va ai sentieri dei Monti Simbruini: monte Autore, Cima di Vallevona

Monti Simbruini

Inquadramento geografico

La catena dei Simbruini inizia tra Arsoli ed Oricola, sullo spartiacque tra la valle dell'Aniene ed il lago del Turano.
Continua poi con costiere via via più elevate, ripide sul versante occidentale (Aniene) e meno su quello orientale.
Principali vette sono: il M. Calvo (1591 m) che domina i campi carsici del Livata e di Campaegli, il M. Autore (1855 m) e poi, al di là della profonda incisione della valle del Simbrivio che sale da Vallepietra al Santuario della SS.Trinità, le maggiori elevazioni del. M. Tarino (1961 m), del M. Cotento (2014 m) che domina Campo Staffi, del M. Viperella (1836 m).
Al di là il Valico della Serra (1608 m), traversato dalla carrozzabile che unisce Filettino a Capistrello, è il punto di confine con i Cantari.
Questo settore di catena è compreso interamente nel Lazio: il confine regionale corre lungo Fosso Fioio, traversa Campo Ceraso, raggiunge lo spartiacque Sacco-Liri solo nella zona di M. Viperella.

Inquadramento geologico

Se consideriamo la catena appenninica suddivisa, in senso geologico, in un arco settentrionale caratterizzato da una sedimentazione continua in facies di bacino fin dal Lias medio, ed in un arco meridionale caratterizzato da una sedimentazione in facies di piattaforma carbonatica, dal Triassico superiore al Miocene medio (con l'interruzione della cosiddetta "lacuna paleogenica"), il gruppo montuoso dei Simbruini è localizzato nelle zone più settentrionali ed all'estremo occidentale dell'arco meridionale. La fascia di separazione fra i due archi corrisponde alla linea tettonica nota in letteratura, sia pure in modo improprio, come "Ancona-Anzio",che decorre da Olevano Romano ad Antrodoco fino ai Monti Sibillini. Tale linea è stata attiva dal Lias medio al Pliocene.
I Monti Simbruini sono costituiti in affioramento quasi esclusivamente da unità mesozoiche in facies di piattaforma carbonatica, di età compresa tra il Triassico superiore e parte del Cretacico superiore. Esigui affioramenti di depositi più recenti, sempre carbonatici ma in facies diversa ("calcare saccaroide" di età maastrichtiana, e "Calcare a Briozoi" del Miocene inferiore), si hanno solo alla periferia settentrionale della dorsale.
Depositi di natura silicoclastica, riferibili al Miocene superiore, compaiono solamente a SE nelle valli del Fiume Aniene ed in quella, priva di nome, tra i Monti Affilani e i Monti "pre-Ernici", a NE nella Valle Roveto, a N nella Piana di Carsoli.
Tratti anche estesi di coperture quaternarie, in genere rappresentate da conglomerati e brecce calcaree di varia origine, completano il quadro degli affioramenti.
Dal punto di vista tettonico i Monti Simbruini -ricalcando uno stile regionale- sono costituiti da una serie di accavallamenti verso NE (i principali sono una decina), a basso angolo (al massimo una trentina di gradi), che vengono a definire altrettanti elementi strutturali con specifiche caratteristiche lito-bio-crono-stratigrafiche. Tra loro differenziate. L'intero gruppo montuoso risulta a sua volta accavallato verso NE - con raddrizzamenti e rovesciamenti più o meno parziali- sulla antistante depressione della valle del Liri (o valle Roveto).

Il territorio è ricco di fenomeni carsici (inghiottitoi, campi solcati, doline) e di interessantissime grotte.
Fra le più importanti ricordiamo:
l'abisso di Camposecco nel comune di Camerata Nuova;
la grotta dell'Inferniglio e di Creta Rossa nei pressi di Jenne;
la grotta del Simbrivio a Vallepietra;
la grotta del Pertuso nel territorio di Filettino, presso i confini con il comune di Trevi nel Lazio.
Il G.S.G. (attualmente Gruppo Grotte Castelli Romani) nei Simbruini:
grotta a Damiano
Pozzo di valle della Dogana
Prosecuzione Santa Maria dei Bisognosi
l'Upupa
Il Grifo (prosecuzione)
Itaca (prosecuzione

Il Parco dei Monti Simbruini

Il Parco dei Monti Simbruini, istituito nel 1983, si estende su circa 30.000 ettari e comprende i comuni di Camerata Nuova, Cervara di Roma, Filettino, Jenne, Subiaco, Trevi nel Lazio e Vallepietra.
Tra i 1200 e 1800 metri di quota si estendono magnifiche faggete, sorbi montani, tasso, acero montano. Più in basso, i boschi di roverella, carpino, orniello, acero, leccio, nocciolo. All'inizio dell'estate vi sono magnifiche fioriture di genziane, narcisi, gigli, viole e molte specie di orchidee selvatiche.
Tra i mammiferi sono presenti il lupo, l'orso, il capriolo, il tasso, la volpe, il gatto selvatico, l'istrice, la martora, lo scoiattolo, la faina, il cinghiale. Tra gli uccelli l'aquila, il falco pellegrino, la poiana, lo sparviere, l'allocco, il gufo reale la coturnice. Nelle acque dell'Aniene e del Simbrivio vivono la trota fario, il barbo e il gambero di fiume. Molte le specie rare tra gli insetti e gli anfibi, tra i quali la salamandrina dagli occhiali.

La flora

La vegetazione del comprensorio dei Simbruini è ricca e importante: non solo vasti querceti e dense faggete ammantano le pendici del massiccio, ma più in alto si afferma una flora tipica dell'alta montagna, comprendente primule, crochi, soldanelle, genziane, carline, sassifraghe e mille altre specie, tra cui il ribes alpino ed un interessante endemismo centro appenninico, il semprevivo italico. Alle foreste cupe e rigogliose si alternano radure verdissime e calme, dove spesso troneggiano imponenti colossi ultracentenari d'acero e di faggio: nei luoghi più umidi ed ombreggiati crescono felci, muschi ed equiseti e sulle pendici meglio esposte al calore dei raggi solari si abbarbicano piante mediterranee come il bosso, il ligustro, il pistacchio e la fillirea.
Caso più unico che raro poi la presenza di diverse specie di orchidee: una presenza che, da sola, merita una visita al Parco.
I Simbruini ospitano attualmente una copertura forestale che, da un punto di vista quantitativo e qualitativo, si può definire ottimale: circa 22 000 ettari di bosco. La copertura boschiva è, comunque, in sostanza, quella tipica dell'Appennino laziale-abruzzese: alle quote medio-basse prevale il bosco misto di roverella, carpino, cerro (nei siti più umidi), ma ci sono due vaste zone che presentano un'importante particolarità, vale a dire un'estesa popolazione di leccio, che fra Cervara di Roma e Subiaco e, più a sud, fra Subiaco e Jenne, si spinge a quasi 1200 metri di quota.
La formazione vegetale dominante è però la faggeta, che interessa una fascia altitudinale compresa tra i 900 ed i 1500-1900 metri
Il faggio che predilige climi temperati e oceanici, caratterizza e domina gli ambienti montani dell'Appennino mostrandosi in tutta la sua potenzialità di forme.
Le fustaie di faggio presentano a tutt'oggi caratteri di ricchezza e spettacolarità degne delle foreste del vicino Parco d'Abruzzo. Dalla severa e cupa selva colonnare della Tagliata si passa alle grandi faggete disetanee del vallone dell'Autore e dell'immenso comprensorio Faito-Valisa-Sorgenti dell'Aniene, fino ai cedui composti e invecchiati, prossimi a raggiungere la dignità di bosco adulto e maturo, sparsi un po' ovunque.

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