravigliosa Sardegna bagnata dai profumi aromatici e dai fiori multicolori con il Supramonte sullo sfondo che attira coma calamita. Per strada incontro due disgraziati turisti che tornano da Gorropu, posto che ci siano arrivati, della qual cosa dubito visto che mi chiedono se ci sia altro sentiero per andarci “of course by Genna Siliana” sehh te voio però…spiegarglielo in inglese è come andarci davvero. Proseguo fino a Buoncammino ma qua ricomincia a piovere, Sergio mi viene a prendere che Maria mi sta aspettando col caffè!!! Tanti fiori nella digitale e divertente intermezzo con Claudia “beata te che ti riposi, lo Spartano c’ha ammazzato!!!!”. Il fatto è che per me la palestra serve come allenamento a venire qua, montagne, grotte, un mezzo e non un fine, anche se mi regala amicizie e divertimento. Occhei, diciamo che dovunque vado trovo amici, a ogni partenza ci lascio il cuore…qua, la, dappertutto, Clà!!! Fra poche settimane sto da voi, aspettatemiiiiiiiii

9.5.2023 Ischala 'e Biddiriscottai

Oggi il tempo è buono. Vorremmo andare a Finodda e Sos Bardinos ma Pietro e Mario ce lo sconsigliano “andate verso Gonone che è più asciutto”. “Bene, allora facciamo la ferrata di Biddiriscottai? Ti va?” chiedo a Sergio che acconsente. Le informazioni ce le da Antonello che ci consiglia di portarci una corda, visto che una di quelle della ferrata è lesionata. Altre notizie Sergio le trova in rete che illustrano un giro ad anello con la necessità di una corda da 30 per calata e luci per attraversare 2 grotte. Tanto per cominciare affrontiamo la più breve, portandoci una 10 (che non ci servirà) e, molto a malincuore, parcheggiamo la macchina alla curva, visto che è vietato andare oltre. Così ci tocca scarpinare nella sterrata vulcano-calcare che traversa l’Irveri. Già Sergio, sotto la roccia vulcanica, si lagna del caldo, e dire che ieri stavo con giaccavento e pile. All’ometto e scritta minuscola “Millenium” scendiamo verso il precipizio, assieme a tre ragazzi già imbracati. Ciò conferma che siamo sulla retta via. Però i ragazzi, che evidentemente non conoscono la ferrata, davanti a uno strapiombo con due anelli d’armo e nient’altro, fanno dietrofront. “Si vede che la ferrata è disarmata” dice Sergio tornando indietro ma io sono curiosa di affacciarmi agli strapiombi così trovo la corda che scende. “E’ qua” strillo a Sergio e a uno splendido gabbiano che ci gira intorno tutto il tempo, temendo invasioni nel suo nido in grotta in parete. Ci imbraghiamo e iniziamo la ripidissima discesa. Vado per prima così ho una certa fifetta temendo la corda lesionata. Arrampico senza troppo fidarmi della corda fino a un punto che strapiomba e tutto il peso sta là. “Oddio pensa se è questa la lesionata e mò si stucca, non i me cata nianca i ossi”. La corda regge e vedo quella lesionata, è nel nodo dell’attacco. Ora si tratta di scendere a precipizio utilizzando delle staffe metalliche. Regge tutto e in pratica la ferrata è finita. Uno stretto sentiero porta al Grottone di Biddiriscottai, 0007 di catasto. Enorme cavernone, 117 m per 105 di sviluppo e 22 di dislivello, alto una cinquantina di metri. Sergio si siede all’ingresso per riprendere fiato mentre vado in fondo a curiosare e fare foto. Però a 40 m circa vedo in parete un bucone nero tondo con colonna interna. Se prosegue e là. Ci sono tre che arrampicano, fisico da paura, e subito li invito a salire lassù, mica perdere tempo a fare inconcludenti salite. Tra l’altro uno è pure uno speleologo di Senigallia, l’amo è gettato. Non ci pensiamo per niente di tornare per il giro lungo necessitante 30 m di corda per calata, invece scendiamo al mare, nonostante Antonello abbia detto che non vale la pena. Però ci andiamo per aspettare l’ombra nella parete e salire col fresco. La discesa al mare è ripidissima ma sotto c’è una grotta anfratto, adattissima a perdere tempo. Mangiamo e poi, mentre Sergio si riposa, cerco almeno dove passa la restante ferrata, trovando degli ometti. E il mare? Mossissimo, ma una grande vasca naturale con acqua è l’ideale per farmi il bagno. Devo tornare da Sergio che strilla che sto girovagando troppo. L’ombra sta arrivando per cui saliamo a Biddiriscottai e che vediamo? Che l’arrampicatore Senigallese sta salendo al buco!!! Magnifico!!! Ci mettiamo a mò di cinema a tifare, ma arrivato a pochissimo dall’ingesso, quando mancherebbe solo un tiro di corda scende. “E già non è lo speleologo” dice Sergio “e magari manca l’armo”. Ora però sale lo speleologo che deve recuperare i rinvii ma anche lui non sale al buco. Peccato. In ogni caso sono stati bravissimi saranno saliti 35 m in una via 8A aggettante. E’ ora per noi di tornare, salutiamo i climbers e affrontiamo la ferrata, ora ombrosa, che in salita si rileva molto semplice. Anche la sterrata fino alla macchina è quasi all’ombra, sosta per birra analconica e crocchias e poi da Pietro e Maria che ci aspettano col caffè. “Mi avete salutato Orudè?” che sarebbe la sua università, ci chiede Pietro “no, abbiamo fatto una ferrata strepitosa!!” rispondiamo raccontandogli l’avventura. Un dolore acutissimo al piede mi mette ko mi fa tornare con i..piedi,..a terra. E mò che è? “c’hai un’età” mi consola Sergio “ambè, voltaren e oki e passa la paura” rispondo piccata…speriamo…

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