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Monti della Laga

I Monti della Laga sono situati tra l'Abruzzo settentrionale, il Lazio e le Marche, a cavallo tra le province dell'Aquila, Teramo, Rieti e Ascoli Piceno, per la lunghezza complessiva di circa 24 km; sono divisi a nord dai monti Sibillini mediante la valle del Tronto percorsa dalla via Salaria, e a sud dalla catena del Gran Sasso dalla valle del fiume Vomano, attraversata dalla Statale 80 (un tempo era percorsa da un ramo dell'antica Via Cecilia), che culmina a monte con il Passo delle Capannelle e con il Lago di Campotosto. Il versante teramano e in parte anche quello aquilano-reatino-ascolano è coperto da fitti boschi di faggio. Sull'estremità orientale del gruppo dei Monti della Laga si colloca invece la Montagna dei Fiori che, insieme alla Montagna di Campli, forma il cosiddetto massiccio dei Monti Gemelli, separati tra loro dalle Gole del Salinello.

Ciascun versante ha caratteristiche diverse: più aspro il versante marchigiano, a dirupi e a forte pendenza quello laziale, ondulato e dolce quello abruzzese. La linea di cresta inizia nelle Marche da Monte Communitore, poi si innalza verso la cima di Macera della Morte (2073 m), punto di confine tra Marche, Lazio e Abruzzo e sale ancora fino ai 2458 metri del Monte Gorzano, il monte più alto della catena e vetta più alta del Lazio. Altre vette sono Cima Lepri (2445 m), Pizzo di Sevo (2419 m), al confine tra Lazio ed Abruzzo, Pizzo di Moscio (2411 m), Monte Pizzitello (2.222 m) e, infine, il più meridionale, Monte di Mezzo (2155 m). Sono presenti varie cascate d'acqua e cascate di ghiaccio, anche notevoli.

Geologia dei Monti della Laga

I Monti della Laga risultano costituiti da una successione torbiditica di età messiniana, nota in letteratura come Formazione della Laga. Si tratta di un corpo sedimentario di forma lenticolare e di notevole spessore (circa 3000 m), caratterizzato da un insieme di litofacies variabili da quella arenacea e pelitico-arenacea a quella marnosa. Si ritiene che l'apparato torbiditico della Formazione della Laga, interpretabile come un sistema di conoidi sottomarine profonde, costituisca il riempimento di un profondo bacino a circolazione ristretta ed in forte subsidenza, formatosi nel Miocene superiore a seguito del sollevamento e corrugamento del Gran Sasso. I Monti della Laga rappresenterebbero, pertanto, l'unica testimonianza di bacino marino profondo durante il Messiniano, per tutto il Mediterraneo (ADAMOLI, 1988).
Gli strati sono disposti a monoclinale con immersione generale verso E (cioè, come le pagine di un libro sollevato sul lato sinistro), che rappresenta il fianco orientale di una piega anticlinalica orientata NNW-SSE (Anticlinale della Laga), leggermente convessa verso W, riferibile alla fase tettonica compressiva del Pliocene inferiore-medio. L'assetto strutturale a monoclinale determina un'evidente asimmetria dei versanti: più ripido e meno esteso quello occidentale, a reggipoggio (corrisponde al dorso del libro), in particolare nel tratto M. di Mezzo - Pizzo di Sevo; meno acclive e maggiormente sviluppato quello opposto, relativo alla superficie degli strati (la copertina del libro).
Gli eventi tettonici e climatici, che interessarono l'Appennino tra la fine del Pliocene e il Pleistocene, e la natura litologica del substrato hanno improntato l'attuale configurazione geomorfologica della catena. In particolare, una faglia diretta (lunga alcune decine di km e con rigetto verticale di circa 1500-2000 metri), riferibile alla fase tettonica distensiva del Pliocene superiore, ne ha ribassato il fianco occidentale: il fenomeno è reso evidente dalla scarpata che sottolinea la brusca variazione altimetrica tra gli altopiani di Amatrice e di Campotosto e lo spartiacque principale (con un dislivello di oltre 1000 metri).
Disturbi tettonici minori (faglie trascorrenti) a prevalente decorso trasversale hanno interessato soprattutto il versante occidentale reatino; lungo di essi si sono impostati torrenti, localmente detti 'fossi', il cui profilo è generalmente caratterizzato da numerose rotture di pendenza, per l'alternarsi di rocce variamente erodibili, e quindi da una serie di cascate che possono raggiungere dislivelli complessivi di diverse centinaia di metri (per es. il Fosso di Piè di Lepre e il Fosso dell'Ortanza nel versante occidentale, il Fosso della Volpara in quello NE marchigiano).
La bassa permeabilità d'insieme della successione di arenarie e marne limita l'infiltrazione delle precipitazioni, consentendone in gran parte il deflusso superficiale o alimentando un sistema di circuiti sotterranei locali, di modesta estensione, all'interno dei corpi rocciosi maggiormente degradati o fratturati. Questo spiega, da un lato, l'erosione accelerata dei versanti più acclivi con tipiche forme "a zampa d'oca', dall'altro la mancanza di grosse sorgenti (con portate dell'ordine di mc/s) e l'esistenza di una rete di risorgenze perenni, dalle portate limitate, distribuite sin quasi sulle vette, che alimentano la circolazione superficiale (BRUNAMONTE, 1994).
L'evoluzione geomorfologica del rilievo è stata inoltre influenzata dal glacialismo del Quaternario, testimoniato da alcuni depositi morenici e da numerosi circhi glaciali più o meno conservati, da intensi processi crioclastici e dalle diffuse "deformazioni gravitative profonde" (fenomeni che si collocano tra i movimenti franosi e la tettonica gravitativa) recentemente riconosciute sul versante teramano della catena (ADAMOLI, l.c.).

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