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Costa Serini botanico

Antefatto La florula dei Monti Aurunci, fatta è!....insomma… Costa Serini lascia un po’ a desiderare, un sacco di specie che non so identificare per bene, servirebbe un botanico di quelli con i controcazzi, come si suol dire. E quando Giulio se n’esce “conosco gli Aurunci come le mie tasche” lo invito immediatamente. Sarebbero dovuti venire anche Enzo e Gianleonardo ma altri impegni li hanno, buon per loro, distolti.

L’epica impresa: Agganciamo l’uscita botanica con quella del CAI di Esperia di allargamento dell’ingresso basso dei Serini. “A che serve?” chiederete voi, curiosi, “a niente” visto che dentro c’è immediatamente la galleria allagata. Partiamo, assieme al Nozzolone e a Mario, col classico ritardo accademico del botanico Giulio. Arrivati davanti all’ingresso basso troviamo Paolo e Federica che coordinano il CAI di Esperia nello scavo di immane trincea nell’alveo del torrente. Guardo tutti col massimo della torvità possibile, tant’è che un caino, colpito dallo sguardo a vipera, si scusa subito “Non è che stiamo facendo una villetta abusiva”. Troppo dispendioso perder tempo in discussioni ambientali, aspetto Giulio che già arrivare all’ingresso basso ci mette del suo. A sua scusante metti che c’è un caldo umido allucinante, ha le scarpe inadatte all’asperità del luogo ed è vestito come se andasse a messa. Però non demorde, ogni specie di quelle che manco le vedi, lui te le recita, come un mantra. Paolo, Federica, Mario e, soprattutto, Sergio, hanno già capito l’antifona e, battendo l’orologio, si raccomandano “alle 4 dovete essere all’area pic nic”. “Come no?” penso tra me e me, “addio all’idea di arrivare a Serra Campo di Venza, solo giungere al campo sarà un’impresa”. Infatti lo è. Appena usciti dal bosco, Costa Serini si dispiega ai nostri occhi col massimo della fioritura possibile ed immaginabile. Pur avendola frequentata per secoli e secoli, mai avevo visto uno spettacolo del genere. Un’esplosione di colori e fiori indescrivibile, gladioli e lilioasfodeli a non finire. Per cui Giulio, pur ansimando come uno che sta tirando gli ultimi, si mette a girare siccome bombo di fiore in fiore, tant’è che mi fa pure perdere la retta via e, invece di seguire l’ombroso bosco, c’inerpichiamo per pietraia sulla ripidissima Costa Serini sotto un sole martellante. Ogni raro albero è il suo, si siede e fuma, raccontandomi di tutto e di più. Oltre che un gran conoscitore di fiori è anche un simpatico narratore. Però mi rendo conto che farlo arrivare a Campo di Venza sarà dura, più o meno come avere allievi riottosi in grotta. Il fatto è che ci vuole venire, nonostante tutto. Non so come, ma ci arriviamo. Qualcuno avrà guardato giù perché, proprio prima di arrivarci, c’imbattiamo nella rarissima Ophrys lacaitae che avevamo entrambi visto solo in fotografia. La scoperta ci ripaga di tutto. Vicino altre specie di orchidee sconosciute e un campo di Serapias cordigera enormi. Giulio si inginocchia e manco lo schiodi più, deve assolutissimamente fotografare tutto. Peggio di me. “Lascia perdere le viole che sono le solite cassinensis, Campo di Venza sta proprio dietro quella dolina, se lo vuoi vedere”. Lo vuol vedere, per cui alla fine di schioda ma poi fa come Mosè davanti alla terra promessa, lo guarda dall’alto e manco vuol vedere l’ingresso di Sarà Serini. “Ci credo che sta la io ti aspetto”. Va ben, vado per sentire se soffia o aspira, non fa niente, pare un buco tappato, per cui rapidamente raggiungo Giulio e lo incito a darsi una mossa. “Guarda che stavolta non dobbiamo proprio perdere il sentiero che fare la pietraia in discesa te lo raccomando e poi ci dobbiamo sbrigare che alle 4 ci aspettano”. “Aspettassero, ma non viene il CNSAS?”. O miodddddddddddddio. “Ma de che, no, devi scendere con le tue gambe” “non ce la faccio più, le sento tremare”. Per farla compita ci si mettono pure i cinghiali “non ti fanno niente, scappano”. Lasciarlo morire qua come farei con un normale speleologo non posso, io ce l’ho portato e io lo devo riportare a valle. A furia di dai e diradai, ringraziando un cuor mio di aver esercitato la pazienza speleologica con tanti allievi e aver mantenuto la saldezza dei nervi, fortunatamente arriviamo alla sbarra. “Senti, ora se vuoi morire fai pure, aspettami qua che vengo a riprenderti con la macchina”. Invece la paura del cinghiale, suppongo, lo trascina dietro di me fino al campeggio ai Serini dove, come un magnifico miraggio, vedo con somma gioia Sergio e Mario che mi aspettano.
Grazie Giulio, sono tornata con un elenco i fiori che inserirli nella florula è compito da non dirsi, peggio di riportarti giù da Costa Serini.
Alla prossima!!! Mg 9.6.2019
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