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Monti Picentini

Antefatto: “Dove sei andata, Elena, domenica?” “pensa, ho fatto un trekking di 3 giorni nei Monti Picentini con QuellidelCAI” “E’ da una vita che ci voglio andare!! Come sono?” “belli e ci sono pure una grotta e una ferrata”. Detto fatto, Nozzolone concorde, eccoci a Montecorvino Rovella, la nostra base.

19.10.2017 Grotta dello Scalandrone Come sono sti Picentini? A vederli, così d’acchitto non sembrano granchè. Sotto è tutta argilla bianca e franosa, un boscamento can ma pieno di castagni, strade malmesse tipo terra dei fuochi, sopra un calcaraccio mezzo conglomerato. Ma c’è acqua, tanta, esce dovunque con fontane e ruscelli. Terra fertile e acqua, Campania felix. Mentre saliamo da Montecorvino Rovella al Rifugio, un tizio, senza troppi complimenti prende e entra in macchina “datemi un passaggio” il Nozz tenta di tergiversare, “non so se c’è posto” e quello se lo fa, tra zaini e panni stesi. Na puzza sto tizio “stavi raccogliendo olive? “no, castagne”. Ambè. Poi di botto “sono arrivato, grazie, il rifugio sta tra un’ora” a piedi, voleva dire. Mica siamo quellidelcai. Rigorosamente in macchina, 5 minuti. Il cartello indica “Grotta dello Scalandrone 500 m” e noi portiamo la macchina più vicino possibile, il modalità spelea, fatica zero. In men che non si dica ecco la passerella che porta alla grotta e la lapide d’ordinanza di quello morto quando le passerelle erano di legno marcio. Chissà che ingresso che mi aspettavo, tipo buso della Rana, come minimo, invece fai un angolo e vedi un passaggio tipo grotta di San Benedetto alla Mentorella. Entri e senti il fiume scrosciare. Tutti i recettori spelei si rizzano di botto. E vai!!! Grottaaaaa!! Si ma al fiume come ci si arriva? Tutto viscido scivoloso. Fortuna che il Nozz ha una corda e la piazza su clessidra della proloco. E bon, scendiamo al lago. Sopra, dove scende la cascata, c’è un’invitante corda ma bisogna attraversare sto lago. Mettici pure che non abbiamo l’imbraco né bloccanti. Ci limitiamo a far foto. Tentando di farle come si deve. La solita palla immonda, per cui fatte tre, grasso che cola, usciamo a riveder le stelle. Mica, ancora no, ci aspetta il B/B prenotato. Sta sotto una strada chiusa per frana, immerso in oliveto pienissimo di olive, ottimo sotto tutti i punti di vista. Col padrone siamo quasi colleghi direi, ho anche l’impressione di averlo conosciuto per lavoro, chissà. Manca solo internet. Allora, invece di farci il solito piatto di pasta, decidiamo di cercare qualcosa di mangereccio con wifi. Il padrone ci consiglia una trattoria sperduta dove si mangia bene molto economicamente. Si passa per la strada chiusa per frana. “Non vi preoccupate, è chiusa ma ci passano tutti”. Pure noi, fortuna che non piove. Troviamo la trattoria che, stranamente, visto il posto solitario, è aperta e ha anche il wifi. Mangiamo benissimo spendendo pochissimo. Campania felix. E per tornare, incrociamo le dita, la strada regge

20.10.2017 Monte Savina Giornata splendida e soleggiata, l’ideale per salire i Picentini, invece che smoggose zone padane. Il sentiero prescelto dal Nozz parte da Croci di Acerno. Prima però compriamo pane e companatico ad Acerno scoprendo che qua i prezzi sono veramente bassi. Non così il sentiero. Lasciamo la macchina davanti al 105, al confine tra Salerno e Avellino, e prendiamo lalleri lalleri la mulattiera. Ad una certa il Nozz si stoppa “torniamo indietro, abbiamo superato l’imbocco del sentiero 190”. Veramente non ho visto alcun imbocco. Infatti non c’è, devi salire su una ripidissima china bianca argillosa e toh, c’è il segno bianco rosso 190. Bon, seguiamo i segni. Facile a dirsi, seguire i segni, basta che guardi in su e li vedi. Linea della massima pendenza. All’anima, altro che CAI Napoli, questi salernitani o avellinesi sono come Antonella del CAI di Esperia. Tornanti per evitare la pendenza no? E no! Dritto per dritto fino alla cima del Monte Savina. Quasi 500 m di pettata, hai presente il sentiero che porta al Buco Cattivo armato con le corde? Ecco mancano le corde ma la ripidità è su per giù la stessa. Ogni tanto il Nozz si ferma e ne approfitta per leggermi la geologia e la storia di questi posti bellissimi. Terra di banditi era e un Messner di qua, incurante e solitario, per salire l’ignoto Ninno, sperone triangolare tra le due Accelliche, decide di costruirci un sentiero. Grazie tante. Finalmente arriviamo sul Monte Savina, davanti a noi c’è la Cresta del Paradiso e dopo parte la ferrata per Monte Accellica. Il Nozz a sto punto si ricorda della prescrizione del dottore “mi raccomando, passeggiatine semplici, tipo giro del palazzo”. No giro dei Picentini. E non ci pensa per niente a tornare indietro per la stessa strada, vuole scendere per una traccia con bolli rossi. Per arrivarci però ti raccomando! Ogni due per tre dice che ci manca poco e per giunta perdiamo pure il sentiero e ci troviamo a percorrere una traccia sotto le pareti, verso Avellino, proprio sbagliato. E va ben, torniamo indietro e riprendiamo la cresta verso la ferrata, faccia al Ninno. Su e giù. Giù appunto, vedo il Nozz ruzzolare e mi si fermano cuore, polmoni, cervello, resta solo la bocca che caccia un urlo che spaventa i salernitani al bagno. “Pensa per te” mi fa per tutta risposta, appurato che non è cascato direttamente fino al fornaio di Acerno. “E’ per me che penso, si capisce”. Che faccio senza di lui? Al massimo posso cambiare una lampadina, e se si rompe la lavatrice? Mi dici che faccio senza lavatrice? Dallo spavento mi siedo e medito se proseguire o dare di matto, visto che vede il famoso arco di roccia e pensavamo di averlo già sorpassato. “Manca poco” e dalli sto manca poco, manca poco che me pja un colpo. Come per miracolo il Nozz trova effettivamente il sentiero che scende, c’è pure scritto “bretella per il 105”. La famosa bretella del grande raccordo anulare Monti Picentini est e ovest. Mi riprendo immediatamente e ci scapicolliamo seguendo i segni. Rigorosamente dritto per dritto. Ne vediamo due e poi basta, seguiamo allora una traccia che va a destra. Notare che la macchina sta a sinistra. Ma il Nozz ha il GPS e per ora non ci siamo persi. Stanchi di andare a destra scendiamo a sinistra e rincontriamo i segni sugli alberi. Avevano finito la vernice si vede. Stavolta però la traccia è evidente mentre i segni latitano. Sono andati a risparmio. Qua si risparmia tutto, si spende poco e che vuoi che spendano per vernici? Finalmente arriviamo alla 105, sulla mulattiera, mi giro per vedere se il sentiero è evidente. Manco per niente, se lo sai lo vedi altrimenti no. Bon, però troviamo ben 5 chiodini, a risparmio anche i funghi. Presto a casa a cucinarli!!

21.10.2017 Monte Terminio Scegliere una meta adatta a ginocchia doloranti è un’impresa, però il Nozz ne trova una giusta, la salita del fiume Sabato. Concordo, oggi, sabato, è la giornata adatta. Mi avverte che dovremo trascorrere parecchio tempo in macchina, passando per Giffoni Valle Piana e su, verso Monte Terminio. Arrivati a Giffoni la strada è chiusa per frana, esclusi i residenti. Non ci resta che interrogare i residenti “si passa, si passa, ma state attenti” . Molto attentamente la percorriamo incrociando le dita, tutta la strada è costellata da massoni. Passiamo davanti alle miniere di Ittiolo, ma le snobbiamo, procedendo su e giù per boschi di castagno, straordinariamente pettinati. Come? col fuoco, una pletora di fuochi sotto i castagni produce una fumegara tipo smog di Torino che tra gli alberi filtra i raggi del sole rendendo il paesaggio assai suggestivo. Finalmente eccoci al fiume Sabato. “Oggi non è giornata” sbotta il Nozz, che già era tornato indietro a prendersi il cellulare, si accorge, ahimè di aver scordato anche il tablet con tutte le cartine. Però c’è una tabella esplicativa con i sentieri e quello del Sabato parte da qua. Dove? Non si sa, giriamo a cercarlo inutilmente, ma sopra di noi torreggia il Monte Terminio e decidiamo di salirci sopra. Cerchiamo di avvicinarci il più possibile con la macchina e la strada finisce in un ranch. Da qua dovrebbe partire il sentiero per la cima. “Dov’è?” chiedo alla ranchera, ma lei resta basita che esista un sentiero e financo un Monte Terminio, se c’è, mi dice, starà dopo l’area picnic. Quella a pagamento che, essendo autunno, è gratis e costellata di immondizia. Bon, iniziamo l’ascesa trovando qualche segno rosso qua e là, però intuitivamente seguiamo un solco torrentizio e finalmente troviamo una mulattiera con i classici segni biancorossi. Le bandierine ci conducono a scalare il solco torrentizio fino ad una radura recintata con un varco. Dalla melma e dalla captazione d’acqua si capisce che ci dev’essere un livello impermeabile, e sopra di noi, a circa 200 m di dislivello finalmente si vede la croce di cima. “Troppi” decreta il Nozz che si mette senz’altro a mangiare “invece torniamo a cercar funghi verso il Sabato, dentro la pineta”. Ma oggi non è giornata, decidiamo di tornare per Montello, Acerra e finalmente Montecorvino. Il tutto per vedere come sono i Picentini dall’altra parte. Niente male, con immensi boschi di castagno, tutti recintati. Mi aspetto, anzi spero, di trovare venditori di castagne per ogni dove. Manco per niente, chiedo alla padrona di casa dove posso comprarle “dall’alimentari” come da noi, sta a vedere, magari son castagne cinesi quelle che vendono e quelle dei Picentini? All’estero, come i limoni siculi.

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