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Grecia Centrale

8.9.2019 Meteore
. “Allora dove andiamo? Mare o Meteore?” chiede il Nozz, speranzoso nella seconda ipotesi. “Meteore” rispondo, rimpiangendo il mare greco...ma anche le Meteore, spero solo che non faccia troppo caldo per camminare. Da Iogumenitza prendiamo l’autostrada fino a Metsovo, guardando desolatamente il panorama sul Pindo. “Ti ricordi quando non c’era l’autostrada? Ci mettevi una vita ad arrivare solo a Joannina ma c’erano i Kafeneion, le fontanelle con i platani, le chiesette, era Grecia”. Così non sembra. Per cui a Metsovo facciamo tappa alla ricerca del kafeneion. Il paese è tanto bello quanto fresco e frequentatissimo. Troviamo, vicino a turistici locali, un kafeneion di vecchiotti, bon è il nostro! Infatti qua l’ellenikò caffè costa 1,50 euro contro i 2 o i 2,50 delle altre locande. E il cesso è pure lindo e pulito, non c’è più l’orrido cesso dei kafeneion di una volta, per fortuna. Ripresa la strada arriviamo abbastanza presto alle Meteore e qua, a Kastraki, balugina un camping con piscina “vediamo se hanno rulottes”. Ne! A 20 euro, benissimo direi. Manco il tempo di prendere la rulotte che già stiamo nell’acqua gelida vista meteore. “Come fare il bagno nell’Eurota, ti tonifica e possiamo cercare il sentiero che dice Paolo, quello che ti devi arrampicare su per le rocce e se caschi non ti trovano nianca i ossi”. Detto fatto, spiluccati gli avanzi italiani, eccoci in cammino, scarponi ai piedi, verso Adrachti. Il sentiero sale dritto in mezzo al bosco verso un monolite, previa sosta su due chiesette chiuse. Salgo sulla parte facile del monolite per vedere come tiene la roccia di arenaria e sassi. Bene tiene. Così Sergio ha la bella pensata di salire per una traccia che diventa proprio arrampicata dentro un canaletto. “Te la senti?” mi chiede “eccome”. Certo, salire è un conto, scendere un altro “ben lo facciamo di culo” è la risposta dell’intrepido. Miracoli dell’acqua dell’Eurota. La salita diventa sempre più verticale ma Sergio, imperterrito, continua. Ad un certa compare, in alto sopra di noi, siccome aghio, un tizio biancovestito che a cenni e poi in inglese, ci consiglia di traversare a destra dove ci sono gli alberi. Sergio invece traversa dove sta e quello a insistere che deve traversare più in basso. Ci vado io ma mi pare proprio brutto sto posto e gli alberi sono stenti assai. Il tizio, visti vani i consigli, sparisce in alto arrampicando su per una meteora e bon. “Secondo me lui è uscito da una traccia che porta giù, del resto a scendere da qua non me la sento, vado a vedere”. E salgo pensando che ormai scendere diventa sempre più impossibile. Sergio mi dice che ha una cordina ma non lo sento presa come sono a non precipitare. Fortuna che sopra trovo la traccia del tizio che, effettivamente, porta giù più facilmente. Arriva anche Sergio e detto fatto siamo giù sani e salvi. “Ti tremava la voce, eppure avevo la cordina” “e che ne sapevo, manco ti ho sentito”. Spavaldamente ora vorrei trovare il sentiero di Paolo che si è arrampicato a cercare antichi eremi. “Ci andiamo domani” propone Sergio, ora andiamo in piscina. Invece no, facciamo altri giri in macchina per gustarci le meteore e, finalmente, l’agognato bagno. Al campeggio un profumo inebriante di carne alla brace e di ogni bendiddio mi sollecita le narici, ma niente. Sergio non rinuncia alla pastasciutta e andiamo a mangiare da un’altra parte dove mi tocca un’insalata greca, facendo finta di essere contenta e soddisfatta. E va ben, siamo in territorio monastico. Dopo la traversata in nave fatta di giorno per risparmiare, con le piaghe da decubito e la compagnia di camionisti puzzolenti, anche l’insalata greca al posto della brace ci può stare.

9.9.2019 Meteore
Un altro giorno alle Meteore ci sta bene, il campeggio è ottimo, stanotte è piovuto, ci siamo svegliati intirizziti, l’ideale per percorrere un nuovo sentiero. Stavolta arriviamo in macchina fin sotto la chiesetta di Adrachti, forti del detto speleologico “minimo sforzo massimo risultato” e prendiamo il sentiero a destra che costeggia l’altissima parete Pixari. Niente sappiamo del sentiero finchè non vediamo, alti nelle paret,i i monasteri di San Nicolaos Badovas. Spettacolo! Ci sono pure quelli abbandonati dentro ai buchi con le scale fatiscenti nel nulla, fatti due scalini, precipiti. Certo vorremmo visitare tutto non fosse che a) il Nozz ha caldo, b) due cagnetti rabbiosi ci sbarrano il passaggio, c) non è detto che siano tra quelli visitabili, anzi due pope in alto ci guardano in cagnesco peggio dei cagnetti. Bon torniamo. Tanto c’è il museo geologico di Kastraki che ci aspetta a porte aperte, ed è pure gratis. Qua partono dalla formazione della terra per dirti come si sono formate le Meteore, che sarebbe, in definitiva, quel che ci interessa. Pedissequamente mi guardo ogni minerale, più che altro per sapere la provenienza Greca, e poi raggiungo il Nozz davanti al filmato geologico sulle Meteore. Formate dal delta di un fiume che ha depositato ciottoli di ogni natura, il tutto si è compattato e sollevato, come provano le faglie dirimpettaie al fiume Peneo, quelle che stanno nel calcareo Monte Koziakas, che vorrei tanto salire. Fatta la scorpacciata geologica ci resta quella mangereccia per cui torniamo al camping a mangiare le scorte del Lidl. E poi, chesseimatto a camminare con sto caldo, piscina! Mentre faccio un sacco di bagni il Nozz si stravacca su una sedia più vivo che morto “che hai?” “non so se il freddo di stanotte o il caldo della camminata”. Nel dubbio si riprende nel tiepido della piscina, ma senza fare il bagno che l’acqua è presa direttamente dall’Eurota. Però fare il bagno con le Meteore davanti che mi chiamano “vieni vieni” è irresistibile. Prendo scarponi, zaino e bastone anti cagnetti e m’avvio “Non morire subito, vado su per la strada asfaltata e poi torno” dico al Nozz. Visto che ho davanti un gruppo di tedeschi con una guida in mano, decido di seguirli, è notorio che i teutonici sono efficienti anche a trovare sentieri strani. In effetti si dirigono a Doupiani Rock che non avevo visto, ma poi vanno per fratte a cercare buchi peggio degli speleo ma, forte delle conoscenze museali, qua grotte vere non ce ne sono. Buchi da pope e bon, per cui riprendo la strada asfaltata verso la Grande Meteora. Ma davanti al sentiero della Dragons cave non resisto, abbandono la strada asfaltata e rapidamente salgo verso la grotta. A dire il vero ci siamo già stati ma non ricordo nulla, meno che mai la grotta che sembra vera, ancorchè i geologi dicano che l’ha scavata il vento (sarà…). Ovvio che ci vado, ma non arrampico in quella alta a traforo in assenza del Nozz di sicura, sia mai che casco come un pero marso e non mi catano più i ossi. Bon, si è fatta una certa e torno indietro. Guarda caso il Nozz telefona nel medesimo istante in cui decido di chiamarlo. “Sto tornando!!!”. E visto che mi aspetta prendo pure un passaggio da un bel ragazzo che decide di rendermi il cammino più breve. Non spiccica una parola di inglese né io di greco, ma a gesti ci si capisce. Sana e salva al campeggio ci aspettano i suflaki e vai!!!!!!!!!!!!!

10.9.2019 Verghina
La strada che dalle Meteore porta a Verghina, passando per l’infinita, calda pianura tessala, è di una noia mortale, eppure nei circostanti montarozzi calcarei si è sviluppata la prima civiltà greca e qua cavalcava Achille con i suoi mirmidoni. Arrivati a Verghina, non diversa dalla circostante pianura, andiamo subito al sodo: la tomba di Filippo II. A dire il vero l’avevamo già vista ma non ricordavamo l’oscuramento can nel quale uno vagola tra una vetrina e un’altra, sbattendo addosso alle mandrie di turisti, tutti vecchiotti come noi, che già hanno difficoltà a vederci, figurarsi a leggere le scritte che uno si fa anche ombra e deve inchinarsi a terra per leggere meglio, appiccicato alla vetrina non toccare. Però rivedere quei diademi d’oro che riproducono fedelmente ghiande e foglie della quercus pubescens, nonché foglie e fiori del mirto in ogni minimo particolare, è sempre sbalorditivo. Vediamo anche il filmato che è un panegirico sulla morte e mano a mano che i vecchiotti lo vedono si sentono ad un passo e si sbrigano ad uscire, sbattendo qua e la in cerca della luce, finchè ancora possono vederla. Pure noi, che è anche ora di mangiare, si ma dove? Nelle rive dell’Aliacmone, dai grandi platani. A parte la solita immondizia sotto le panchine, di cui uno non si capacita visto che c’è il secchione poco distante, il posto è molto bello e l’acqua è limpida e pulita, eppure non siamo molto lontani dalla foce. Il Nozz propone, invece di risalire il fiume per un bel sentiero bucolico, di salire il monte sovrastante. Andiamo. In macchina ovviamente, fino al paese di Elafina, passando per Charada. Manco un kafeneion nei paesi, che sembrano fatti da qualche seconda casa più che insediamenti veri e propri. Il bosco misto a querce e castagni, abbastanza bassi, c’intriga ma fatti pochi passi ne abbiamo abbastanza, è secco da morire. Non ci resta che andare a Veria dove abbiamo prenotato l’appartamento dal “boss di Verghina”. Sai che ti dico? Cerco una parrucchiera visto che tempo ne ho. Trovo una che parla solo greco ma con una cliente che parla inglese. Così ci capiamo quel tanto che basta per la bisogna. E Sergio a fare gli spaghetti nel buco di appartamento laddove non c’è uno straccio di parcheggio, i palazzi sono costruiti uno addosso all’alto con stradette minuscole, chiesette mezze sotterrate e soffocate dalle case, sembra di stare ad Acqua Bullicante, preciso. Lo conferma anche la cliente della parrucchiera che, visto nella mappa dove sto, riferisce alla parrucchiera che il mio paese è uguale a Veria. Ma il buco del boss è confortevole e Sergio, finalmente, può mangiarsi gli spaghetti. Perché, prima che aveva mangiato? Sempre spaghetti, ma greci.

11.9.2019 Litochoro
Siamo finalmente sotto l’Olimpo, ma prima di salire in montagna ci godiamo un po’ di mare greco. Ci fermiamo a Paralia Korino, laddove l’acqua è trasparente, ma di sabbia con le secche, per cui cammini fino alla Calcidica prima di non sentirla più sotto i piedi. Fatto il bagno scendiamo fino a Plakia laddove il mare non è più tanto trasparente ma fai due passi e sei fatto, mare fino ai denti. L’OIimpo sopra di noi ha le nuvole, da prassi, gli dei si nascondono, per cui, viste le previsioni per domani, evitiamo di salirlo fino al katafugio per non prendere l’acqua, visto che oggi ne stiamo prendendo tanta al mare. Bagni su bagni e nessuna flora endemica. Prendiamo possesso dell’appartamento assegnatoci talmente grande che se dico una cosa a Sergio quello manco mi sente. Il che a volte è un bene. I padroni sono gentilissimi, ci offrono olio greco fatto da loro e la sideritis contro tutte le affezioni. Vista tutta sta pubblicità che Giorgio ha fatto al suo olio ne compriamo anche 5 litri che è davvero buonissimo. E bon, domani ci prospetta una bella camminata sull’Olimpo, speriamo bene che gli dei siano clementi e non invidino troppo, dei, guardate da un’altra parte grazie mille.

12.9.2019 Olimpo
Oggi saliamo sull’Olimpo da Litochoro, il chè rende evidente che non saliremo in cima ma faremo solo la gola dell’Enipeas fino a Prionia (1100 m), prendendo il sentiero E4 che inizia a 400 m a Myloi. Qua l’acqua sgorga impetuosa da una polla e subito trovo la Staehelina petiolata mai vista prima. Ottimo. Ci stoppa subito la guardiana del Parco Naturale del Monte Olimpo, “dove andate? Quanti siete? Dove arrivate?” Un fiorino no, nemmeno un euro c’ha chiesto ma ci ha fornito indicazioni sul percorso, come dire, non so proprio se vuoi due gliela fate. Infatti. Però il Nozz è bene intenzionato, talmente gasato che si fa anche il percorso supplementare che porta dentro la gola fino alla forra con acqua e grotta in parete. Te credo, era piano e cementato. Tornati sui nostri passi iniziamo l’erta salita dell’E4 e incappiamo in due tedeschi con scarpe da ginnastica e invisibili calzini pro-vesciche che ci chiedono lumi. Forti delle informazioni appena acquisite scarichiamo sui teutonici ognicccosa circa il percorso, con lo stesso tono della guardiana “e quando gliela fate”. Infatti, chi li ha più visti?. Bon, noi imperterriti continuiamo, godendoci la forra dall’alto con i ballatoi che ogni tanto arricchiscono il percorso. Uno fa la foto e precipita. Ecco dove sono andati i tedeschi. Il sentiero si snoda dentro un bosco ombroso ed è tutto facilitato con scalini di legno, si va su e poi si va giù. Enne volte. A rigore dovrebbero essere 650 m di dislivello per 8 km, in realtà tutti i saliscendi aumentano il dislivello di molto. Ad una certa arriviamo proprio al livello del torrente e quando dobbiamo salire altrettanto su per non so dove, Sergio depone le armi. “Ma de che! Andiamo al torrente che è meglio”. Molto direi, invitante che non ti dico, mi faccio il bagno come una naiade nell’acqua gelida e cristallina. Chi ci pensa a proseguire? Qua si sta una meraviglia ma tocca tornare, anche perché danno pioggia. Riprendiamo il sentiero in senso inverso e, appena giunti in macchina, piove. “Hai visto? Giove pluvio ci ha risparmiati”. E adesso basta montagna, andiamo al mare!! Che a onor del vero è molto meno cristallino del torrente ma caldo assai. Mentre il Nozz si gode il meritato riposo, brontolando a più non posso che ha fatto ben 10 km e 600 m di dislivello, altro che balle, me ne vado alla ricerca di flora strana e trovo la centaurea attica e la plocama calabrica. Contenta ciò!

13.9.2019 Nea Anchialos
Molto a malincuore lasciamo Litochoro per dirigerci a Loutra ipati, che non conosciamo. Ma la strada è lunga e la Tessaglia è calda. Sosta doverosa al monastero di Agia Paraskevi nella Valle di Tempe. Purtroppo non possiamo abbeverarci all’acqua benedetta che sgorga dal cunicolo della chiesa, causa afflusso di pellegrini con bottiglie peggio che a Lourdes. Allora non ci resta che bagnarci nel prosaico Egeo a Nea Anchialos. Ottima soluzione, l’acqua è limpida, il Comune ha messo una fila di ombrelloni, tamerici ombrose, docce e cassonetti di immondizia ovunque per cui è tutto incredibilmente pulito. Anche la taverna dove mangiamo è ospitale, ci regalano pure il gelato. Andiamo nella baia accanto e qua l’acqua del mare è ancora più cristallina, ma più avanti la roccia è di asbesto fibroso, meglio andarcene. Altro bagno a Rakes, di fronte all’Eubea e qua non c’è anima viva. Finalmente arriviamo a Loutra Ypati ma il paese non ha i nomi delle vie e nemmeno i numeri nelle case, né il navigatore conosce l’indirizzo, per cui trovare la nostra casa è una vera impresa. La puzza di zolfo ci conferma l’esistenza di terme e sopra di noi il monte Oiti è tutto da esplorare con una gola impressionante (gorgapotamos?) che fa al caso nostro. A furia di telefonare arriva uno a prenderci che parla inglese, non come l’ospitalissima padrona di casa che ci parla in greco riempiendoci di dolci a non finire. Il Nozz mi dà anche la parte sua e m’ingozzo delle irresistibili specialità locali. Cerchiamo di avere notizie su terme e sentieri. Pare che le terme siano dentro un hotel mentre sentieri non ce ne sono, un ragazzo che parla inglese ci guarda stranito, come dire, ma davvero volete salire sul monte? Ci sono i cani e poi dove? Come dire, il monte fa parte del paesaggio a mò di cartolina, la gola manco a parlarne. Domani andiamo ad esplorare, altro che!

14.9.2019 Monte Oiti
14.9.2019 Monte Oiti. “Un sentiero per il monte c’è” dice Sergio dopo essersi scaricato un sacco di cartine “dobbiamo andare fino a Neochori e poi da qua parte una sterrata che diventa sentiero”. Bon andiamo. La strada non è nemmeno troppo brutta, salvo che frana sopra la testa, il monte, che da distante sembra di un bel calcare compatto, in realtà, come quasi tutti i monti greci, è di terraccia. Ugualmente prendiamo la sterrata finchè vediamo l’inizio del sentiero segnato per Pyrgos (2152 m) e qua lasciamo la macchina. Subito incontro l’endemica Acantholimon greco ma è una delle poche specie che riesco a trovare, il resto è tutto secco e sfiorito, eppure il monte è ricchissimo di flora. Seguo Sergio che si fa trasportare da un vento gelido che ci accompagnerà impetuoso fino alla cima. Il sentiero è tracciato benissimo con segni rossi sui sassi e persino sui cardi, nonchè con paletti e strisce di plastica. Dopo 400 m di dislivello e 2,5 km eccoci in cima. Solo il volo di un’aquila mostra che c’è qualcosa di vivo e vegeto, per il resto, nulla. Il panorama dalla cima è notevole, a ben vedere la Grecia ha più monti che pianure, ma che monti, tutti sfasciume, calcare rotto e rocce vulcaniche a contatto, conseguentemente, alla base, c’è una profusione di sorgenti e fontane, platani giganteschi con le immancabili chiesette sotto. Per fortuna. Tornati a Loutra ipatis andiamo subito alle terme comunali, acqua sulfurea a 33,5°, cura tutto e ti scordi di tutto, come attesta una scritta in greco antico. Restiamo immersi per 2 ore finchè, lessi, torniamo a casa. Ma qua la vita ricomincia a scorrere e ci riporta alla tremenda realtà. Vivi e poi muori. Può essere presto come tardi. Il ricordo che lasci è l’essenza della tua vita. Flavia l’ha lasciato, chi l’ha conosciuta l’ha amata a prescindere.

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