Disostruzioni?si o no?

Un vivace dibattito scuote, talvolta, lo speleo torpore della lista "speleoit"; nasce, muore, rinasce, e, ogni volta, si aggiunge qualche nuova voce.
Stavolta l'innesco viene dato dall'editoriale di Chiesi, sul n.52 di SPELEOLOGIA, "a menti disostruite".
Subito la lista risuona come diapason, qualcuno obietta "perchè una rivista che tratta di speleologia, invece di parlare di grandi esplorazioni, nell'editoriale punta il dito sulle disostruzioni?"
E, a seguire, una ridda di risposte, spiega il perchè, aprendo ancora una volta il dibattito, mai sopito.
Queste sono le varie opinioni espresso in proposito, dagli speleologi interessati all'argomento:

SI? Parliamone

Perchè Chiesi ha messo questo editoriale? perchè la rivista è diretta a noi, speleo, più che al "mondo grande", com'è giusto che sia. Guardiamoci nelle palle degli occhi, esiste ancora possibilità esplorativa, diciamo sotto casa e per la nostra bella domenica, senza disostruire? no, la risposta è no. Già sento la risposta di Badino sul collo, c'è tutto un mondo al corchia, e, visto che sto nel Lazio, anche un mondo sotto all'erdigheta. Vero è. Ma io, spelea della domenica, perchè al lunedì (bene o male)lavoro, posso dedicarmi al Corchia o all'Erdigheta? no. Questo è poco ma sicuro, anche perchè, in tutta sincerità, 20 ore di grotta mi stramazzano. Però ho scoperto che disostruendo trovo roba a mia portata di mano, sempre per la mia bella domenica, perchè la cosa, diciamocelo, mi diverte.
Faccio bene, faccio male? e qui casca l'asino.
Credo che nella mia situazione siamo in molti, che ci riteniamo anche speleologi. Possiamo ritenerci speleologi? o lo sono solo quelli che trovano cose soffrendo come bestie a 20 ore dall'esterno? o all'estero in tanta malora che lì non serve disostruire? e che ne so?
Fatto sta che quando leggo "Progressione" e le imprese di Pino Guidi ed amici, scopro di avere ancora un domani speleologico. E Pino Guidi è arrivato al mitico Timavo, disostruendo. E poi leggo di Cesare Raumer e la Pissatela, e mi ritrovo a sorridere ancora....Ma tutto ciò è morale? e che ne so? magari parliamone, è quello che ha fatto Chiesi

No

Io credo che sia stato più che giusto dedicare un editoriale al problema, visto che tale deve essere considerato, e pur concordando con il fatto che le disostruzioni non sono l'argomento principale della speleologia è indubbio che sia uno tra i più importanti.
E'altrettanto indubbio che la pratica della disostruzione "tanto per" è aumentata a dismisura come è indubbio che una pratica che prima era ad uso esclusivo di pochi, anzi pochissimi, personaggi ora è alla portata di tutti con risultati che anche tu, da ex allievo, avrai potuto constatare. Quello che è peggio, direi penoso, è che tale abuso viene contrabbandato come scotto indispensabile all'esplorazione o, ancora, giustificato dal fatto che spesso le nostre grotte sono inserite in un ambiente compromesso da cave etc.
E'un argomento che comunque necessiterebbe più tempo di quello che ho al momento ma è bene ricordare una cosa che ho gia detto: è difficile andare a sindacare sul comportamento dei cavatori quando il nostro è altrettanto criticabile e discutibile, è difficile ergersi a difensori dell'ambiente quando non si rispetta quello nel quale noi pratichiamo la nostra attività.

Si

La disostruzione è l'unico mezzo che consente la conoscenza dell'ultima frontiera dell'esplorazione geografica nel mondo, oltre a quella per noi troppo remota degli abissi marini.
Disostruendo si è scoperta 10 anni fa la "cattedrale" ipogea della Grotta Chauvet, opere d'arte sublimi di 32.000 anni fa. Mi viene in mente anche la grotta di Movile, rimasta isolata per 5 milioni di anni e quindi autentico "laboratorio" dell'evoluzione biologica.
Prendo questi come esempi, ma potrei fare il lungo elenco delle sensazionali scoperte seguite a disostruzioni (il Corchia stesso a suo tempo).
Ma anche molti di noi, nel loro piccolo, hanno aggiunto, disostruendo, piccole tessere al mosaico del sapere. Il contributo alla conoscenza può essere di volta in volta importante o insignificante, e a volte resta solo il piacevole gioco dell'avventura esplorativa che non mi fa mai sentire in colpa, ma è stato e sarà sempre solo con le disostruzioni che la conoscenza si può allargare perchè nelle teche sigillate della terra, le grotte, è racchiusa la spiegazione di molti fenomeni fisici, biologici e storici.
Se sia moralmente giusto disostruire è e rimarrà sempre una domanda senza risposta, come tutte le domande di carattere etico dato che i criteri di giustizia variano per epoca, località e religione, e sistema politico-sociale vigenti.
Io penso che la curiosità, la sete di conoscenza, sia la prerogativa peculiare dell'uomo e che come lo scienziato non può arrestarsi di fronte alla possibilità di svelare i segreti della materia e della vita, così lo speleologo non può fermarsi di fronte ad un "buco" che promette una cavità, un vuoto, un luogo geografico sconosciuto, reperti archeologici o paleontologici, specie ignote di animali etc etc.
Chi ha seguito la problematica delle disostruzioni relativamente ai cambiamenti climatici possibili all'interno delle grotte avrà certamente letto gli scritti di Badino o ascoltato le sue conferenze in merito.
Giovanni, ricercatore serio e preparato, una autentica autorità mondiale in materia, ci ha detto alcune cose fondamentali riguardo alle zone interne delle nostre grotte:
- l'umidità non vale la pena neanche misurarla poichè è sempre immancabilmente prossima a saturazione, al di la della sensibilità degli igrometri che sono affidabili diversi punti prima del 100%.
- le variazioni di temperatura in zone interne di grotte provviste di ingressi, diurne o stagionali, possono apprezzarsi seriamente con termometri in grado di apprezzare il CENTESIMO DI GRADO.
- il buio è sempre totale (questo è banale e lo aggiungo io)
Anzi, aggiunge Badino: "mi sono attrezzato con batterie di 7 termometri per mediare i risultati e ottenere risultati attendibili in relazione a variazioni sotto 1/100 di grado".
Questo Giovanni lo ha detto anche alla conferenza che ha tenuto a Imagna 2005 il novembre scorso.
A conclusione di quella serie di dati mi sarei aspettato che Giovanni dicesse: "Facciamolo nella maniera più discreta e nel modo meno impattante possibile ragazzi, ma allarghiamo pure le fessure, cerchiamo nuovi mondi ipogei poichè riguardo all'impatto sul clima interno siamo a livelli della quasi irrilevabilità strumentale."

Applichiamo il principio di precauzione

Il dibattito sugli effetti e sulla estrema diffusione della pratica di disostruzioni distruttive (e come potrebbe essere diversamente..?) nasce soprattutto dalla constatazione, guarda caso lanciata pubblicamente dal punto di vista di una associazione di livello nazionale, che c'e' effettivamente un rischio di eccesso, e dove c'e' un eccesso c'e' spesso abuso.
E i danni li subiscono le grotte, e a noi sono le grotte che interessano. Ma ci interessano per quello che ci andiamo a fare, o a provare, dentro, oppure ci interessano per quello che c'e' da scoprire e studiare li dentro? Sottile differenza, ma a mio avviso sostanziale.
Sostenere che chi invoca, dati ed esperienze alla mano, l'applicazione di un semplicissimo e democraticissimo concetto di "precauzione", va ad "intralciare il progresso della speleologia italiana" mi pare una battuta di scarsissimo effetto e in definitiva assai poco intelligente.
Ma il rischio che una battuta divenga pensiero corrente, se non dominante, e' alto e dunque conviene stigmatizzarla.
Precauzione ha questo unico significato: atto e comportamento diretto a evitare un pericolo imminente o possibile. Il che equivale a mettere in campo azioni che impediscano o mitighino eventuali e possibili variazioni di diversa scala (oppure ancora: prevedere gli effetti delle proprie azioni, proiettandoli oltre le personali esperienze e capacita'...).
Cioe' pensare a chi viene dopo e a cosa lasciamo ogni volta che il mondo sotterraneo ci permette di dare una sbirciatina. E' lo stesso principio che ci impone di non abbandonare rifiuti, in grotta come in ogni luogo non deputato a raccoglierla.
Impedisce il progresso dell'umanita' la raccolta differenziata del vetro o della carta? SI? Allora buttiamoli nei fossi.
Ma stiamo scherzando o cosa? E' lo stesso identico principio di precauzione che la speleologia, correttamente, vorrebbe imporre ai gestori di grotte turistiche: "...occhio, guarda che non so bene cosa succedera', pero'succedera' un macello climatico e dunque ti vorrei imporre di mettere porte stagne..." .
Ma è cosi'difficile da accettare il fatto che se apriamo sezioni chiave con tutta proabilita' (per me e' certezza nella quasi totalita' delle grotte che in 25 anni ho visitato) spostiamo, alteriamo, anche di centinaia di metri i punti di condensa/evaporazione? Giovanni (che e' un Fisico, anche se spesso tende a essere troppo "speleo" per credergli...) giustamente ci dice che NON esistono oggi, se non a livello di prototipo, "evaporimetri" in grado di apprezzare le variazioni dello stato di condensazione/evaporazione a livello di atmosfere che oggi, noi poverini, definiamo grossolanamente "sature".
Eppure chi sta studiando gli effetti speleogenetici e di concrezionamento delle acque di condensazione...sta misurando effetti assolutamente impensabili sino a 6/8 anni fa (io credo che sia per molti casi una vera frontiera di ricerca).
L'ultimo esempio, banalissimo, che ho visto è nella grotta/tunnel di San Giovanni a Domusnovas (un traforo geologico che se non avesse il tetto definiremmo un canyon...): in alcune ore del giorno e della notte la condensazione è l'UNICO fattore che determina il gocciolamento di una quantita' d'acqua semplicemente MOSTRUOSA per unita' di superficie di roccia. Non dico che se allargassimo ancora un poco le sezioni (enormi) causeremmo la morte di quel traforo, dico solo che se il comune di Domusnovas, per assurdo, decidesse di chiudere uno dei due ingressi con una porta stagna...mi legherei davanti alla sede municipale con una catena da nave...Altri esempi? Se ci pensiamo ognuno di noi li ha visti (magari provocati), osservati ma NON misurati. Io stesso ho causato l'arretramento della condensazione di un centinaio di metri in una grotta (due chilometri) che abbiamo disostruito dall'esterno: niente di che, ma le cannule si sono seccate (nel senso che non sono piu' attive)appunto per un centinaio di metri, passando "solo" da un buchetto soffiante ad una strettoia a misura speleo.
Ecco perche' ci occorrono misure, esperienze e, perche' no, anche altri errori e orrori (altre grotte turistiche) prima di abbassare il sacrosanto principio di precauzione!
E ci occorre continuare ad acquisire esperienze in forma collettiva, cioe' di associazione nazionale degli speleologi,piuttosto che di singoli.
Ecco perche' (parlo di SSI, che conosco abbastanza) organizziamo e sollecitiamo corsi, incontri, dibattiti, partecipiamo a convegni e soprattutto cerchiamo di mettere in rete le nostre esperienze.
A qualcuno continuera' a non piacere, evidentemente, ma per la stragrande maggioranza di noi spero che valga il concetto che se allarghiamo una strettoia lo facciamo con precauzione, se non proprio con cognizione di causa, e soprattutto, cercando di "rimetterla a posto" con un cartone, una tavoletta di legno, un telo termico, dei massi o altro, sino a che non sappiamo davvero "cosa c'e' al di la'" e non siamo in grado di comunicarlo agli altri.

Si ma parliamone

Quello delle disostruzioni ha il difetto di essere un classico problema a N dimensioni, non cosi' semplice, insomma.
A Frasassi ho proposto, per quanto riguarda la realizzazione di adattamenti turistici, una prospettiva poco "morale" e piu' "tecnica" del problema.
Stiamo, infatti, discutendo di uso del territorio. Il fatto che questo uso sia a scopo di svago, studio, commerciale, e' puramente morale e fingo di non avere interesse per questo aspetto, per ora.
L'uomo, come tutti i viventi, usa territorio e risorse. Ha, per di piu', la capacita' di sapere modificare in modo drastico il territorio.
Intendiamoci, anche le formiche costruiscono condomini e modificano il territorio, ma lo fanno su una scala molto piccola e sopra tutto non tendono a mettere fuori equilibrio i sistemi su cui operano, come fa invece l'uomo.
Il problema risiede nella nostra grande abilita' nel creare strumenti che ci consentono di essere piu' efficenti.
Dunque, l'uomo modifica ed usa anche le grotte. Lo ha fatto per scopi differenti ed in modi diversi nel corso della sua storia. L'uso preistorico delle grotte ne comportava una alterazione diretta: l'uomo le adattava alle sue esigenze.
Molto presto, pero', abbiamo iniziato a modificare le grotte indirettamente, ovvero cambiando la superficie delle montagne. Sappiamo bene (??) che cio' che avviene in superficie ha importanti riflessi sotto terra: disboscamento, pastorizia, agricoltura, edilizia, scarichi,modificano indirettamente le caratteristiche delle grotte.
Da un centinaio di anni abbiamo ripreso a modificare direttamente le grotte, adattandole alle nostre esigenze, come esploratori, escursionisti,turisti.
Questo nostro intervento che conseguenze puo' avere? Svariate, lo hanno ampiamente dimostrato coloro che studiano questi ambienti, sotto diversi punti di vista.
Qui entra il problema etico: abbiamo il diritto di modificare la naturale evoluzione di un sistema di cavita'?
Innanzitutto rendiamoci conto che stiamo modificando non un oggetto immutabile, ma interveniamo sull'andamento di una naturale evoluzione.
Le strettoie in zone definite "ad alta energia" verranno comunque smantellate nel corso del tempo, attraverso processi naturali, ovvero indipendenti dall'azione dell'uomo. Le concrezioni cui tanto teniamo fra un paio di milioni di anni saranno diverse da oggi, o forse non esisteranno piu'.
Forse le "grotte" che vediamo oggi saranno del tutto differenti o completamente riempite (la famosa "speleopoiesi"). I nostri spit saranno solo tracce di ossidi di ferro nella roccia. Persino le scritte al nerofumo saranno scomparse, oppure diverranno testimonianze paleoetnologiche di elevatissimo valore scientifico. Peccato che non ci sara' nessun uomo ad esaminarle.
Gia', non ci sara' nessun uomo ...
Noi abbiamo non solo la presunzione di essere padroni di questo mondo, ma l'assurda e folle idea che il mondo sia sempre stato cosi' e che debba rimanere tale per sempre, in eterno. Invece il Carso verra' totalmente smantellato, il Canin diventera' una montagna di dolomia senza ombra di calcare ed abissi, il Marguareis diventera' una montagna di rocce cristalline.
Ma, allora, perche' devo fare a meno di spaccare a mazzate una fessura, che scomparira' insieme a mezza montagna fra un "po' di tempo"?
Potrei fare a meno di compiere un atto del genere perche' mi fa piacere illudermi di essere diverso da un pittore paleolitico. Potrei volermi limitare perche', a differenza di un industriale, non mi sento pronto a fare qualunque cosa per "il progresso". Ma potrei anche decidere che, in fondo, quello che c'e' oltre quella fessura e' talmente interessante che vale la pena di sporcarsi le mani. Cio' che trovo inaccettabile, piu' che le disostruzioni, e' l'agire senza alcuna coscienza e capacita' autocritica. Bisogna continuare a parlarne.

No

Il fatto che niente sia immutabile, non ci dà il diritto di fare ciò che vogliamo, noi non siamo i padroni del mondo,hai ragione da vendere, ma aggiungerei anche, che siamo ospiti di passaggio, e come tali abbiamo il sacrosanto dovere di rompere le palle il meno possibile a chi ci ospita.
Ma si!
Apriamo sbraghiamo totalmente le strettoie, cambiamo il clima interno, spopoliamo la grotta, tanto prima o poi tutto questo non ci sarà più! Anzi noi non ci saremo più!
Una visione un po' troppo antropocentrica, che andava bene prima dell' illuminismo, ma anche ai giorni nostri all' interno delle mura Vaticane.
Anche questo dovrebbe essere considerato illegale, allora uccidiamo la gente per strada, tanto prima o poi morirà comunque.
Non è una questione morale e di etica,è una questione di delicati equilibri ecologici, perché la grotta vive,non è un semplice spazio vuoto, è considerato un vero e proprio ecosistema.
Non ci sogneremo mai di fare questi discorsi per la foresta amazzonica, in quel caso senza ombra di dubbio, la penseremmo tutti allo stesso modo.
Si arriva così al concetto di sostenibilità: intesa come l'insieme di relazioni tra le attività umane, la loro dinamica e la biosfera, con le sue dinamiche generalmente più lente.
Queste relazioni devono essere tali da permettere alla vita umana di continuare, agli individui di soddisfare i loro bisogni e alle diverse culture umane di svilupparsi, ma in modo tale che le variazioni apportate alla natura dalle attività umane stiano entro certi limiti, così da non da non distruggere il contesto biofisico globale.
Se riusciremo ad arrivare a un equilibrio sostenibile come indicato da Herman Daly economista ambientale,le future generazioni potranno avere almeno le stesse opportunità che la nostra generazione ha avuto.

Prima, studiamo

Gran parte degli speleologi che conosco si appellano ad un basso impatto ambientale della pratica esplorativa ed escursionistica.
In sostanza, chi sostiene l'eticita' delle disostruzioni parte dal presupposto che queste, tutto sommato, sono innocue. Chi, d'altro canto, osteggia le disostruzioni, sostiene che esse sono causa di gravi squilibri ambientali nel sistema "sottoterra".
E' interessante, nessuno dice, in fondo, che le disostruzioni siano dannose ma che vadano comunque fatte, nonostante appelli al "progresso" che suonano tanto simili a quelli degli ingegneri ottocenteschi o dei sostenitori della tav.
In molti casi le posizioni degli speleologi riguardo alle disostruzioni ricordano quelle degli industriali nei confronti dell'inquinamento. E' naturale, ed umano, difendere ad oltranza i propri interessi, fossero anche quelli di svago.
Molto stupido e' farlo dandosi la zappa sui piedi, pur di non scendere dal piedistallo della propria,supposta, superiorita'.
Un'altra cosa mi colpisce; sono un gretto contabile della natura, ed in tutti questi discorsi mi sembra manchi qualcosa: un bilancio.
Per quanto riguarda le grotte ho notato che tali valutazioni vengono evitate accuratamente, o messe in atto parzialmente. La speleologia sostiene pubblicamente di essere depositaria di conoscenze importantissime relative alle grotte.
Bene, tali conoscenze sono essenziali per una valutazione di impatto, per proporre misure di mitigazione, limitazioni, tutto quanto viene fatto (magari male) per qualunque attivita' umana pianificata nei paesi che si ritengono "civili".
In verita' e' un bluff. Delle grotte sappiamo ancora poco, anzi, delle grotte come sistema sappiamo pochissimo, anche se abbiamo studiato e catalogato singoli speleotemi, singole specie animali, singoli fenomeni meteo. Manca una seria sintesi, (che interessa molto alla speleoecologia),ed una sua applicazione pratica, che interessa le valutazioni di impatto ambientale, dunque il piano pratico e decisionale.
Gli speleologi, ovviamente, non si metteranno mai a fare una v.i.a. per decidere se fare fuori una strettoia o meno.
Pero', prima di prendere una posizione ufficiale, della "Speleologia", credo sarebbe importante disporre di dati su cui discutere e sulla base dei quali decidere.
Dati e non supposizioni.
Abbiamo la forza, come speleologi, di raccogliere questi dati? Abbiamo la capacita' di farlo, o siamo veramente dei semplici turisti come sostengono alcuni?
Negli ultimi due anni mi sono convinto che sia necessario fare un passo indietro e cominciare col costruire una solida base di conoscenza, su cui poggiare i ragionamenti. Ci servono modelli, non dati puntuali.
Nessuno e' obbligato ad interessarsi della cosa, ovviamente, ciascuno e' libero di decidere se comportarsi in modo sensato o meno. Nel frattempo rimane opportuno il principio di precauzione, senza impedire a nessuno di disostruire, ma senza accettare a cuor leggero scavi di tipo minerario.
Sopra tutto conta fare le cose con coscienza, accettabile e' disostruire riconoscendo il problema, irresponsabile e' farlo sostenendo che si tratta di un'azione innocua.

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