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Il corso di speleogenesi "sparagagna!"

Antefatto: Quale dilemma si profila nella famiglia spelea Nozzolesca, andare a Spelaion a fare casino (solo io, che l’altro non ci tiene per niente) o fare un serio corso di speleogenesi al Cens? Che domande, posto alle strette il Nozzolone risponde “il corso di materiali!”…ossia, come si rompono corde, moschettoni, piastrine e compagnia bella che poi uno, in grotta, ci torna col cavolo.

L'epica impresa:Così eccoci al Cens, tutti contenti di approfondire la speleogenesi perché per saperla la sappiamo, ma repetite juvant, sia mai che impariamo qualcosa di nuovo da trasmettere al popolo bruto degli allievi di corso.
Ci accolgono Checco, Cleofe e...Giorgia, e questa chi è?mi dà una mano che stritola e mi dice “di Gorizia!” con un cipiglio da dire “sono una speleologa di quelle tremende, altro che, istruttore nazionale in divenire”, immediatamente la invito ad iscriversi a speleoit, onde entrare nell’enturage del gossip spinto, che serve a far carriera, più scrivi e più sali di grado, sei una sega squallida? Fa niente, scrivi a speleoit e assurgi a divinità massima spelea con tanto di patacche anche se non ce l’hai.
Ma veniamo al dunque, siamo arrivati un giorno prima per usufruire del bel tempo, strano a novembre e al Cucco poi, strano di molto, che ci consigli Checco? Il Boccanera!, andatevi a fare la ferrata. Arrivati con un sole splendido, scendiamo dalla macchina e subito il notorio freddo del Cucco ci assale di colpo, 20° di meno come minimo, un vento che levati e per andare al Boccanera è tutto un bosco rivolto a tramontana, te pareva, pure stavolta ci tocca la parte buia del mondo, ormai sono rassegnata, più anelo al sole e più mi tocca l’ombra. Ma il Boccanera non l’ho mai visto, annamo vah.
Il sentiero è pettinato, secondo me ci portano i ragazzini di ramazza, altro che gli sgarimpani nostri. Arriviamo in fretta e meraviglia!!! Facciamo sta ferrata che si fa prima a finirla che a mettersi l’imbraco e ci resta la bava alla bocca dalla voglia di scendere il pozzo, ma non c’è tempo, più che altro non c’è corda. Fatte le foto di rito, di corsa al Cens a spettegolare con la Cleofe.
Nel frattempo, alla spicciolata, arrivano anche gli altri compagni di corso e pure gli istruttori e visto che, a parte Giorgia, non mi sembrano sti ragazzi di primo pelo, non so se li devo salutare con la dovuta deferenza in quanto docenti o cosa. Salvo Ferruccio che è sempre lo stesso da 40anni a sta parte, il resto li conosco si e no di vista, ma Michele di Bassano altro che, di penna!! Perché ci siamo scazzati su speleoit e lui manco sa chi sono. Mi presento, così, con Mario di Feltre, abbiamo bello e che fatto la “ligaveneta no le doppie dai nomi, sparagagna el gato te magna” e, come tutti i veneti che si rispettino, armiamo un casino della madonna che mi ripaga dal mancato spelaion.
Gli altri sono: un triestino con una mula triestina di tutto rispetto, due ternani, uno di Vittorio Veneto, una di Gualdo Tadino,uno marchigiano, insomma un mischiotto di parlate dove, a dire il vero, prevale l’umbro, che tranne i vicentini caciaroni, gli altri stanno zitti.
Arriva Marco il geologo, che subito c’insegna la speleogenesi a partire dai primi 60 centimetri saturi. Sto fatto dei 60 centimetri saturi lo hanno ripetuto tutti, tranne che smentirlo subito dopo. Perché la teoria è una cosa e la pratica un’altra. Le grotte della teoria se ne fregano alla grande. Poi è la volta di Sandro che invece di partire dai sei centimetri saturi parte dalle anguille dei Sargassi, nientemeno. Però la sua lezione è un vero spasso. Ci racconta di Frasassi e dell’ambaradan della genesi del massiccio con una verve da comico, da vederlo, già ti fa ridere per come si pone, racconta la geologia che resti incollato alla sedia meglio di un film di AldoGiovannieGiacomo, troppo forte!!! La Cleofe poi mi dà l’incarico di fotografare l’americano che ha dimostrato l’estinzione dei dinosauri, il tutto durante la lezione e senza farmi vedere da lui poi, fortuna che ogni tanto s’appisolava, ma pareva brutto fotografarlo dormiente, ‘na fatica.
Dopo pranzo ecco la lezione di Jo. Secondo me s’è inventato un sistema per tenerci svegli. Dopo Marco e Sandro, che si poteva inventare più? Eravamo saturi come i primi 60 centimetri di scienza speleogenetica tutta, a lui che restava? Gli indovinelli. C’ha fatto vedere le peggio stranezze geologiche che se le vedi in grotta primo non ci fai caso, secondo, scappi via per non sapere. Invece no, dovevamo dire che sono e come si sono formate. Michele, per fare la bella figuretta, s’è arrampicato sugli specchi a dire un sacco di teorie vattelapesca come l’ha pensate, ma Jo no, a smentirle, salvo spiegare con altre parole le stesse cose ipotizzate da Michele. Michele c’è rimasto male ma non potevo disturbare la lezione per complimentarmi che c’era arrivato scienza bassanese contro scienza belga, ancorché con termini non proprio geologicamente correct. A dire il vero qualcosa l’avevo capito anche di mio ma vaglielo a spiegare al belga.
Poi è la volta di Francesco che, tralasciando i primi sei centimetri, è passato direttamente a come si rilevano i Piani Eterni onde capire che invece di andare per la galleriona bella larga ed in discesa, devi infilarti per la strettoia infima in salita perché la grotta è lì, visto che, ignorante che non sei altro, non hai fatto il rilievo tridimensionale tenendoti le spezzate. In sta lezione, che ha mandato in visibilio il Nozzolone, in quanto piuttosto tecnica, a momenti dormivo, primo perché detesto stendere il rilievo che mi viene sempre una biscia se orizzontale e un bicchiere se verticale, secondo perché di farmi una strettoia infima ai piani eterni non ci penso proprio.
Per oggi basta, cena e a dormire tutti mortimazzati che ste lezioni di fila c’hanno spappolato il cervello.

Grotta del Fiume - Frasassi
Sabato mattina tutti svegli pimpanti che c’è l’uscita pratica in grotta con due pulmini. Scelgo immediatamente quello guidato da Marco al quale, in quanto geologo, posso sconquassare le balle per sapere della genesi del Petrella che m’interessa una cifra. A Genga Marco scende dal pulmino e dice subito “qua niente orme di dinosauro, tutta acqua” come dire, basta piattaforma laziale, si parla d’altro. E ci spiega proprio per benino la sinclinale. Poi ci porta alla sorgente sulfurea, poi alla grotta del fiume, poi alla grotta beata vergine di Frasassi, il tutto spiegandoci ogni minima pieghetta, ogni minimo fanghetto, ogni minimo cristalletto traslucido, ogni minima pelle di leopardo, ogni minima pozzetta d’acqua con genesi di mocciolo batterico in corso. La grotta come non l’avevo mai vista. Certo se vai in grotta così, mò arrivi. Infatti, come dice il Checco, abbiamo fatto il percorso delle seghe squallide. Ma abbiamo imparato una cifra, tiè, e fotografato pure, tant’è che stavolta gli autoscatti sono venuti pure bene, non mossi a correre dietro agli altri. A dire il vero alla beata vergine di Frasassi il Nozzolone, il marchigiano e la sottoscritta siamo andati per conto nostro a vedere la prosecuzione che ci scottavano i piedi a star fermi. Tornati che siamo, stavano ancora tutti lì a fotografare un ragno. Potevamo fare anche un meno mille nel frattempo. Per tornare a casa, sosta all’oleificio di Mara che c’ha fatto un sacco di bruschette con l’olio appena fatto. Figurarsi una torma di speleo affamati davanti alle bruschette, le abbiamo assaltate peggio delle cavallette, tranne Giorgia che vive di petali di fiore. Non venivamo più via, per ringraziarla, e vista la bontà dell’olio, ce lo siamo comprati tutti. Cena dalla Cleofe e poi dopo cena con filmone americano di grotte e, per par condicio, filmone bassanese della grotta del granchio. Il chè mi ha convinto che ho fatto bene ad emigrare al sud, mi tengo le mie del Petrella.

Francesco Salvatori
Ultimo giorno lezione di Checco. Indovina da dove parte? Dai primi 60 centimetri di grotta. Dopo essersi dilungato sul perché sti 60centimetri saturi non si saturano mai ed averci spiegato la genesi di complessi e complessoni, inghiottitoio-risorgente, di colpo ci dice, niente vero, ci sono anche i complessoni che partono dal basso, che ve credete. Di ciò eravamo ben consci, perché chettecredi, siamo stati attenti alle lezioni precedenti e poi Marco c’ha fatto sbattere il muso addosso alla cruda realtà della genesi dal basso. Però il Checco è sempre il Checco, non ti stancheresti mai di ascoltarlo. E dopo eccoti Ferruccio. Dulcis in fundo. Che ci spiega come dobbiamo spiegare. Ma ormai la nostra mente è lanciata al rientro, mangiamo, baci, abbracci e via, di corsa a casa a sognar complessi dall’alto, dal basso salvo che....ci spettano i primi 60centimetri saturi, qui sta il dramma della speleogenesi e nostra che li dobbiamo bypassare.
Alla prossima! Mg 9-11 novembre 2012
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