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Grotta del salvadanaio

Antefatto Quando tu osservi un elettrone posto a 30 km di distanza da un altro, nel medesimo istante quell’altro cambia spin, incurante del limite della velocità della luce. Questo è l’entanglement quantistico. Ora vi chiederete che c’entra? C’entra col libero arbitrio. Non sto a spiegare perché, ma se oggi sono andata a fare una bellissima camminata sui Monti Aurunci col Gruppo Grotte Castelli Romani è perché mi sono ricordata del libero arbitrio. Ossia prendere la macchina, infilarci Paolo, Federica, Luigi l’abruzzese, incontrare SanVincenzodaItri a Pornito, alla ricerca di grotte sconosciute ai più.

L’epica impresa: La giornata è tanto limpida quanto fredda, ma ovviamente del freddo gli speleo se ne fregano altamente, per cui, molto allegramente, c’incamminiamo dietro Vincenzo in un sentiero, si fa per dire, che passa sotto le pareti del Redentore, sopra il canale delle Strettole. Zona remota. Il percorso inizia da Pornito e sale verso il santuario di San Michele, bello preciso, sistemato bene da chi? subito incontriamo il responsabile, uno che, appena visti, ci invita ad aiutarlo. “Invece di camminare senza scopo, aiutatemi con sti sassi”. In pratica dovremmo spostare tutta una frana dietro un esile parapetto di legno. Bazzecole per noi che eliminiamo strettoie. Però allo stato dei fatti scopriamo che quello, più che aiuto, cerca uditorio, come se non avessimo già le orecchie frastornate dal vocione di Luigi sull’Abruzzo questo sconosciuto. Paolo gli dà spago coadiuvato da un certo liquorino che il tizio ci offre. Ahò, io nel frattempo me ne vado per fiori, anche se di fiorito oggi c’è solo l’endemico Crocus suaveolens. Finalmente anche gli altri riescono a sbrogliarsi e mi raggiungono fino alla croce. Dalla croce, basta sentiero! Si taglia sulla destra tra ampelodesmi, cisti, sassi in billllico, balaustre rocciose nelle quali ci facciamo selfie come le ragazzette nei cessi. E poi dicono della gente di montagna. Tutti uguali davanti allo smartphone. Certo il panorama è sicuramente uno dei più belli del Lazio se non dell’Italia, spaziando dalle isole Pontine al Vesuvio e dietro...il calcare tutto nostro! Talmente bello che Luigi smette improvvisamente di parlare dell’Abruzzo per convertirsi al basso Lazio. Ma torniamo al nostro scopo. Grotte. Troviamo un riparo sotto roccia con muretto a secco e rovi tagliati di recente. Chi ci abita? Fioccano le supposizioni di Vincenzo su tutti i pastori che sarebbe buona cosa ingraziarci. Dopo il riparo cammina cammina ecco una sorgente. Qua mangiamo in faccia al sole. Sole che ci accompagnerà sempre, per inciso, facilitando foto a non finire. Tutte uguali poi, Redentore, panorama sul golfo, Petrella. Già, eccoci rivolti verso il Petrella e qua viene la parte interessante, trovare la grotta del salvadanaio. Per la gioia di Vincenzo che non l’aveva mai trovata, eccola, ben nascosta nell’alto ampelodesmo. Subito tutti dentro ad ammirare il vasto salone concrezionato ricchissimo di solfobatteri dorati. Paolo cerca l’aria, Luigi risale una parete e qualcuno fotografa. “Dietro qua non c’è niente” dice Luigi, mentre tenta di scendere la parete in contrapposizione. “Fotografatelo mentre casca” c’invita Paolo e non fa in tempo a dirlo che subito Luigi resta a 4 di bastoni inchiodato sulle concrezioni lagnandosi altamente “ho sentito un crac, è uscita la spalla”. Mi metto sotto per attutire la caduta e sento sto quintale e qualcosa precipitarmi sulla gamba, mannaggia a me. Fa niente, l’infortunato è lui. Paolo lo palpa per capire se ha qualcosa fuori posto ma sembra tutto in linea. “Ben, prenditi un Oki che ti passa” gli suggerisco “cerchiamo di sbrigarci prima che gli venga lo choc, ora a caldo non sente troppo male”. Però, visto che non è stramazzato da choc, riprendiamo il percorso verso la cima del Redentore e Federica trova insperatamente la “Male Vate”. Grotta richiusa accuratamente da Petrone col pietrone. Federica e Paolo, tolti i sassi, entrano nella grande sala. Bon anche questa è da rilevare ed accatastare. L’ultima grotta da trovare è una segnalataci dal Cai di Esperia, lungo in sentiero di Monte Moleta, dopo il rifugio, presso un sasso. Quale sarà il sentiero? Quello del santuario? Uno nuovo verso Monte Moleta? E il sasso? In una montagna fatta di sassi e pinnacoli, trovalo quello giusto. Infatti non si è trovata, posto che non abbiamo segnalato lo sgrotto lungo il sentiero laddove ogni speleologo c’ha infilato il naso. E Luigi? Dalla parlantina del ritorno direi che non gli è venuto lo choc per cui magari il crac che ha sentiero sono state le concrezioni che, sollecitate dalla pressione esercitata dall’individuo massicciamente abruzzese, hanno avuto un cedimento strutturale, ma loro non si solo lagnate tanto.
Alla prossima!!! Mg 12.1.2019
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