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31.5.2022. Bardia – Irghiriai.
Sergio cucina presto, mangia presto, va a letto e dorme con le galline (….), all’alba è sveglio e pestola sul tablet. “Ahhh ma che ore sono?” chiedo che, avendo letto Cuiles fino orestraore, adesso avrei ancora sonno. “Sono le 6,30”, risponde e si rimette a clic clic cercare tracce. Bon, vorrei dormire ancora ma è un peccato mortale in Sardegna, ennò!! Col fresco, mi viene una bella idea, vado in cima al Bardia, Sergio mi accompagna, torno e andiamo a Cartoe. Massimo due ore è fatta. Preparo il tutto e andiamo a salutare Pietro e Maria. “Al Bardia vai?” mi dice Pietro che tutti i monti qua sono la sua università “perché non fai tutta la cresta e vai….ecc ecc” seguono nomi sardi di difficile interpretazione. Bella idea, dopo la cima non sono mai proseguita non essendoci un evidente sentiero segnato, ma adesso lo sono tutti con una pletora di ometti, non c’è da sbagliarsi!! Resta solo il problema di quanto ci impiegherò ma, considerato che stiamo sotto le antenne del Tului, posso telefonare a Sergio che mi può venire a prendere a bocca di Irghiriai. Alle 8,30 Sergio mi lascia alla galleria vecchia di Gonone e parto. Qua non è segnala la cima del Bardia, però Surtana, 5,30. Surtana????? Ma sta dall’altra parte, saranno passati quellidelcai che corrono. Subito m’inoltro per gli sterpi che dice Sergio “non c’è sentiero, sterpi”. No, c’è, sta sotto e all’inizio non è segnato. E’ segnato dopo, bolli bianco rossi e qualche volta 200. Ottimo. Con gioia evidente sta rivolto a Dorgali e quindi all’ombra e inizio a fotografare fiori. Arrivata in cima, dopo un’ora, mi resta da fare la cresta sconosciuta verso Irghiriai. Davanti a me sento delle voci, chiamo per sapere se sono sulla retta via, ancorchè sia munita di traccia, ma sai com’è..invece le voci spariscono e decido di non fotografare più, non guardare più fiori e andare andare andare. Anche troppo veloce perché ho idea che ci voglia molto, vedo Curruru cazzeddu e cime cimette assai lontani. Però a momenti inciampo. “Calma” mi dico, se vai da sola non devi assolutamente cascare siccome pero marso, vietato è. Arrivo indenne a Curruru e poi il sentiero scende scende fino al famoso bivio che mi diceva Sergio, qua ci siamo stati!!!. Si chiama Sa Enna Manna, dal bivio potrei quindi scendere a Gonone volendo, ma osservando la traccia mi sembra più vicino il valico di Irghiriai. Proseguo sempre in direzione del valico per arrivare al cuile di Monte Rosso. Qua ci sono tre direzioni, una verso s’Ospile, una verso Gonone, la terza verso il valico. Provo quella verso S’Ospile perché il sentiero sembra più grande, ma la traccia mi dice che no, sto sbagliando. Dall’alto vedo delle persone al Cuile e chiedo la direzione che confermano quella dritta per dritta. Al cuile manco ci vado, avendo già avvertito Sergio che manca poco. In realtà manca la parte peggiore, quella con le corde, molto ripida dove devi camminare piichinnos. Così faccio e vedo Sergio nella strada che mi aspetta mentre quelli dietro s’informano se stavo al Bardia. “Si vi ho anche chiamati ma non mi avete sentito” ciò detto li lascio alle loro supposizioni perché devo raggiungere Sergio. Però gentilmente chiedono se non sola e dove ho la macchina. “Laggiù, c’è mio marito che mi aspetta”. Sola fino un certo punto. Fossi sola mi verrebbe lo sgomento siderale, invece ogni due per tre ho telefonato a Sergio per tenerlo al corrente della posizione, in un certo senso è come se fosse stato con me. Alle 11,45, ricongiunta la famiglia ci facciamo due bagni megagalattici nel mare mosso di Cartoe e poi a SuAnzu a mangiare e leggere. Doverosa sosta dai cinesi per comprarmi una nuova maglietta che questa è buco buco peggio del calcare sardo e poi da Pietro e Maria che ci aspettano per sapere le avventure. “Ah Piè!!! Ti sono fischiate le orecchie???”. Come dire, ma dove mi hai mandato!! Mandaci anche i tedeschi, già che ci sono arrivano a Surtana a piedi, come da cartello…

1.6.2022. Peichinos- su Listincu- Su Crou.
“Dai svegliati andiamo fin che è fresco” mi chiama Sergio e mi giro dall’altra parte, dopo mezz’ora però mi sveglia e prendo atto che oggi verrà anche lui. Meno male, mi alzo volentieri e ci avviamo a scala Peichinos di buon mattino, procedendo verso su Listinchu a passo di gallina, da ciò il nome. Per fortuna la scala è quasi tutta all’ombra, ma solo i tratti in frana, assolati, ci ricordano che siamo in giugno, tardi per camminare. Arrivati allo splendido cuile riposo. Poi ci avviamo per il sentiero per esperti che ci porta a Su Crou. Ma giunti agli strapiombi, dopo le foto necessarie compresa quella al bellissimo Dianthus cyathophorus, Sergio scompare dalla vista e io, attratta dagli ometti che portano verso Monte Tundu mi avvio chiamandolo. Mi tocca tornare indietro che mi sta aspettando all’ombra di un olivastro “non andiamo a Monte Tundu?” “no, ho parecchio male al piede, scendiamo per Su Crou”. Già, resta la voglia di girare ancora per quegli incredibili scenari incontaminati ma il dovere impone “nella buona e cattiva sorte”. La scala Su Crou è il solito tormento tra bel calcare e massoni di frana, per lo più assolata, finalmente alla macchina ci possiamo rilassare. Il piede di Sergio è molto gonfio, urge nuotata nell’ acqua gelida e cristallina di Cartoe. Previa sosta alla sorgente nuragica per mangiare. Al mare si sta una meraviglia sotto la tenda beduina e l’arietta fresca. Anche se malauguratamente ho scordato il libro ne approfitto per un surplus di sonno che domani sveglia alle 4.30. Speriamo bene.

2.6.2022. Corrasi –Lanaitto
Ieri sera quando abbiamo detto ai tedeschi che la partenza è alle 5, confermato anche da Pietro, hanno fatto una faccia e avranno anche detto qualcosa di intraducibile ma…. Alle 5 in punto sono teutonicamente pronti, anche noi, per andare a Tuones dove Sergio ci lascerà, venendoci a prendere a Gasole dopo 3,30 ore da cartello. “Se puoi fatti sentire che mi regolo quando partire da qua” mi avverte e si mette al fresco a leggere mentre saliamo molto baldanzosamente verso su Pradu. La velocità è dettata dalla necessità di essere a Lanaitto prima del caldo torrido. Susanna mi parla in inglese e regola vuole che le risponda ma per non sfigurare vado alla loro velocità e rispondo a monosillabi “yes, of course”, “not, it’s not important”, avrà pensato che sono una ritardata. Le faccio vedere la campanula forsitzi tanto per stopparla ma a su Pradu posso finalmente rifiatare. Ci aspetta la lunga discesa. Vado per prima che loro il sentiero non lo conoscono e mi sbrigo come se avessi un cane alle calcagna. Ogni tanto telefono a Sergio per fargli sapere a che punto siamo e, vista la velocità, decide di scendere subito a Lanaitto ad aspettarci. Se tanto mi da tanto…Nel frattempo li faccio affacciare a Sas Palumbas e ci fermiamo a fare qualche foto a Vilithi Vilithi ed è qua che perdiamo tempo. A far foto, e dire che i fiori manco li guardo, ma il panorama con i ginepri spettacolari è da riprendere, tanto che perdo anche gli occhiali. Li cerco ma non troppo per non far perdere tempo ai tedeschi che rifiutano una visita a grotta Orgoi. Meno male, una salita in meno. L’unica fermata degna di tale nome è all’ombra prima di Sovana. Beviamo qualcosa e bon, si riparte. Il sentiero è molto ben segnato non ci si perde più. Però quella grotta sopra Sovana che nereggia, la per arrivarci sentiero non c’è, devo tornarci con Sergio. Le foto sono delegate ai cuiles, ne visitiamo anche uno fuori dell’usuale, s’Aruledda, con una splendida mandra e doppia nicchia per i capretti, cosa conosciuta anche dai tedeschi peraltro. Finalmente eccoci nella casa prima della discesa finale dove si sta svolgendo un grande festino. Salutiamo i convitati e resto perplessa che non c’invitino. Invece non facciamo in tempo a passarla che esce uno e ci chiede a gesti se vogliamo bere. Accetto volentierissima s’abba frisca ma i tedeschi non disdegnano cannoau, e scatta la gara a farci mangiare e invitare anche Sergio che l’hanno visto sotto che ci aspetta. La meravigliosa ospitalità sarda. Invece ce ne andiamo, i tedeschi credo a malincuore che avrebbero messo le ginocchia sotto il tavolo ancorchè abbiano fatto la gaffe di dire, in terra olianese, che alloggiano a Dorgali. Non ci resta che berci un’ichnusa al rifugio di sa Oche dove incontro Leo, coincidenza, avendo appena raccontato ai tedeschi del suo libro Cuiles che è la bibbia per conoscere approfonditamente la vita, ormai passata, dei pastori. Leo m’insegna un posto dove trovare parecchia interessante flora endemica sarda, ma credo che per quest’anno non farò in tempo ad andarci. Ogni volta la Sardegna offre nuovi spunti per farci tornare al più presto, malanni permettendo. Per togliere eventuali zecche, doverosa nuotata a Cartoe, dove si sta una meraviglia. E i tedeschi? Contenti assai, anche a loro abbiamo dato uno spunto per tornare, la ferrata di badde pentumas.

3.6.2022. Pirincanes –Ruinas
. Non si può lasciare la Sardegna senza una pur minima ricerca floreale al Gennargentu. Ci affidiamo a piene mani a Giammichele che, ogni volta, ha l’asso nella manica. “Eia che andiamo Piricanes e poi a Ruinas”. Mai sentiti. Dopo un bel po’ di strada a curve e in parte sterrata, eccoci a Pirincanes, scendiamo al torrente alla ricerca delle gole e cascate, ma stanno sopra. Il sentiero, una traccia, parte da una costruzione e per vedere le cascate occorre salire per delle balze rocciose granitiche rosse. La visione è grandiosa, la voglia di fare il bagno nel torrente idem, fotografo uno strepitoso sedum dasyphyllum sub. glanduliferum e sondo l’intenzione di Sergio e Giammichele, seduti all’ombra “vado a vedere la cascata?”. Macchè. Eppure andarci con sto caldo e con la possibilità di trovare flora particolare in questo angoletto verde non sarebbe una cattiva idea. “Andiamo a Ruinas” dice Giammichele. Sta a 1200 m sugli aridi contrafforti del Gennargentu. Il nuraghe granitico è incredibile, l’apertura è rivolta a sa pedra liana, 200 capanne distrutte intorno, l’antico insediamento è stato abitato fino al 1400, abbandonato a causa di una pestilenza. Fotografo a più non posso ogni essenza, per ora non so cosa sto trovando ma poi scopro di aver scoperto flora endemica. E vai!! Peccato che il sole impietoso, il caldo asfissiante e la mancanza d’ombra ci cacciano velocemente. Andiamo a mangiare a sa Pedra liana e fa talmente caldo che non oso nemmeno andare alla roccia. “Ci sei già stata” mi dice Giammichele per consolazione e poi si mette a dormire sulla panca. Dobbiamo tornare in fretta che ci aspettano Pietro e Maria per salutare i tedeschi che partono. Torniamo sfatti dal calore. Mi rifaccio la sera passeggiando coi tedeschi, tentando di imbastire un qualche discorso sensato in un inglese stento. Ma l’Unitre non mi ha insegnato nudda? Poco davvero…

4.6.2022. Riposo

5.6.2022. Monte Tundu
Mannaggia Sergio è fuori uso e fa un caldo boia, che fare? Ho una mezza idea di risalire il Flumineddu acqua acqua per cercare piante ma…arrivata a s’abba arva (o Sa Barva..) senza troppo caldo vorrei fare un bel giro, Monte Oddeu? Monte Tundu? Scelgo quest’ultimo che mi sembra più ombroso, parcheggio sotto Surtana e vai. Non c’è anima viva, tutti al mare sono, prendo il bivio per sos Mojos e arrivata al prato coltivato dai nuragici telefono a Sergio. “Ti ricordi dove andavamo? Paralleli al Flumineddu o a Doloverre?” gli chiedo e risponde “ci dovrebbe essere un cuile a sos Mojos (= le arnie), cercalo”. Di cercare cuili in sta spianata non ci penso per niente, prendo invece il sentiero ben segnato che corre, in alto, parallelamente al Flumineddu, tralasciando gli ometti che portano a una traccia parallela a Doloverre, essendo subito chiusa da alberi, anche se penso che questa avevamo fatto a suo tempo. Fatto sta che attraverso un posto dal calcare strepitoso arrivo al cuile sos Mojos che mai avevamo visto. Stupendo, grande, con due mandre. “Prendi il punto e la traccia” mi dice Sergio “prima arrivo al cuile di Monte Tundu e tornando la prendo”. Passare sotto le rosse pareti di Monte Tundu è emozione pura, percorro il sentiero che va a Su Crou ma ad un certo punto scopro di aver passato il punto dove dovrebbe esserci il cuile. Allora torno indietro, vattelapesca ndò sta. Imposto la traccia e mi scordo di prendere il punto del cuile Sos Mojos. Stavolta cerco di tornare velocemente, prima di venir ghermita dal caldo micidiale. A s’abba arva scendo al flumineddu per un bagno corroborante tra serpi con l’acqua alle ginocchia. Di cercare piante non se ne parla. Come arrivederci alla Sardegna direi che va bene. “Sergioooo devi rimetterti in sesto, torneremo quando fa più fresco che c’è ancora molto da esplorare…!”

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