pagina successiva
pagina precedente
torna all'indice
torna a viaggi
torna al menu
28.3.2014 Cuile Piddi Eranu ci sveglia con un panorama mozzafiato, una corona di monti supramontani tutti da salire “venite venite” ci chiama il Corrasi e noi dove andiamo? A Baunei. Perchè Giammichè c'ha preparato una bella escursione misteriosa. Non ci resta che seguire Giammichele che non si ferma manco a prendere un caffè, ci schiaffa sopra il Golgo per strade stradette finchè decide che da qua parte il sentiero. Non c'è che una misera traccia ma noi fiduciosi siamo. Anche quando invece di seguire gli ometti e una traccia buona, prende per deviazioni su deviazioni “non c'è da sbagliarsi” e c'indica tragitti a non finire “domani andate là, dopodomani lassù” e via discorrendo che non ci basterebbero tre vite a farli tutti. Davanti ad uno strapiombo c'indica un'ovile diruto a metà parete. “E' là che dobbiamo andare?” “no, soffrite di vertigini?” come dire, quella è robetta, c'è di peggio. Ovvio che non soffriamo di vertigini, anzi, siamo assai incuriositi. Una pozza d'acqua stagnante dovrebbe essere il nostro rifornimento idrico, ben, meno male che abbiamo il thè. Però visto che lui la beve non voglio essere di meno, la bevo pure io come il rosolio, è leggermente aromatica per via delle foglie di leccio e forse mi sarò bevuta qualche bestietta acquatica ma mi pare proprio meglio del thè. Poi vediamo una mandra e diamo in escandescenze “che bella, che capolavoro” e via a fotografare, tra l'altro anche spugne fossili che qua i fossili si sprecano. Giammichele però sta avanti al cuile piddi. Una meraviglia incredibile, opera d'arte con sopra una specie di cappello tipo nido di cicogna. “A che serve?” “è un comignolo, il fumo esce di lato e la pioggia non entra” come dire, ignoranti di continentali che non siete altro. Pensavamo di aver visto il meglio del meglio e già eravamo appagati. Macchè, ci manca lo strapiombo. Una roccia tutta staccata dal contesto e sotto 350 metri di parete con acqua cristallina incorniciata da ginepro contorto. “Salta” mi invita Giammichè “sta parete l'ho staccata io a furia di spingere”. Pensavamo di aver finito tutti gli aggettivi superlativi per descrivere la bellezza del posto ma Giammichele ci porta sullo strapiombo più strapiombante, mi fa mettere proprio su una rocca aggettante mi dice “guarda giù”. Mihhhhhhhhhhhhh la spiaggia di Biriola. Non ho più aggettivi superlativi assoluti da aggiungere, finiti tutti prima. Dire che questo è il posto più bello dell'orbe terracqueo l'ho già detto, e sta veduta la conferma. Siamo senza parole dalla stupendità del luogo, il Nozzolone dice “grazie Giammichele di averci portato qua”..e di non averci buttati di sotto, aggiungerei. Al ritorno c'insegna come arrivare a Biriola per scala di ginepro che solo m'immagino l'ardimento. Poi vediamo 4 tedeschi carichi come muli, “dove andate?” chiedo “al selvaggio blu”rispondono. Al chè Giammichele decreta che stanno facendo la strada alternativa, il selvaggio blu passa di sotto. Sì a metà strapiombo. Sosta mangereccia alle piscine del Golgo, così vado a vedere Su Sterru, 270 metri di pozzo in libera, approposito di ardimento. A scendere scendi, ti si consumano le rotelle del discensore, a salire chiamate il CNSAS!!! ma niente minestrine.. no niente minestrine, Maria ci ha messo all'ingrasso con i prodotti della sua terra, delle sue pecore, galline e di tutto e di più, ajò!

29.3.2014 Cala Biriola. Cosa facciamo oggi è presto detto, scendiamo a Cala biriola. Ciò perchè il tempo è incerto, il Corrasi innuvolato, e c'è la certa prospettiva che se aspettiamo qualche giorno ci scordiamo pure il sentiero. Quello che c'ha insegnato Giammichele. Così presi da raptus irrefrenabile arieccoci al Golgo per strade stradette. Che da Erano al Golgo è come da casa nostra al Petrella. Stesso tempo. Stavolta ci portiamo viveri, acqua in abbondanza, corda e cordini non si sa mai. Carichi come dire. Eccoci al bivio per Cala biriola, seguiamo gli ometti e già ci pare un gran selvaggio blu, tutte arrampicatine e poi zac, basta ometti. Il Nozzolone dà la scientifica spiegazione “non li hanno messi perchè è evidente, sta dentro il canale”. A me pare strano perchè prima c'erano anche nell'evidente e dentro il canale è tutto un ginepraio inestricabile. Bon, mentre lui scende e si ferma su salto ardimentoso “di qua non si passa”, io vado prima a destra: parete di 350 m a picco, poi a sinistra, ginepro con parete a picco ma di una ventina di metri, dall'altra parte vedo una specie di passaggio di ginepro “vuoi vedere che è di là?” mi ascolta solo l'aquila reale perchè il Nozzolone sta già risalendo “non è questo il sentiero”. Va beh, prende quello successivo e scende deciso, passa per il traverso aereo, 350 metri di salto sopra biriola e finisce su un niente, guarda bene e vede la corda d'acciaio che parte. Mihhhhhhh. Scendo io perchè ho le gambe buone e peso di meno, passo sul traverso di ginepro, quello visto dall'altra parte, e riprendo una corda di corda “scendi, non c'è da preoccuparsi, sta leggero sul ginepro”..che non si sa mai. Arriviamo su un ripido sfasciume con crollo recente, a destra, parete a picco sul mare, soliti 350 m, a sinistra scala di ferro tenuta con ferretti diocisalvi. Ariscendo io e sento sta scala mezza nazzicante “scendi che non c'è pericolo” mi metto sotto perchè se casca lui e la scala almeno atterra sul morbido e al limite muoriamo tutti e due e bon, che tanto vecchi siamo. Ora per facili roccette, con rayban abbandonati da qualche precipitato, arriviamo a un sentiero nella leccetta. Bello, ci pare si stare già a biriola. Invece, macchè, continua una cifra in là e poi scende ripidissimo in giù per arrivare a un conglomerato tipo Palmasera. Quello che a detta di Pietro e Giammichele è duro più del cemento armato. Ci pare di cascare direttamente dentro l'arco di roccia in mezzo al mare ma tiene. Arrivati siamo. Ora potremmo andare alla spiaggia ma il Nozzolone si dirige verso l'arco, a vedere se tiene la sua mole e io resto a fotografare l'evento di lui che casca e rompe la meraviglia della natura fotografata in tutte le guide sarde. Non so com'è ma si ferma prima e si stravacca su piana rocciosa, l'arco è salvo e io vado a fotografare per ogniddove tranne che alla spiaggia spiaggiosa, troppo lontana per i miei gusti, toccherebbe riscalare il conglomerato, ahò, sono segnata al CAI Napoli, famo a capirse. Restiamo a mangiare per buona mezz'ora dopo di chè il Nozzolone dice che si fa buio. Sono le due, va beh che siamo mezze seghe ma c'è da risalire sta parete di 350 metri, fatte conto come tornar su da Pandora, e che ci vuoi mettere? Massimo due ore. Infatti ci mettiamo di meno, un'ora e mezza con soste comprese. É peggio il ritorno a Eranu, torniamo alle 7 di sera e Giammichele è assai preoccupato. “Giammichè, Baunei è lontana e poi abbiamo anche fatto il sentiero sbagliato”. Lui lo sa bene, sta ancora aspettando che troviamo la chiocciola della grotta di San Giovanni, ce l'avrà insegnata duemiliardi di volte ma noi niente,de coccio peggio del conglomerato di Palmasera.

30.3.2014 Corrasi Come d'accordo oggi sarebbe giornata di riposo, l'anca del Nozzolone strilla nonostante quintali di antidolorifici e il tempo non è buono, come dimostra il Bardia incappellato. Guardando le previsioni scopriamo che lunedì è ancora peggio. Che si fa? Il Corrasi ci guarda ridendo, pieno di sole che levati. Subdolamente convinco il Nozzolone con la guida botanica “c'è il sentiero delle orchidee del Corrasi che cammini e basta” mica aggiungo....sulle sei ore. “Andiamo!”. Per strade traverse, che qua il ponte per Oliena è crollato e il Cedrino ha fatto disastri dovunque. Lasciamo la macchina dopo Maccione, scendiamo e un vento gelido ci ricorda che è ancora marzo e lui in terra sarda...padrone è. Stranamente il Nozzolone, che odia il vento, non profferisce verbo e se ne va baston bastoni dritto dritto sulla sella laddove si scatenano gli elementi, si volta e penso “mò mi dice tu sei tutta matta torniamocene a Eranu” invece no “per la grotta Orgoi ci vorranno 3 kilometri”. Sogno o son desta? Quella vagheggiata dalla prima volta che misi piede sul Corrasi?” “Andiamo!!” come se i 3 kilometri di montagna fossero quelli che mi separano dalla stazione a casa. Prendiamo il sentiero che scende per Palumbrosu, nonostante il vento sferzante la valle c'acchiappa il cuore, calcare dovunque e sembra di stare a badde Pentumas. Una cinquantina di mugrones sfreccia più in alto e cominciamo a fare le prime arrampicatine nei salti della valle che diventa torrente. Mi gaso un sacco finchè il Nozzolone m'impedisce di fare l'ennesimo salto che pare proprio pozzo, dopo ce n'è uno più fondo e vorrei vedere di quanto. E grotta Orgoi? Troppo distante, me la indica, effettivamente dovremmo risalire una montagna intera e con l'anca dolorante non è il caso. Però per tornare prendiamo una traccia che si rileva essere il sentiero “sas tavules”. Il nome deriva dai lastroni di calcare che sembrano proprio tavole. Prima di tornare ci affacciamo sulla cima di sto posto e vediamo un panorama da sindrome di Stendal da restare stecchiti dalla bellezza (come tutti quelli di sto sputo di Sardegna che non c'è di meglio al mondo). Vorremmo percorrere tutti sti posti sopra, sotto (soprattutto sotto che c'è Su Bentu) davanti e dietro. Dietro, cioè tornare bisogna. Che stiamo pure un'ora avanti e come niente si fa notte legale, cioè è giorno ma sarebbe notte. Tornando il vento cala e subito mi vengono le peggio caldane, buono, teniamole per Eranu. Mi sovviene che abbiamo fatto un sacco di strada, niente orchidee, troppo presto, pochissimi fiori ma ne valeva la pena, vero Nozzolò? Tra l'altro c'è sempre stato un bel sole, altro che brutto. “Domani non mi freghi, bello o brutto che sia, si va a cultura” bon, speriamo nei nuraghi.
continua...
pagina successiva
pagina precedente
torna all'indice
torna a viaggi
torna al menu