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Le grotte
Giovanni Badino

Dipartimento di Fisica Generale, Università di Torino. Italia Associazione La Venta

Capitolo: Origini e Forme delle Grotte
Cosa sono le grotte?

Sono vasti reticoli di cavità naturali che esistono all’interno di certe montagne; a volte esse arrivano sino alla superficie esterna formando tenebrosi ingressi dai quali possiamo entrare a visitare o ad esplorare questi mondi bui percorsi solo da aria ed acqua.
Ma attenzione: la grotta è nell’interno del monte e in genere per evolversi non ha affatto bisogno di ingressi percorribili. Per questo motivo è probabile che conosciamo solo una minima parte delle grotte realmente esistenti visto che la maggioranza sono in realtà inaccessibili: all’esterno arrivano indizi che ci permettono di capire che la montagna è piena di gallerie, ma entrarci può essere impossibile.
La massima parte delle grotte che conosciamo è scavata in rocce carbonatiche (calcari e dolomie) che sono costituite principalmente da miscele di due sali lentamente solubili in acqua: carbonato di calcio e carbonato di magnesio.

Cosa sono le rocce carbonatiche?
Si tratta di grandi masse di carbonato di calcio e magnesio depositate sul fondo di antichi mari.
I piccoli organismi che compivano il loro ciclo vitale in prossimità della superficie del mare vi cadevano poi al fondo quando morivano, formando depositi di ogni sorta di residui organici (soprattutto gusci e scheletri) spesso cementati dalla deposizione diretta dei carbonati se l’acqua finiva per risultarne sovrassatura. Le vicissitudini geologiche delle decine di milioni di anni successivi hanno poi trasformato questi depositi in rocce e li hanno fatti emergere all’aria.
La variabilità delle condizioni di deposizione, dei tipi di organismi e dei successivi eventi geologici capaci di indurne radicali trasformazioni fa sì che le rocce carbonatiche abbiano caratteristiche molto diverse l’una dall’altra.

Per quale motivo si formano le grotte?
Il motivo fondamentale è che la roccia in cui sono scavate non è adatta a resistere ai milioni di anni di piogge che subisce perché è piuttosto tenera e, soprattutto, è solubile nell’acqua.
I ruscelli, all’esterno, incidono la montagna formando pareti, forre, canaloni; quando invece riescono a penetrare all’interno della roccia, attraverso sistemi di fratture, formano le grotte.
Il processo di scioglimento della roccia in acqua, nei dettagli, è molto complesso: dipende dalla temperatura (cioè dal clima, attuale e passato), dalla quantità di anidride carbonica che è disciolta in acqua, dalla portata dei ruscelli che penetrano nel sottosuolo, dal tipo di roccia, dal suo stato di fratturazione.
Il ruolo dell’anidride carbonica è molto importante perché essa acidifica l’acqua rendendola più “aggressiva”, cioè maggiormente capace di sciogliere la roccia. Di massima le acque fredde possono contenere molta più anidride carbonica di quelle calde, dato che la solubilità dei gas decresce con la temperatura. Perciò, in assenza di vegetazione, le acque fredde sono più aggressive di quelle calde.
D’altra parte la vegetazione prolifica col caldo, e produce proprio anidride carbonica; per questo le acque che attraversano i suoli tropicali, saturi di questo gas, diventano molto aggressive e capaci di incidere terribilmente la roccia sottostante.
Grosso modo si può dire che il processo di scavo di una montagna è il risultato della competizione fra le condizioni che provocano lo scavo delle grotte (passaggio di acque non sature di sali, e perciò aggressive) e quelle che causano il loro riempimento (acque sovrassature di sali disciolti e di materiali fluitati che si depositano).

Che forme hanno le gallerie delle grotte?
Ci sono tre forme di base che riflettono tre diverse origini: forme vadose, freatiche e di crollo.
Le forme vadose sono originate dallo scorrimento di ruscelli: si tratta in sostanza di piccoli cañon chiusi in alto. Sono gallerie larghe quanto i ruscelli che le hanno formate (da pochi centimetri a qualche metro) e alte da pochi decimetri a centinaia di metri, a seconda anche dell’altezza delle fratture lungo le quali ha avuto inizio il trasporto del ruscello. E’ un tipo di gallerie che si incontra di frequente nelle parti più alte delle montagne, dove l’acqua appena entrata scava con energia.
Le forme freatiche hanno invece origine da scavi subacquei, nella falda acquifera, cioè al di sotto delle risorgenze. Là sotto l’acqua non cade ma migra lentamente su e giù verso le risorgenze, scavando tutt’attorno a sé. Ecco allora che le gallerie freatiche che si formano sono tondeggianti, in genere allungate lungo l’asse della frattura che, in origine, aveva iniziato il trasporto dell’acqua. I diametri tipici di esse vanno da pochi decimetri a qualche metro. La superficie delle pareti, nell’insieme lavorata a “tutto tondo”, in dettaglio appare scavata come da grosse sgorbie, a cucchiaiate (scallop).
Le forme di crollo hanno origine invece dal pluri-millenario franare di volte e pareti di gallerie che sono andate allargandosi sino a che non hanno superato il limite meccanico che poteva essere retto dalla roccia in quelle condizioni di fratturazione. Si tratta in genere di gallerie (e soprattutto di sale, più soggette a crolli) molto ampie, di norma ingombre di frane. In realtà la galleria (o, più spesso, le gallerie), che hanno iniziato il processo sono ora sepolte fra i massi del pavimento, mentre noi percorriamo lo spazio lasciato libero dai crolli. Su pareti e soffitti si possono distinguere le nicchie di distacco dei massi, nette e non lavorate dall’acqua.
Nelle sale più vaste la volta viene spesso ad assumere una forma ad arco, regolare. La causa è che sulla cavità continua ad insistere il peso della montagna; quel che la regge è la roccia attorno e quindi avviene che nel “semicerchio” che contiene il salone la roccia è compressa e difficile a franare. Quella che invece si viene a trovare all’interno di esso è in distensione, appesa passivamente in attesa di cadere. Con il passare del tempo la sala si amplia per il crollo delle parti più instabili e, alla lunga, il soffitto finisce per coincidere con la roccia compressa in forma di “arco” che sostiene il monte sovrastante.
Le tre descritte sono le forme di base: nella realtà quello che si incontra sottoterra è un miscuglio di esse, mascherato spesso da concrezioni e altri riempimenti. Questo intrico è un libro nel quale sta scritta tutta la storia della grotta, ma si tratta di un libro che è sempre molto difficile da interpretare.

Le grotte si formano solo nelle rocce calcaree?
No, si formano in tutte le rocce solubili in acqua, perciò soprattutto nel sale, nel gesso e anche in una “roccia” molto particolare, il ghiaccio.
Si tratta in tutti e tre i casi di “rocce” estremamente solubili ma capaci di deformarsi senza rompersi se sottoposte a lentissimi sforzi geologici. Questo fa sì che le fratture siano piuttosto rare e che quindi l’acqua abbia molta difficoltà ad iniziare a penetrare nel sottosuolo, ma nei punti in cui riesce l’evoluzione della grotta che essa viene a formare diventa molto rapida ed imponente.
Le grotte nel sale sono molto rare anche perché la sua solubilità è così alta che gli affioramenti di questa roccia tendono a sparire in tempi molto brevi: se ne trovano perciò solo in zone dove la piovosità è praticamente assente, come nel Vicino e Medio Oriente.
La solubilità del gesso è intermedia fra quella della roccia calcarea e quella del sale e dà origine ad imponenti fenomeni carsici:
una delle grotte più lunghe del mondo, la Optimisticeskaja, in Ucraina (192 km di sviluppo), è appunto scavata nel gesso.
In Italia, nella zona dell’Emilia-Romagna, vi sono alcune delle più importanti (e le più profonde) cavità mondiali in questa roccia. Nei gessi bolognesi la grotta della Spipola, con oltre 10 km di sviluppo, è la grotta in gesso più famosa del nostro paese, ma ve ne sono molte altre minori, sia nei gessi bolognesi che in quelli romagnoli; alcune di esse, con oltre duecento metri di dislivello interno, sono le più profonde note al mondo in questa roccia.
Il terzo tipo di roccia carsificabile, il ghiaccio, è molto curiosa. In realtà delle tre è la più “solubile” e perciò quella che tende più rapidamente ad essere asportata, ma se ne ricrea continuamente sicché si possono formare grandi strutture carsiche, stabili, all’interno della massa dei principali ghiacciai. Perché questo accada occorre che la superficie glaciale non presenti crepacci, che quando ci sono causano un assorbimento diffuso, e che sia abbastanza pianeggiante. I grossi torrenti che si formano sulla superficie scavano pozzi nei punti di maggior debolezza della massa glaciale e le imponenti cascate che finiscono per precipitarvisi dentro li tengono aperti e scavano sino a profondità di un centinaio di metri sotto la superficie. Più in giù la pressione è tale che il ghiaccio scorre lentamente e riempie eventuali cavità e questo obbliga l’acqua a procedere per vie quasi orizzontali.
Si tratta del fenomeno carsico meno noto dei tre; gli studi su di esso sono iniziati da pochi anni (soprattutto ad opera di ricercatori italiani), e sembra destinato a rivestire un ruolo importante nella glaciologia.
Chiudiamo notando però che quasi tutte le rocce sono, almeno un pochino, solubili.
E’ per questo che si possono formare grotte anche in montagne costituite di rocce che ne sono normalmente prive. Questo capita in regioni dove la estrema stabilità geologica di vaste zone le espone da miliardi di anni all’azione delle piogge, come avviene, ad esempio, nelle quarziti del Sud America o nei graniti dell’entroterra somalo.
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