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La tutela delle aree carsiche
da Grotte e Dintorni (anno 1 - n. 2 - novembre 2001; pag.59-70), atti della tavola rotonda "acque del terzomillennio", Castellana Grotte, 31 marzo 2001.

Normative di tutela e salvaguardia del patrimonio carsico

Per un paese in cui oltre un terzo del territorio è carsificato e oltre il 40% delle risorse idriche ad uso potabile proviene da acquiferi carsici, il quadro normativo complessivo di tutela puntuale e territoriale relativo a queste peculiari e imperdibili risorse risulta, più che inadeguato, inaccettabile.

Nel campo della tutela del patrimonio carsico nazionale poco o nulla di concreto è stato fatto, né per prevenire le conseguenze da "impatto" di opere pubbliche e private sui siti carsici, di superficie come sotterranee, né per rimuoverle, se possibile.

Ogni qual volta occorra perseguire l'inquinamento di un acquifero carsico, ad esempio, incerte sono le strade percorribili:

- il Decreto legislativo n.490 del 29.10.1999, che tutela i beni di interesse artistico, storico, archeologico,etnologico e paleontologico, è efficace solo per le grotte (non poche) che contengono beni di questo tipo: tutela il "contenuto" e non il "contenitore" (il paesaggio carsico, lasuperficie, la grotta, l'acquifero).

- la legge 1497, sempre del '39, preclude la possibilità di tutela di zone carsiche superficiali che non rivestano peculiari caratteristiche paesaggistiche o geologiche: ben sappiamo al contrario che un paesaggio privo di queste "peculiarità" può viceversa assumere una importanza fondamentale in rapporto al drenaggio delle acque superficiali nel caso di un carso coperto.
Ma anche in caso di vincolo con questa legge è solamente l'aspetto esteriore della cavità (e solo quello) ad essere soggetto ad autorizzazione per la sua modificazione da parte della locale Soprintendenza; nel caso di inosservanza, interviene la norma penale (art. 734 CP, distruzione o deturpazione di bellezze naturali) che sanziona, se oggetto vincolato, con un'ammenda da 2 a 12 milioni di lire.

- la legge n. 319 del '76, la "legge Merli"sull'inquinamento delle acque, si è occupata di disciplinare e regolamentare gli scarichi nelle acque, sui suoli e nel sottosuolo, ma anche nelle sue successive articolazioni e attribuzioni agli Enti Locali non ha mai costituito una valida risposta alle peculiari esigenze di tutela effettiva degli acquiferi carsici.
Sono innumerevoli i casi di scarichi fognari, pubblici e non, pienamente "in tabella" che quotidianamente accumulano inquinanti all'interno di cavità carsiche che, con ricorrenza, restituiscono onde di piena ad inquinamento concentrato. E cosa dire delle discariche, controllate e non, di cui è punteggiato il "tavoliere"? Un perfetto esempio di acquifero in rapido e irreversibile degrado, anche grazie all'eccesso di emungimento cui corrisponde per vaste aree l'oramai definitiva ingressione di acque marine salate, reso inutilizzabile anche per l'irrigazione agricola.

In questo quadro normativo, non deve stupire quindi che per tutelare queste risorse naturali si sia ricorso più volte al R.D. n. 1016 del '39 (anno felice, evidentemente, per la legislazione di tutela della nostra bella Italia, ma oramai troppo lontano dall'attualità) cioè il Testo Unico sulla Caccia in cui all'art. 38 si predispose una apposita tutela per i Pipistrelli, oppure ancora al D.L. 30.12.23 Vincoli per Scopi Idrogeologici, o al R.D. n. 1443 del '27 Legge Mineraria.

L'assenza di una legge-quadro nazionale che sancisca, tutelandone l'integrità, la peculiarità degli ambiti carsici a cui afferiscono acquiferi potabili e di utilizzo agricolo, ha sinora demandato alle variegate sensibilità regionali l'emanazione di provvedimenti a volte sì puntuali ma in sé disarticolati e a volte, per questo aspetto, inefficaci. Le stesse leggi regionali "in favore dell'attività speleologica" già operanti in alcune realtà regionali sin dal 1972, non sono "scese" a salvaguardare il patrimonio ambientale carsico.

* (ci sono attualmente numerose leggi regionali nate a tal fine, una in particolare, quella della regione Lazio, nasce prevalentemente per la tutela del patrimonio carsico, oltre che per la valorizzazione dell'attività speleologica, vedi sotto.)

A questi strumenti legislativi dobbiamo riconoscere esclusivamente un fattivo impulso allo sviluppo del Catasto delle Grotte, strumento dinamico fondamentale per la conoscenza del territorio.

Le legislazioni sui Parchi e quelle derivanti dalla "legge Galasso", sulla predisposizione dei Piani Territoriali Paesistici Regionali e Provinciali, sempre a causa dell'assenza di una legge-quadro nazionale di indirizzo per la salvaguardia del patrimonio carsico, rappresenterebbero una occasione imperdibile per colmare il ritardo e le lacune accumulate: sono pochissimi i casi in cui questo è avvenuto, tutti casi legati alla fortuita ma combattiva presenza di "Speleologi" tra i funzionari addetti alla pianificazione.

Un ulteriore progresso è stato fatto con il D.L. 11 maggio 1999, n. 152, recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento, comprese le acque sotterranee. Anche questa legge però, al pari della precedente, considera le acque in funzione del loro uso umano (potabilità, uso agricolo o industriale) e non dell'interesse dell'ambiente.

La Direttiva Habitat e l'ambiente sotterraneo:

Prende il nome di "Direttiva Habitat" la direttiva 92/43/CEE del Consiglio della Comunità Europea, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
La direttiva habitat è stata di recente integrata (Direttiva 97/62/CE del Consiglio, del 27 ottobre 1997, recante adeguamento al progresso tecnico e scientifico della Direttiva Habitat) e trova il suo regolamento applicativo in Italia nel DPR 8 settembre 1997, n. 357. Si tratta di strumenti molto potenti per garantire la conservazione degli habitat naturali e dell'ambiente carsico, nonché della sua flora e fauna. La direttiva si pone come obiettivo la tutela di habitat e specie di interesse comunitario, fornendo precisi criteri di selezione in base alla presenza di specie rare, endemiche, vulnerabili o a rischio di estinzione.
Anche se le informazioni sullo stato di rischio possono essere scarse, la rarità e l'endemicità sono criteri che si adattano perfettamente alle specie troglobie e stigobie in senso lato, e pertanto molte potrebbero essere incluse in un prossimo adeguamento normativo tra le specie di interesse comunitario. Non solo, ma la direttiva fornisce da subito degli elenchi di habitat e specie di interesse per la Comunità Europea.
Di interesse fondamentale è l'allegato I della Direttiva Habitat (allegato A del DPR 357), in cui vengono elencati i tipi di habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione.
Tra questi al punto 8 della Direttiva 97/62/CE troviamo gli "Habitat rocciosi e grotte" fra cui sono elencati:

8310 (65 delle normative precedenti) Grotte non ancora sfruttate a livello turistico

8320 Campi di lava e cavità naturali

8330 Grotte marine sommerse o semisommerse.

Risulta evidente pertanto che viene richiesta agli stati membri la specifica tutela di questi ambienti.
Nonostante questo fatto, le grotte incluse nei siti di interesse comunitario o nazionale (rete Natura 2000 e siti Bioitaly) sono in numero limitato, con eccezione di alcune regioni o province autonome (ad esempio il Trentino) che hanno invece proposto un congruo numero di siti da sottoporre a tutela.
Sicuramente il punto debole delle scelte sinora effettuate è quello di tutelare prevalentemente singole cavità e non intere aree carsiche o bacini idrografici.

Per quanto attiene la fauna, negli allegati II (elenco delle specie animali e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione, chiamato allegato B nel DPR 357) e IV (elenco delle specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa, detto allegato D nel DPR citato) troviamo tra i vertebrati tutti i pipistrelli che frequentano le nostre grotte (ed in particolare tutte le specie del genere Rhinolophus nell'allegato II, la dizione "Tutte le specie" di microchirotteri nell' allegato IV), e tra gli anfibi i geotritoni (Speleomantes) ed il proteo (Proteus anguinus).

Fortemente carente è invece la lista degli invertebrati, ove sostanzialmente non vi sono troglobi.

Cosa possono fare gli speleologi?
ecco come.....

Un esempio concreto di salvaguardia dell'ambiente
ad opera del Circolo Speleologico Romano
la delibera di Monte Castello-Parco Naturale dei Monti Ausoni

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