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Monte Semprevisa da Segni (Escursione)

Antefatto Quando Giorgio manda l’invito all’escursione rispondo sempre siiiiiiiiiiiiii, a prescindere, senza guardare dove si va, quant’è il dislivello o la distanza, per me è sempre tutta una sorpresa. Ma stavolta chi decide è Arnolfo “andiamo al Semprevisa da Segni, 1100 dislivello per 13 km”.
Niente meno, non dal classico Pian della Faggeta, macchè, oggi si parte dal punto più distante e più basso, quasi quasi andandoci a piedi da casa.

L’epica impresa: Con la solita mezz’ora di anticipo aspetto i miei amici al bar che è ancora chiuso, sono la prima avventrice ma poi eccoli, in anticipo pure loro, che già disquisiscono di politica e si e no che mi salutano. La cosa continua in macchina che son grata della musica a palla di Arnolfo per non sentirli. Arnolfo parcheggia più su possibile, forte del detto “se non cammini all’inizio lo fai alla fine”. Stranamente non si rompe la coppa dell’olio e per fortuna (o per disgrazia) che inizia il sentiero altrimenti saremmo saliti sul Semprevisa in auto e bon. Capitiamo, guarda caso pure oggi, in piena battuta di caccia con la pretesa, da parte dei cacciatori, di andarcene che la montagna è loro, stanno dovunque in tutti i versanti e si sparano l’un con l’altro. Giorgio e Arnolfo parlamentano un po’, visto che non ci sono cartelli che indicano caccia al cinghiale, mentre osservo sti cacciatori armati fino ai denti per capire che razza di gente siano. Non sorridono, sono cupi, hanno occhi bovini nei quali non brilla luce d’intelletto, brutta razza proprio. Ciò detto, incuranti dei belligeranti, prendiamo senza indugio il sentiero 711, segnatissimo per tutto il giro. Fa un freddo tremendo per cui non aspetto affatto i miei amici, che ancora parlottano di politica, e salgo più velocemente possibile per non sentirli e per arrivare al sole in alto. Ogni tanto incontro un cacciatore assiso che mi conferma l’impressione di prima, sono torvi e lugubri fanno fatica a rispondere al saluto. E poi penso al cinghiale che si è svegliato contento, ha salutato moglie e figli e non sa che oggi sarà il suo ultimo giorno nel bellissimo bosco dei selvaggi Lepini, suo habitat di diritto e non di sta gentaccia che ha come divertimento togliergli la vita. Intanto, all’altezza della Fonte Acqua della Chiesa, mi raggiungono Giorgio e Arnolfo per deviare a vederla. Le marne a orbitoline, ben visibili, hanno creato questa sorgente suggestiva e ricca d’acqua, nei pressi un tasso secolare fa bella mostra di se. Qua finisce la comoda mulattiera e inizia una salita dritta per dritta che porta a Monte la Croce. Finisce pure la mia velleità a stare per prima e, a dire il vero, anche la loro a sproloquiare di politica, ora si sale e basta, il fiato a quello serve. Però Giorgio mi aspetta, non come gli speleo che se arrivi bon, ognuno per se, sopravvivenza ad oltranza. Non solo mi aspetta, ma ci concede una sosta alla fine della salita. Subito ne approfitto abbondantemente per vedere i vari messaggi, fare foto e mandarle onde far rosicare chi lavora alla scrivania. Cosa che è severamente vietata dal regolamento giorgesco, niente smartphone in escursione, poche soste, poco cibo, niente lagne. E via verso la cima del Semprevisa dove arriviamo prima di quanto sperassi. La vista è assolutamente fantastica perché qua brilla il sole e sotto c’è una bambagia di nuvole sospese. Il tempo di farci le foto che arrivano escursionisti ciociari con i quali Giorgio e Arnolfo intessono subito rapporti di fratellanza escursionistica. “Noi veniamo da Pian della Faggeta” c’informano orgogliosi....”come tutti” penso tra me e me, ma dico “noi dalle isole ponziane laggiù”. Perché siamo quellidelcai che non ci batte nessuno al mondo. Ora non ci resta che scendere. E non dal sentiero di prima ma con un lunghissimo giro ad anello passando per il passo del brigante, scendendo al rifugio, prendendo una comoda sterrata, scendendo per un sentiero scosceso, incontrando altre due imponenti sorgenti, rincontrando la sterrata e i cacciatori. “Che avete preso?” chiediamo, falsamente gentili “niente” e vaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii. “Merito nostro che abbiamo fatto casino” aggiunge Arnolfo a bassa voce. E’ che anche il cinghiale è scappato a sentirli parlare di politica, penso io. Solo Giorgio, che è un vero signore in tutto e per tutto, avendo trovato una pinza che s’erano persi, non solo se l’è portata appresso tutto il tempo che pesava pure un quintale, ma l’ha pure restituita invece di sbattergliela nelle loro inutili teste. Il resto del percorso è una lunghissima sterrata veramente rompicoglioni, come affermato da Arnolfo che non apprezza il camminare senza senso propedeutico ai pranzi natalizi. Già, è quasi Natale e ciascuno di noi, senza manco dircelo, ci siamo fatti regali reciproci. Perché noi siamo quellidelcai e ci vogliamo un sacco di bene, pur brontolandoci addosso tutto il tempo.
Alla prossima!!! Mg 19.12.2018

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