GIURISPRUDENZA SUL SOTTOSUOLO E SULLE ACQUE SOTTERRANEE

GIURISPRUDENZA SUL SOTTOSUOLO

A norma dell'art. 840 c.c., la proprietà del sottosuolo spetta al proprietario del suolo sovrastante, salvo che in senso contrario disponga il titolo di acquisto di questo oppure che detta proprietà risulti spettare ad altri in base ad un titolo opponibile al proprietario del suolo, ossia per un negozio antecedentemente trascritto o per un fatto di acquisto originario; tale fatto non può consistere nella mera situazione dei luoghi, come la esclusiva possibilità di accesso al sottosuolo (nella specie una grotta) dal fondo altrui. Cass. civ., Sez.II, 20/03/2001, n.3989

La proprietà del sottosuolo spetta al proprietario del suolo, salvo che in senso contrario disponga il titolo di acquisto oppure che la proprietà spetti ad altri in base a titolo opponibile al proprietario del suolo. App. Napoli, 10/03/1998

Il proprietario di un suolo non può escludere dal sottosuolo attività di terzi, che siano economicamente rilevanti, ove il suo interesse alla porzione di sottosuolo invaso sia solo astratto, potenziale e eventuale, giacchè il suo interesse deve essere assunto secondo categorie obiettive ed economico-sociali, non già meramente soggettive. Trib. Sup. Acque, 05/07/1995, n.51

La normativa speciale di cui alla l. 10 maggio 1976 n. 319 prevede gli scarichi nelle acque, sul suolo o nel sottosuolo senza autorizzazione, dovendo per scarico intendersi qualsiasi versamento di rifiuti, pur se riferito ad eventuali episodi isolati e saltuari ed a nulla rilevando lo stato (liquido o meno) dei rifiuti scaricati. Detta legge si propone di tutelare le acque, il suolo ed il sottosuolo (considerati come risorse, cioè quali beni giuridici) contro ogni forma di inquinamento, e le violazioni da essa previste possono concorrere con il reato di cui all'art. 674 c.p. - getto pericolo di cose - solo quando la condotta dell'agente sia atta a provocare, per la natura e la quantità di ciò che viene scaricato, molestie alle persone esposte alle conseguenze dello scarico. Cass. pen., Sez.I, 14/09/1995, n.9829

GIURISPRUDENZA SULLE ACQUE SOTTERRANEE

Ai sensi dell'art. 1 comma 1 l. 5 gennaio 1994 n. 36, recante disposizioni in materia di risorse idriche, tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorchè non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà. Cons. Stato, Sez.III, 08/04/1997, n.449

L'art. 1 comma 1 l. 5 gennaio 1994 n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), nella parte in cui stabilisce che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorchè non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche, non si pone in contrasto con gli art. 2, 3 e 42 cost., in quanto si ritengono avvenute trasformazioni della rilevanza pubblica di tali beni. La pubblicità delle acque non è indiscriminata e generalizzata, poichè la stessa legge prevede alcune utilizzazioni caratterizzate da esclusione di interesse generale, per le quali non è richiesta licenza o concessione di derivazione, ferma l'osservanza delle norme edilizie, di sicurezza e delle altre leggi speciali. Corte cost., 19/07/1996, n.259

La dichiarazione di pubblicità delle acque superficiali e sotterranee, di cui alla l. 5 gennaio 1994 n. 36, provoca un limite alla proprietà dovuto all'intrinseca e mutata rilevanza della risorsa idrica, rispondente alla sua natura, come scelta non irragionevole operata dal legislatore e quale modo di attuazione e salvaguardia di uno dei valori fondamentali dell'uomo (e delle generazioni future) all'integrità del patrimonio ambientale, nel quale vanno inseriti gli usi delle risorse idriche; pertanto, l'art. 1 comma 1 stessa legge non contrasta con l'art. 42 cost sotto il profilo della mancata previsione di un indennizzo, giacchè non vi è luogo ad indennizzo quando la legge regoli in via generale i diritti domenicali in relazione a determinati fini per assicurare la funzione sociale della proprietà con riferimento ad intere categorie di beni, nè quando sia regolata la situazione rivestita dai beni stessi rispetto ad interessi della p.a., purchè la legge abbia per destinataria la generalità dei soggetti, tanto più quando i proprietari dei fondi finitimi al corpo idrico non subiscono una lesione irrimediabile del contenuto minimo della loro proprietà. Corte cost., 27/12/1996, n.419

Tutti i provvedimenti che il Genio civile può adottare ai sensi dell'art. 105 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, in forza della vigilanza delle eduzioni ed utilizzazioni di tutte le acque sotterranee nelle zone soggette a tutela, debbono fondarsi su accertamenti obiettivi circa le singole situazioni esaminate e su motivazioni puntuali in ordine alla necessità di adottare i provvedimenti stessi a tutela di interessi generali e del regime idraulico delle zone prese in considerazione. (Nella specie, è stato ritenuto illegittimo il provvedimento di chiusura di un pozzo privato sulla mera presupposizione, desunta in via implicita, dell'interferenza del suo utilizzo con altro pozzo). Trib. Sup. Acque, 11/12/1995, n.99

Il provvedimento col quale la pubblica amministrazione riserva a sè l'esplorazione delle acque sotterranee in determinate zone non costituisce manifestazione di una sua più incisiva ingerenza in rapporto ai poteri esercitati nei comprensori soggetti a tutela, ma comporta soltanto la preclusione per altri soggetti di svolgere la medesima attività; pertanto, in presenza di un tale provvedimento, è precluso al privato di intraprendere attività di ricerca di acque sotterranee, ma è fatta salva la sua facoltà di attingere acque dal proprio fondo per usi domestici. Trib. Sup. Acque, 05/05/1994, n.29

La ricerca, l'estrazione e l'utilizzazione delle acque sotterranee esistenti in determinate zone formano oggetto di tutela amministrativa da parte della P.A. per cui è precluso agli altri soggetti di svolgere la medesima attività; ma è fatta salva la facoltà al proprietario del fondo di attingere acque necessarie ai propri usi domestici. Trib. Sup. Acque, 05/05/1994, n.29

In materia di acque demaniali destinate a pubblica utilità, l'illecito amministrativo previsto dall'articolo 103 t.u. n. 1775 dell'11 dicembre 1933 riguarda il rinvenimento e la denuncia di rinvenimento di acque sotterranee, mentre l'attingimento senza titolo delle acque sotterranee realizza la diversa condotta della sottrazione al legittimo proprietario (nel caso il demanio regionale) dell'acqua sotterranea. E poichè l'acqua ha natura di bene economico suscettibile di scambi e di diritti patrimoniali, essa può ben formare oggetto del delitto di furto. Cass. pen., Sez.V, 04/10/1993

L'acqua sorgiva può ben formare oggetto di possesso, se questo si concreta ed estrinseca in un potere di fatto (corrispondente all'acquisto di un diritto reale) autonomo, diretto ed immediato sulle opere indispensabili per la derivazione e l'utilizzazione dell'acqua, possesso tutelabile con l'azione di spoglio nei confronti di chi, ricorrendone l'elemento soggettivo, apra un pozzo che, alimentato dalla stessa falda sotterranea, riduca la portata della sorgente, non rilevando, in contrario, che le acque sotterranee siano defluenti a notevole distanza dalla sorgente, in quanto il possesso di quest'ultima implica anche quello della falda che l'alimenta. Cass. civ., Sez.II, 16/12/1987, n.9338

Il codice penale, nell'art. 440, punisce il delitto di corrompimento od adulterazione di acque, prima che queste siano attinte o distribuite per il consumo, sicchè il delitto si realizza con il fatto del corrompimento o dell'adulterazione: l'uso effettivo delle acque non è necessario e tanto meno occorre che ne sia derivato un danno attuale alla salute delle persone. Pertanto, non è richiesta una qualche forma diretta od indiretta di opera per la destinazione al consumo umano, ma è sufficiente la potenziale attingibilità ed utilizzabilità. (La S.C., nel rigettare il ricorso dell'imputato, ha ritenuto che le acque, quale risorsa naturale nella loro purezza, siano l'oggetto specifico della protezione legale, "ancorchè non estratte dal sottosuolo", come recita l'art. 1 l. 5 gennaio 1994 n. 36; che la protezione del valore alimentare anche futuro delle acque di falda, potenzialmente raggiungibili con le moderne tecnologie per lo sfruttamento ad uso umano, deve essere assicurato in loco da ogni forma arbitraria di corrompimento od adulterazione, non solo dolosa, ma anche e soltanto colposa, come nel caso di specie; che la sentenza impugnata dà atto, con adeguata motivazione, del grave inquinamento della falda e del nesso di causalità con la fuoriuscita del percolato della discarica illegittimamente gestita). Cass. pen., Sez.III, 27/05/1997, n.7170

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