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Il Gennaro da Capo d’Acqua

Antefatto “Ti va di farti un giretto al Gennaro? 18 km, 1000 m dislivello” mi propone Arnolfo. “Come no?” l’alternativa all’ospizio che sta dietro l’angolo.

L’epica impresa: Partenza ore 6, operativi sul sentiero alle 7 e qualcosa. “Forse è anche troppo presto” dice Arnolfo ma io lo so che troppo presto non è mai, con quellidelcai e i loro giretti. Il sentiero, di cui ignoro tutto, persino la mappa, inizia per traverso, il Gennaro sta sopra le nostre teste mai noi andiamo a sinistra (almeno questo). Dopo un bel po’ che fa? Invece di salire scende, eccome scende, a momenti siamo a Palombara. Per fortuna, penso io, questa non è la solita pettata, solo ignoro sti 1000 m di dislivello come li dovremmo fare, fino al mare in discesa? Non me ne curo più di tanto, presa come sono ad osservare violette e ingressi di grotte circondate da recinto. Ma non soffianti e in falda sabina, robaccia. Approdiamo in una sterrata con monumento in travertino, come dire, occhio che da ste parti ce n’è, e poi prendiamo verso Capo d’acqua dove la sterrata diventa sentiero e, finalmente, sale. E imparo che il Gennaro ha anche un suo torrente, Capo d’Acqua appunto, che risaliamo fino ad una biforcazione, il torrente va a sinistra e noi, ahimè, a destra. Veramente dritto per dritto fino al Pratone. “Per fortuna che Arnolfo va abbastanza lento e fa parecchie soste” penso tra me e me anche se, carta alla mano, dice che manca poco. A che? Manca tutto invece. Ma, arrivati al Pratone, non solo non si ferma più, non solo gli prende la fregola di andar veloce, ma disdegna un bel sentiero segnato che porterebbe alla cima del Gennaro. Preferisce farne uno tutto spini e calcare rotolante che passa su e giù per innumerevoli montarozzi. E poi non è nemmeno sentiero, come gli dico incazzata nera “stai facendo il percorso del gasdotto!!”. Al che si ferma per conoscere di quale gasdotto si tratti. “Il percorso del gasdotto è quello che fanno i tecnici a tavolino quando tirano una riga dritta incuranti di monti, fiumi e convalli, ossia quello che stiamo facendo” “in effetti la traccia è più in la” mi risponde mentre prosegue come un forsennato per tutte ste cime, incurante se lo seguo o meno. Ne approfitto per mangiarmi tutte le caramelle di scorta che mi è venuto il calo repentino delle forze e vorrei solo un elicottero di soccorso. Poi, mosso a compassione, mi fa vedere un ennesimo montarozzo “Ecco la cima del Gennaro, si vede anche la croce”. Sarà il suo sistema con quelledelcai, penso, e la croce la vede perché gli son venute le traveggole. Invece la vera cima sta lontanissima e per fortuna che incappo nel sentiero del lupo. “Tralasciamo la cima che è troppo lontana e scendiamo da qua fino alla Torre Cruciani che questo sentiero me l’ha insegnato Giorgio”. Si fa convincere anche perché gli ho proprio imbruttito, certo ci fosse stato Giorgio me ne sarei guardata bene, ma con lui ne approfitto alla grande. Già, Giorgio, ci manca come il pane e come a me l’elicottero e non facciamo altro che nominarlo, per cui lo chiamiamo appena finito il sentiero del Lupo. E che dice ad Arnolfo? Che il sentiero del gasdotto in realtà è quello della schiena d’asino e di mettermi in riga altrimenti oltre al dito mi prendo anche la mano e quando torna poi deve rieducarmi. Vero, qua, a parte il sentiero del gasdotto, il resto è si lungo, ma fatto con la mia velocità, tranquillo. Solo i tornanti li facciamo a buon passo, tutto perché Arnolfo ha detto che ci dobbiamo impiegare mezz’ora e l’ho contraddetto alla grande, almeno un’ora e mezza. Ci impieghiamo 35 minuti, invece. Urka, che bravi, andiamo a festeggiare con birra e patatine e, tutti brilli riportiamo la pellaccia a casa (e di km ne abbiamo fatti venti).
Alla prossima!!!!!!!!!! Mg 6.3.2019
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