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Fontana Canali - Morolo

Antefatto: Notte insonne per tutti, troppo caldo, non se ne parla di andare in grotta, in quella poi, laddove servono prestanza fisica, mentale, psicologica, perfetta forma e avvicinamento idoneo, mica portarsi zaini pesanti col caldo inclemente. Francesco, che problemi non ne ha, si adegua “ma dove andiamo allora?” “in un posto dove possiamo cannare Sergio sotto una pianta e sfruttare la tua presenza, per esempio, non ho mai concluso il cerchio Fontana Canali - Morolo né ancora trovato la grotta dagli occhi tristi e Sergio potrebbe venirci a prendere sotto Valle Sant’Angelo, ti va?” Ovvio che si, ogni escursione a sfondo speleologico gli va.

L’epica impresa: Fatto il pieno d’acqua a Fontana Canali c’incamminiamo alla volta della sella, dove dovremmo prendere il sentiero per Fonte Sant’Antone. Così avremmo dovuto fare seguendo le indicazioni di Sergio. Ma troviamo subito un comodo sentiero che, pur passando nel devastante taglio della lecceta, ci porta alla sella senza passar per rovi. E qua Francesco che fa? Tira fuori la sua traccia e sale per le Piazzatelle. “No!! Dobbiamo scendere no salire” però, considerando che anche quello per le Piazzatelle non è sbagliato, mi affido alla sua traccia, che ci porta per sgarupi, il sentiero buono, che poi troveremo, sta sotto. Fa niente, magari troviamo grotte. Invece troviamo una specie di pittura rossa su parete per Angelica. Passati i due ballatoi sopra Morolo, finalmente, ecco il sentiero tracciato. “Da qua in poi non l’ho mai fatto, hic sunt leones”. Manco l’avessi detto, Francesco si guarda intorno e vede uno sgrotto su una parete lontanissima, tra l’altro per arrivarci, previo cellymassag, c’è lo strapiombo. “Ma dai che ci torno d’inverno con papà” gli dico dopo una buona dose di caldo e sferzate sulle gambe. Si convince e proseguiamo arrivando sotto alla cascata, oggi secca, laddove c’è la grotta accatastata. Va da se che se è accatastata ci deve entrare e si rende conto che finisce immediatamente, in ogni caso prende il punto per confrontarlo con quello del catasto. Proseguiamo fino all’eremo di Sant’Angelo costruito davanti alla grotta di San Michele Arcangelo. Questo proprio mi mancava, l’eremo è stato costruito nel 440 d.c. dopo che l’arcangelo è apparso in Puglia e da quella via è venuto pure qua, visto che c’è una bella grotta con polla d’acqua purissima che favorisce la scesa del latte nelle puerpere devote. Andiamo subito a verificare ma la bella gotta ogivale, a parte un San Michele mezzo rotto, non ha più sorgente, secca, e noi che non siamo nemmeno puerpere devote ci dobbiamo accontentare di bere il piscio di speleologo della fontana Canali. Bon, mangiamo e proseguiamo verso la ferrata e il riparo sotto roccia dove cerco la Campanula reatina che, guarda caso, è appena sfiorita. Ci resto un bel po’ tentando almeno di fotografare i semi mentre Francesco prosegue per il sentiero sotto un sole implacabile, secondo me cercando gli introvabili occhi tristi. Passato il bivio Sergio ci telefona per dire che è meglio se facciamo quello dei cacciatori, dentro la valle e quindi ombroso, che io avevo evitato per via dei rovi. Però meglio loro del caldo assurdo, torniamo indietro per imboccarlo e, puntualmente, troviamo abbondanza di essenze spinose cresciute rigogliose in assenza di cacciatori. Che a una cosa servono, pulire il loro sentiero. Proseguiamo imperterriti seguendo una traccia sparita e, quasi alla fine, Francesco, additando una spaccatura, mi chiede “questa l’avete vista?” “no” ci va e trova un pozzo. Ecco fatto. Di ciò ero sicura. Non solo lo trova ma arrampicando lo scende, saranno 4 metri e non si scapicolla, per fortuna. Non prosegue ma è ampio e rilevabilissimo. Prende il punto e faccio le foto. Intanto Sergio ci avverte che ci sta aspettando alla fine del sentiero. Incurante di ciò Francesco, preso da smania esplorativa, sale in battuta per uno scapicollo impervio e assai irrovato che se fosse cascato sarebbe precipitato nuovamente nel pozzo e addio fighi. Ma non trova niente o forse si stufa che lo chiamo a più miti consigli “dai che ci torniamo d’inverno io e papà, almeno abbiamo un nuovo fronte esplorativo, oltre agli occhi tristi”. Si convince e scende rosso come un peperone dal caldo tremendo che sta facendo. Troviamo Sergio seduto sotto una pianta in animazione sospesa “fa caldo? “36°” risponde con un filo di voce, qua tocca rianimarlo a Radler e patatine, daje andiamo al bar!!! Perché anche in questo sentiero di bar manco l’ombra e nemmeno abbiamo visto l’assalto alla montagna paventato dai Tg.
Alla prossima!!! Mg 1.8.2021

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