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Via attrezzata Scaloni – Cavre –dell’Anglone

17.9.2020 Via attrezzata Scaloni – Cavre –dell’Anglone
Dopo una giornata di riposo, si fa per dire, una centrifuga di parenti, eccoci pronti ad affrontare la giornata. La sera prima è piovuto per cui non ci pare il caso di fare la ferrata di Rio secco, inforrata e ritenuta viscida. Allora che si fa? Il Baldo a cercare fiori baldensis? No troppo caro tutto e pure distante, il Bondone? Troppo vento. “Trovato!!” dice Sergio cartine alla mano “la via attrezzata delle Cavre, abbastanza vicina e facile”. Se la fanno le cavre..penso, ma le cavre, in realtà sono treppiedi di legno per la teleferica, sopra la parete dell’Anglone. Si parte da Ceniga, nella Valle dei Laghi, che, a detta di Francesco, è molto calda, piacevolissima d’inverno. Scendiamo dalla macchina e sentiamo immediatamente la differenza di temperatura da Monte Terlago, qua crescono olivi e banani. Ma tant’è qua siamo. Attraversato il Sarca sul ponte Romano, che regge meglio dell’ex di Genova, c’inerpichiamo nel ripido sentiero che porta alla via attrezzata. Maronna che caldo. Grondiamo sudore come la meta sudante e siamo fusi già all’attacco. Ciò nonostante, messo l’imbraco, affrontiamo questo sentiero attrezzato, in realtà molto semplice, tutto scalpellato, con gradini incisi nella roccia. Da chi? Da Sartorelli Stefano, nato nel 1852 morto nel 1894, sicuramente di stenti a furia di scavare, messe le sue iniziali è defunto e il nipote pose la lapide. Oltre ai gradini ci sono anche comodissime scale, da ciò il nome “degli scaloni”. Per fortuna la via è intervallata da passaggi nel bosco, ricco di boleti mezzi secchi ma tutti da studiare, che non sono i soliti che conosciamo noi. Se nessuno li ha raccolti dì pure che sono tossici, manco l’orso li mangia. Ogni tanto Sergio si ferma e mi legge la descrizione “dovremmo arrivare a Dos Tondo, mancheranno 100 metri”. Guardo in alto e mi prende lo sgomento “lassù?” “penso di si” “ma saranno almeno 600 metri se va bene”. Non era lassù, fatti pochi passi ci arriviamo e poi alla deviazione per le Cavre, all’antico insediamento su ripari sottoroccia, alle vasche di stillicidio quasi secche e infine al pianoro Crozolam. Qua mangiamo, a vederlo sembra uno dei parchetti cittadini, c’è tutto, baita, cannocchiali con l’indicazione dei monti, cartelli coi nomi delle piante e anche un orto delle specie aromatiche, nonchè l’indicazione per una grotta “Coel”. Cosa che desta un grande interesse, subito scemato dal fatto che dovrei fare altri passi in più. E dire che tutto sto bendiddio sta tra due ferrate, una che sale, una che scende, che pare di stare a Sos Bardinons solo che al posto del Flumineddu c’è il Sarca. Ora si tratta, appunto, di scendere, non facciamo in tempo a rallegrarci del bosco di lecci ombroso che rieccola la ferrata sotto il sole cocente. Centelliniamo l’acqua che ci servirà anche per tornare da Dro a Ceniga, per fortuna per comodo sentiero. Fossi un imprenditore trentino avrei messo un bel punto ristoro con birra fresca. Vagheggiamo di farci il bagno nel Sarca ma quando ci arriviamo il sole se n’è andato e non ci resta che prosciugare una fontana di acqua freschissima. Si, ma la birra? Eh no, siamo convocati da Francesco a Trento, “la birra qua”. Così in fretta e furia ci tocca tornare a Monte Terlago, farci la doccia, vestirci eleganti e parcheggiare in tanta malora a Trento smadonnando che i vestiti eleganti son pure caldi e la strada per l’appuntamento è lontana quasi come Dro- Ceniga. “Ciao Francesco e la birra?” “Ma quale birra, dovete prendere l’aperitivo come i trentini”. Ci fa praticamente ubriacare con certi intrugli pocciosi che ci fanno rimpiangere la vagheggiata Radler. Certo che sti trentini…..

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