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Sega degli appestati (Pozzo di Monte Sant'Angelo ed altre, ricerca e rilievo)

Antefatto:Quasi finita la sede, finalmente grotte! Che si fa? Paolo propone di rilevare, fotografare e disarmare la grotta di monte sant’angelo, noi due senza sampietrini, in un’ora si fa tutto, ok, con sto programma vengo senz’ombra di dubbio.
L’epica impresa: Appuntamento ad ore antelucane nel posto più gelido del Lazio: il baretto allo stadio di Marino, oltretutto chiuso, in via “dello sbocco di bile” nelle persone di: Paolo, Federica, Roberta, Nozzolone e la sottoscritta.
Ad Itri, il paese delle “coscione certificate” si accodano Vincenzo e mogliera, con il figlioletto e la cuginetta, tutti speranzosi di giocare con la neve.
Neve? Spero di no. Invece si, arrivati davanti alla grotta di monte sant’angelo, piccola deviazione per vedere prima una specie di tanaccia schifosissima sotto le pareti. Roba che manco il più disperato dei gruppi vorrebbe per regalo, e invece noi, noi dobbiamo fare tutti i bucacci che ci propina Vincenzo nei suoi pellegrinaggi aurunci. Vogliamo perdere Vincenzo? MAI!
Così Paolo s’infila e mi tocca pure seguirlo per portargli mazzetta e scalpello. Tutto un merdaio di terraccia, sassi sconclusionati, ragnacci pelosi, stretto laminatoio che m’è venuta subito la claustrofobia. Paolo leva due e tre macigni e infine ne conviene con me che non è il caso.
Allora via, verso la cima del Petrella e la tanto agognata neve per i pupi. Lì c’è il pozzo trovato da Federica, tocca scenderlo, il tutto prima del lavoro preventivato e sperando che lo zoppo Nozzolone stringa i denti. “Sta li dietro” gli dicono per turlupinarlo e lui che ci crede pure.
I pupi, vista finalmente la neve, iniziano subito a rotolarsi ben bene dentro, con minacce di cascare nel pozzo, pianti e strepiti per i geloni, guanti e vestiti zuppi di acqua gelida e pipì irrefrenabile. Vincenzo non se ne cura affatto, fortuna che Roberta accende un provvidenziale focherello, più fumo che altro, per affumicare le creature, mentre Paolo scende nel pozzo. Il pozzo è 17 metri e poi la solita frana aurunca che stoppa ogni velleità.
Così finalmente, sbarazzatici delle creaturelle congelate, che la moglie di Vincenzo, mossa a compassione ha decretato aver apprezzato appieno la neve, andiamo alla volta della grotta di monte sant’angelo, finalmente. Ho gli scarponi completamente zuppi, che sono quelli da grotta e non da neve, e il Nozzolone si trascina vistosamente azzoppato. Sono le 16,15, scende Paolo e mi dà 5 minuti per seguirlo. Gliene accordo 7, per buona misura, e lo seguo. Manco parliamo, operativi alla massima potenza, stiamo subito in fondo al pozzo e Paolo non è contento se prima non tenta una improbabilissima disostruzione di fessura verticale in frana con due pareti che convergono come le rupi Fedriadi, impossibili da dividere.
Lo lascio fare perché penso che più che distoglierlo dall’insano proposito è la grotta stessa nella sua impenetrabilità evidente che lo farà desistere.
Infatti ne conviene che, ancorchè la grotta soffi come una stufa, abbiamo ben altre cose da fare che dedicarci a questa, per ora.
Così tira fuori l’armamentario fotografico e per fare una foto una, fa duecentomiliardi di scatti, tutti con la stessa posa immobile, che pareva m’avessero iniettato il botulino su tutto il corpo, fortuna che ha fotografato solo la sagoma di dietro che non si capisce niente e non di profilo che si sarebbe vista la tuta straboccante di panza. Va beh, tocca documentare sta bellezza di grotta, tocca. Perché i pozzi sono veramente belli lavorati stratificati, con tutte le perfette stratificazioni colorate, una bellezza scaricante direi. Fatta la foto, iniziamo il rilievo.
Paolo prende i punti e io scrivo con manacce infangatissime nel libercolo immacolato (ahi! ahi! non ho portato i guanti da piatti..), scrivo tutto grosso che per ogni punto spreco una pagina. Operativi al massimo, non perdiamo tempo.
Paolo sale la strettoia e io disarmo, poi mi metto sotto la strettoia zitta immobile col libretto aperto ad aspettare che mi detti le misure. E lui sopra zitto immobile che aspetta che salgo. Quella che si chiama “l’incomprensione”. Dopo enne minuti Paolo si preoccupa “non sali?” e io “non detti?” preziosi minuti sprecati. Salgo come un fulmine e Paolo vuole che mi porti via la corda lasciandolo in bilico con una frana sotto e una sopra. “ A Pà, mi sa che è meglio che un capo di corda te la tieni…” piccolo particolare..Non sprechiamo altro tempo che qua non ci stiamo mettendo solo un’ora, ahò! Svelti, svelti seguitiamo a rilevare e disarmare e poi via, fuori nel freddo buio che c’abbiamo messo quasi due ore...mihhhh ci stiamo sampietrinando!
La macchina del Nozzolone non parte, ma lui sa già che con un pezzo di rame risolve il problema, non sta mica a pettinà le bambole, ci sono le cosce itrane dop che l’aspettano frementi e marmorizzate dal freddo. La famosa coscia marmorea. Invece delle cosce itrane, però, c’accoglie un’ immusonita pizzarola che, tagliataci la pizza con malo garbo, ci guarda assai di malocchio perché non ce la mangiamo di fuori al freddo gelo, e ci chiede a brutto muso: “ma voi chi siete? Che portate?che lavoro fate? Da dove venite?” risponde Paolo, tutto contento del suo interessamento, dicendole che siamo speleologi e lei risponde “no, perché io sono allergica e l’ultima volta che siete venuti qua sono stata malissimo tutta la notte” ..ecco fatto….Abbiamo deciso, quindi, per il futuro, che per vedere le famose cosce Itrane e mangiarci anche la pizza ci porteremo la tuta antiatomica di Irene, comprensiva di cappello-burqa, copri scarpe e campanaccio da lebbrosi…
La prima sega dell’anno a chi va? A Paolo per imbranamento cordoso in grotta (anche Paolo talvolta è umano…).
Alla prossima!Mg 2.1.2011
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