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5.5.2018. Grotta Corallinu
“ E mò ha stufato!” come dicono le ministeriali dopo 5 minuti di pioggia. In realtà noi siamo contenti, la Sardegna è siccitosa, gli invasi sono vuoti, l’acqua serve, magari ne è caduta troppa tutta insieme, magari. Ben, sai che facciamo? Andiamo a S’Orcu, chissà se serve l’imbraco, non ci ricordiamo più nudda, ma c’è sempre Giammichele a cui chiedere “Giammichè, a S’Orcu serve l’imbraco?” “eia, qualche pozzetto c’è ma più che altro chiusa è”. Anche S’Orcu!! E mò esagerano sti qua. Allora andiamo a Corallinu, “ti ricordi come arrivarci?” “no, ma ho il punto”. Sbagliamo subito, ovviamente, finendo a un deposito di movimento terra “no, dovete passare il cancello bianco e scendere giù e poi salire alla cava”. Il cancello bianco chiuso è, ma scavalchiamo la tanca, scendiamo al torrentello, risaliamo alla cava e troviamo ometti e una traccia che porta dritta dentro lentischi zuppi d’acqua, ortiche ad altezza d’uomo e cardi spinosi a non finire. “Belli i cardi sardi!!, c’è pure la lactuca longidentata fiorita!!”. Ma non ho tempo di fermarmi, men che mai di grattarmi, tiriamo dritti verso la grotta. Arriviamo ad un riparo sotto roccia con tanto di eternit a pezzi tutto intorno. “Non respirare, la grotta sta avanti….e in basso”. La troviamo passato un posto dove devi infilarti tra due rocce, arrivare ad una balaustra panoramicissima sul Flumineddu e su un’esplosione vulcanica a raggi, scendere sotto, girare bruscamente a sinistra e bon. Tre ingressi portano a dei vani reggia nuragica, trovo un osso lavorato e un sasso da macina, lascio tutto per gli archeologi che non capiscono nudda e tocca, invece, trovare la retta via tra un caos di cunicoli. Tipica grotta ipogenica labirintica, dal soffitto a cupole a guscio d’uovo. Va avanti il Nozz che ha il rilievo e io ne approfitto per fare foto. Sale salette, passaggi passaggetti ci arrestiamo su un saltino. “Senza corda non si scende e poi dal rilievo dopo un po’ qua finisce” dice il Nozz “secondo me è lassù, mi ricordo del posto dove c’è la corda e bisogna fare un traverso, certo c’è da arrampicarsi un po’” e mi arrampico. “Non gliela faccio più! Ho caldo, vedo la corda lassù” brontola il Nozz. “Davvero davvero? Ma la parte bella è dopo la corda!!!” “si va ben, non ti credere che poi continui chissà che”. Veramente m’interessa rivedere la parte bella, me la ricordo piena di candide concrezioni eccentriche e cristalline. Però sto Nozz che è stanco…”E’ che hai passato l’inverno stravaccato davanti al pc, la testa dentro al frigo e non ti sei mai mosso!!!” lo sgrido “è che sono vecchio” risponde. Veramente lo sono anch’io che per scendere da sto passaggio gli son dovuta montare sulle ginocchia. “Pensa che quando siamo venuti con Francesco tutti sti passaggi li abbiamo fatti correndo e manco ce ne siamo accorti”. Già, che ci manca Francesco!. Ve ben, allora torniamo. Però stavolta guardo con occhio clinico, allenato da libri e ricerche, grotte viste e musei, ai vari disegni a carboncino, quasi tutti scritte recenti ma qualcuno veramente antico, ma tanto anche, diciamo neolitico e mi son tenuta stretta. Ma tanto gli archeologi nudda sanno. Li fotografo e bon. Verso l’uscita sentiamo un frastuono “piove??” “no è il Flumideddu in piena!”. Fuori è tornato il bel tempo, passiamo repentinamente dall’inverno (che stamani ci siamo dovuti comprare altre maglie pesanti dai cinesi) all’estate, e non ti dico a tornare con la tuta da grotta addosso!! Ma il sole asciuga i panni e mette allegria!

6.5.2018. Esterzili
Al museo di Nuoro avevamo visto bellissimi bronzetti offerenti trovati nel più grande tempio nuragico della Sardegna, sta a Esterzili, per noi troppo lontano ma….”Oggi dove ci porti Giammichè?” “ve lo insegno strada facendo, ma prima andiamo a Nuoro a prendere Rosaria”. Bene, ci piacciono le sorprese, per cui strada facendo vediamo: il lago Flumendosa in piena, sensazionale, ci fermiamo? No! Sa Pedra Liana, ci andiamo? No! Il Nuraghe Ardasai, stavolta ci fermiamo, cerchiamo la tomba dei giganti? No! Una zona incredibilmente bella ricca di cascate, pinnacoli calcarei, ripari sotto roccia, boschi, ci fermiamo? No! Ahò! “Ajò che andiamo a Esterzili!” “DOVEEE??????” “non ci volete andare?” “si!! Eccome!”. Sta dall’altra parte del monte sopra un altopiano calcareo, scistoso, granitico, di tutto c’è, soprattutto sta incredibilmente fuori da ogni dove. Però ci arriviamo, nemmeno al bar ci fermiamo, diretti al Monte Cuccureddi. E qua finalmente ci fermiamo a vedere la “Domu de Orgia” un tempio dedicato alla leggendaria figura femminile malefica e vendicativa (praticamente una mia sosia), protettrice degli abigeati, già il nome dice tutto. Il tempio è favoloso, quasi miceneo, circondato da un recinto ellittico e immerso in un prato di orchidee, per di più. Leggiamo i cartelli con tutta la storia e poi via, a cercare le mura megalitiche di Monte Vittoria. Anche qua una sorpresa incredibile! Tra le mura e le strutture nuragiche che trovo? La rarissima, endemica, Anchusa capelli, mai vista né da me né tanto meno da Giammichele il quale, appena scattata una foto, si accorge di aver scaricato la batteria. Poco male, gli passo la mia che è compatibile e via a fotografarla in tutte le salse. Sono le due e mangiamo nelle panchine nei pressi e poi subito a vedere una struttura simil nuragica che svetta sulla cima del monte dal quale si vede quasi tutta la Sardegna. “Ajò che andiamo alle fonti sacre”. Anche qua resti di capanne nuragiche e fonte sacra con acqua corrente. Più avanti altra sosta per villaggio nuragico e tre fonti sacre con betilo. Va ben, inutile descrivere il tutto, andateci oranti come i nuragici e bon. Serve una doverosa sosta all’unico bar aperto di Esterzili dai bellissimi murales, dove Rosaria e io assaggiamo la grappa locale, sicuramente ricetta nuragica. Per tornare, praticamente giriamo per tutta la Sardegna centrale, visto che Giammichele, non ancora contento, deve vedere il nuraghe di Isili. Cioè…..”ajò che stiamo da queste parti”. Un par de balle, siamo passati dalla barbagia di Belvì a quella di Seulo al Surcidano, per strade strettissime tutte curve e meno male che nessuno di noi soffriva il mal di mare e che Giammichele e Rosaria per ammazzare il tempo si son messi a cantare canti degli alpini..”ma non poto reposare no?” “no! La me morosa zè vecia…” ufff anche qua. Arrivati davanti al nuraghe immediatamente scende un acquazzone che levati. Solo Giammichele con la batteria scarica ha l’ardire di scendere dalla macchina, noi siamo ligi al volere della dea Orgia malefica e vendicativa e restiamo al riparo. Il ritorno è un pellegrinaggio di paesi sardi su e giù per monti e valli verdissime ed incontaminate. Alle 9 approdiamo finalmente a Dorgali pronti ad accendere un cero alla dea Orgia malefica, vendicativa, protettrice degli abigeati, quella che fa per noi!.

7.5.2018. Monte Corrasi
Nessuna nuvola all’orizzonte, niente vento, niente caldo, l’ideale per salire, finalmente, sulla cima del Corrasi. Già perché in trent’anni e passa di Supramonte ci siamo scordati proprio questa, la cima, meta assoluta e indispensabile per quellidelcai ancorchè inferiore ai 2000 m, tutti Gennari sono questi…E’ che Giammichele ci ha guardato con tanto d’occhi “mai stati in cima????” l’abbiamo snobbata più che altro per il tipo di calcare, mezzo marnoso sembra. Il Nozz non profferisce il solito categorico “NO!” assoluto per la mia proposta, segno evidente che acconsente e bon. Il sentiero da Tuones è il 401, ma oggi, per cambiare, facciamo una variante che ci porta a un ghiaione un passo avanti e due indietro. Tornati alla strada maestra non l’abbandoneremo più fino alla cima se non per andare a ficcanasare in qualche anfratto promettente. L’unica cosa speleologicamente rilevante è un buco in mezzo al sentiero, tappato da sassi, che se ci butti una pietrina senti che rotola giù per bene (niente aria però, si sa, Sa Oche sifona). Arrivati in cima ci accorgiamo che il panorama è uno dei più belli, se non il più bello in assoluto, di questo settore di Supramonte. In lontananza si vede la piramide del Gonare ma davanti abbiamo tutti i nostri monti preferiti, dal Supramonte di Dorgali via via a questo di Oliena con quinte di roccia calcarea che abbiamo calpestato abbondantemente nel corso degli anni e, sulla destra, il Supramonte di Orgoloso, poco conosciuto e, ancora più a destra, Punta Solitta, mai salitta (licenza poetica per la rima). Ma davanti, proprio sotto alla cima, non dalla parte degli strapiombi che se caschi non ti trovano nianca i ossi, dall’altra, c’è un calcare tormentato che grida “grotte, abissi, buchi, siamo quaaaaaaaaaaaaaaa”. Basta andarci. Tanto per cominciare il Nozz mangia, che ha consumato circa un mezz’etto a salire quassù, mentre io mi intrattengo con una Gagea che se la mando ai botanici manco sanno che è. Dopo faccio le foto nell’orlo dello strapiombo sia mai mi venga un mancamento libero quel poraccio da tutte le incombenze di venirmi sempre appresso. E quindi tocca cercare la grotta che ci dicevano Giammichele e Rosaria “stretta stretta in discesa con in fondo una pozza d’acqua che quellidelcai non volevano infilarsi”. Perché, noi si? Infatti la cerchiamo alla vateciava e non la troviamo affatto. Però il Nozz ha un moto di ardimento e mi propone di andare a ficcanasare nei calcari tormentati sulla sinistra “ti va di venire? “eia, di corsa!!” …sehh sui campi solcati....ci sparpagliamo e non troviamo niente di grottifero ma io la solita Gagea vallelapesca, peonie, narcisi e amenità varie. Però questa è zona da mufloni. Quest’anno ancora non li abbiamo visti e la cosa ci preoccupa, tutti morti di siccità saranno. Poi si spostiamo sulla destra per salire un cucuzzolo panoramico che spazia su tutto il calcare da esplorare e qua elaboriamo future escursioni in un posto incredibilmente cattivo che per arrivarci è tutto un programma. A dire il vero ci sarei andata anche subito ma il Nozz accusa la salita e il tempo minaccia pioggia. Ancora!!! Invece no, torniamo a Dorgali sani e salvi pieni di nuovi fronti esplorativi da investigare. Ajò

8.5.2018. Dorgali
Pioveeee!! E allora? L’acqua serve, niente paura, andiamo in biblioteca ad istruirci sui nuragici. Ma ci viene fame, torniamo a S’eranile a mangiare le fave di Maria e poi di nuovo in biblio. Ci vado a piedi però, che mi piace camminare sotto l’acqua respirando l’odore delle erbe sarde e ciò mi mette assai di buonumore. Restiamo fino alla chiusura e poi ne approfittiamo per andare a pranzo da Dimitri Asso di Pizze, consigliatoci da Giorgio. Ottimo posto davvero, menù a pezzo fisso 13 euro, il Nozz mangia la pasta io il secondo e mi bevo tutto il vino che ci spetta. Visto che non son abituata vado di onda, ma il vino scalda e mette allegria. Eccoci di nuovo a S’Eranile, m’accingo mezza sbronza a lavorare sul sito botanico finchè m’accorgo che non piove più. “Ajò che vado a vedere il Flumineddu in piena!” e m’incammino sperando di non trovare il branco di cani inselvatichiti che mangia pecore, conigli e passanti ignari. Arrivata alla curva prendo la sterrata sulla sinistra che diventa presto uno stretto sentierino nuragico tra due muretti. Ci sarà ancora il sentiero? Gironzolo un po’ cercando la via più larga ma no, è proprio l’esile traccia tra bagnatissimi lentischi, ferule, cisti, ben contenti di lavarmi i calzoni gratis. Dopo un po’ riconosco che si, è proprio questo il sentiero, ridotto quasi a torrentello. Sul lato destro c’è la cava e più avanti si vede proprio l’ingresso di Corallinu, in mezzo il torrente con una bellissima cascata, sotto il Flumineddu. Ajò che devo fotografare! Scopro che la digitale è senza batteria. Va ben, proseguo ancora ma la traccia è scivolosissima e parecchio bagnata, già sento l’acqua entrare negli scarponi e poi, una volta al Flumineddu, che mi fotografo che non posso? Dai che torno indietro ad asciugarmi. A S’Eranile è arrivato anche Giammichele e ci mettiamo a filosofare sul Teucrium fruticans che è spuntato da Pietro non si sa bene come né perché. “E i funghi son spuntati con tutta st’acqua?” chiede il Nozz. Nudda, ancora troppo bagnato è.

9.5.2018. Nuraghe Biriai
“Ajò che non piove, vi porto a nuraghe Biriai” ci dice Giammichele “Biriai? Mai sentito” risponde Pietro. Bon, non l’ha sentito perché sta in territorio di Oliena e si sa, Dorgali e Oliena sono come Atene e Sparta. Per arrivarci percorriamo stradine di campagna che mai avremmo pensato esistere nel verde territorio tra Dorgali e Oliena. Sergio si prende la traccia perché già sa che ritrovarlo è impresa ardua anche per chi non soffre di incipiente Alzheimer come noi. Finalmente parcheggiamo per proseguire a piedi con il solito salto di cancellate “le hanno messe gli archeologi?” “no, il padrone dei terreni”. Chissà cosa coltiva sto qua, cardi spinosi, lentischi ed erbacce invasive che tentano invano di intralciarci il percorso. Giammichele però prosegue intrepido fino a inerpicarsi su un grande masso granitico che troneggia tutto il territorio. “Questo sarebbe il nuraghe?” penso tra me e me. Invece. Arrivata in cima non vedo più né Giammichele né il Nozz. Inghiottiti dal masso che in cima presenta una ripida scala che conduce nelle viscere di Pizzo Biriai. E’ il nuraghe! Scendo pure io e vedo una finestra che si affaccia nell’abisso, una nicchia per la guardia nuragica e il vero interno nel nuraghe abitato da un Plecotus, volgarmente detto Orecchione. Io e Giammichele lo fotografiamo pensando sia l’endemico e raro Plecotus sardus scoperto da Mucedda. Lui si mette anche in posa passando con le zampette da un masso ad un altro del soffitto. “Questo è un protonuraghe, molto antico, tra i primi ad essere costruiti” ci spiega Giammichele mentre ci porta per campi incolti a vedere menhir e villaggio nuragico pertinenza del nuraghe che controllava, vista la posizione, tutto il territorio circostante. Tò ci sono anche schegge di ossidiana! E’ ancora presto e ci resta da vedere il Nuraghe Neulè, stavolta nel territorio di Dorgali. Altra strada più lago che strada, altro sentiero pieno di erbacce e pozze d’acqua. Incuranti di ciò arriviamo al nuraghe che è tozzo, basso e grosso, con tre vani all’interno. Intorno una pozza nuragica all’interno di una costruzione tonda e tantissime capanne, tutte immerse nella lussureggiante vegetazione esplosa con le piogge recenti. Visto che si è ben bagnato i piedi Giammichele ci abbandona al nostro destino e noi, stavolta, andiamo a funghi a Ghivine. Funghi niente ma processionaria a dismisura, pendente da ogni quercia. Il Nozz fa a bastonate a 360° come un rodomonte ma fatti pochi passi non ne può più. Nemmeno io che ogni volta rischio una bastonata vagante “andiamo a ziu Martine a prenderci un po’ di sole” propongo. Il sole c’è quanto basta, va e viene e mi fa passare dal pile al costume ogni 5 minuti. Certo il libro non c’è l’ho ma sto togli e metti mi fa passare il tempo che è una bellezza. “Va ben, ne no preso quanto basta” dico dopo un po’ “torniamo da Pietro e Maria che ci aspettano”. Si ci aspettano con i maiali squartati “volete un pezzo di fegato? Io lo mangio crudo” ci offre Pietro. “No grazie” risponde il Nozz gentilmente “sei un vero nuragico” gli dico che vorrei anche assaggiarne un pezzo così com’è. Invece ce lo cuciniamo con le cipolle, assieme al cuore, per far contento Pietro, si capisce!

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