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Alla scoperta del mondo sotterraneo

Definizione

Il termine Speleologia è stato coniato alla fine del secolo scorso dal francese Eduard Alfred Martel, deriva dal greco speleaion = grotta o caverna e logos = scienza, quindi la speleologia è la scienza che studia le grotte.
La speleologia, tuttavia, è una disciplina un po’ particolare: non è una scienza (come il nome potrebbe suggerire), non è uno sport (anche se in certi casi è una delle più faticose ed impegnative attività umane) e non è neanche un hobby (però in genere nessuno retribuisce gli speleologi per il lavoro che fanno, neanche quando questo si dimostra utile alla collettività).
In realtà la speleologia è la somma di queste tre cose e di tante altre.
Spesso la speleologia viene paragonata all’alpinismo, tuttavia l'unico punto in comune tra alpinista e speleologo - ma anche tra speleologo e chi pratica molte altre attività specialistiche - è al massimo di ordine spirituale. Quel desiderio di emozioni e di conquista, quella necessità di autoaffermazione o di nuove esperienze, quel sentimentalismo che può essere tutto per un alpinista, è solo la premessa per fare di una persona uno speleologo.
L'alpinista si trova sempre ad operare in un ambiente che, per quanto ostico e poco usuale, gli è pur sempre connaturale, mentre l'ambiente dello speleologo è un mondo ove predominano dei fattori assai diversi o addirittura in netta contrapposizione a quelli esistenti nel mondo esterno.
Cominciano, quindi, dal principio.
Vi avverto subito che l’argomento “storia della speleologia” è davvero un bel mattone, riservato a chi ha serie curiosità in proposito, la lettura potrebbe conciliare il sonno, per questo la consiglio a chi ha problemi di insonnia.

Breve storia della speleologia

L'esplorazione delle caverne è tra le più antiche attività umane. Sin dalla preistoria la protezione offerta dal tetto naturale dei ripari rocciosi ha costituito una fortissima attrazione. I primi abitanti spesso si avventuravano ben oltre le ampie entrate dei grottoni, spingendosi nell'interno. Sotto le volte rischiarate dai falò, tenuti accesi per tenere lontani gli animali feroci (come il temibile Ursus spelaeus), si svolgeva una intensa vita sociale. Sulle pareti più nascoste, invece, venivano tracciati segni e graffiti: le raffigurazioni rupestri, propiziatorie di buona caccia e fertilità. Sempre in grotta si celebravano riti scaramantici e di iniziazione, si plasmavano sculture di fango e si costruivano manufatti funerari; tanto che sono innumerevoli le cavità oggetto di studio paletnologico. Ancora oggi in alcune regioni della Terra vi sono popolazioni di "trogloditi", che vivono in caverne.
Le grotte hanno avuto un ruolo fondamentale - con accezione sia divina che malefica - nella mitologia e sono una costante di tutte le religioni: ancora oggi il "miracoloso" grottone di Lourdes è uno dei luoghi più visitati al mondo. Lo sfruttamento delle caverne come luogo di culto o di sepoltura si sviluppò presso i Sumeri e gli Egiziani. Questi furono anche i primi cartografi sotterranei.
Una prova storica di attività speleologica viene fatta risalire all'853 a.C., quando il re assiro Shalmaneser III visitò alcune caverne alle sorgenti del fiume Tigri.
L'esplorazione è illustrata in un bassorilievo di bronzo (ora al British Museum) rinvenuto nel palazzo reale. Il simbolismo della caverna ebbe grande forza anche nella mitologia greca, prima con riferimenti sessuali (mistero della fecondità) e in seguito come soglia d'accesso all'oltretomba. La valenza di questa immagine terrificante venne accentuata dai Romani, con un'avversione mitigata solo dal successivo culto mitraico. Essi utilizzarono però molte grotte a scopo termale e curativo, dando un impulso decisivo allo studio delle acque.
L'avvento del cristianesimo - nel tentativo di scoraggiare i culti misterici del paganesimo, che nel sottosuolo avevano trovato linfa e rifugio - trasformò le caverne in sedi di oscure forze malefiche. Fu così che prese forza l'iconografia del drago abitatore degli antri: nel corso del Medioevo le grotte diventarono la "casa del demonio" per eccellenza, abitate da folletti, streghe e maghi. In verità più spesso frequentate da eremiti e banditi.
Riepilogando, quindi, l’uomo primitivo utilizzava la grotta quale luogo di rifugio, poi nella cultura antica questa è stata considerata come la parte negativa dell’aldilà in terra.
Ma la curiosità più le motivazioni naturalistiche e scientifiche portarono l’uomo ad avventurarcisi.
Già nel 1213, infatti, qualcuno ebbe il coraggio di inoltrarsi all’interno della Grotta di Postumia, come dimostrano firme e scritte datate in quel periodo appunto.

Leonardo Da VInci e i precursori

All'inizio del XVI secolo il poliedrico scienziato e inventore Leonardo da Vinci visita e descrive due grotte lombarde (la Ghiacciaia di Moncodeno e la Grotta di Fiumelatte).
È la scintilla: la ricerca speleologica comincia a liberarsi dai dogmi aristotelici e dalle superstizioni. Il racconto di Leonardo è avvincente: "Tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere la gran coppia delle varie e strane forme fatte dalla artifiziosa natura, raggiratomi alquanto infra gli ombrosi scogli, pervenni all'entrata di una gran caverna; dinnanzi alla quale, restato alquanto stupefatto e ignorante di tal cosa, piegato le mie reni in arco e ferma la stanca mano sopra il ginocchio, e colla destra mi feci tenebre alle abbasate ciglia; e spesso piegandomi in qua e là per vedere se dentro vi discernessi alcuna cosa; e questo vietatomi per la grande oscurità che là dentro era. E stato alquanto, subito salse in me due cose: paura e desiderio; paura per la minacciante e scura spilonca, desiderio per vedere se là entro fusse alcuna miracolosa cosa".
Grazie ad alcuni studiosi italiani e grazie forse al fenomeno carsico non scarso nelle nostre zone, il XVI secolo segna la nascita vera e propria della speleologia. Piero Coppo agli inizi del 1500 s'interessò del misterioso corso sotterraneo del fiume Timavo nel Carso Triestino.
In contemporanea, iniziò, l’esplorazione di una grotta in Belgio (Han-Sur-Lesse). Sempre nel 1500 troviamo il frate bolognese Alessandro Alberti che esplorò varie grotte d’Italia, facendo anche uno studio sul Timavo. Tra i suoi allievi e seguaci troviamo Gian Giorgio Trissino il quale intraprese l’esplorazione dei Covoli di Costozza, scoprendo una prima specie faunistica ipogea (crostacei Niphargus 1537). Bisogna pensare che in questo periodo si fecero anche i primi studi sul fenomeno delle concrezioni, arrivando a pensare anche ad una crescita di tipo vegetale o solidificazione di vapori. Il Principe Federico IV mandò ad estrarre grandi quantitativi di concrezioni per ricavarne oro, lasciamo a voi dedurre quale delusione abbia provato.
Giovanni Valvassor, nel 1689 in una sorgente vicino Lubiana, scopre il primo esemplare di Proteus Anguinos, descrivendolo come un piccolo di drago (unico vertebrato cavernicolo esistente in Europa). Ma il vero precursore della speleologia scientifica viene considerato il gesuita Athanasius Kircher, che scrisse la colossale opera Mundi Subterranei (Amsterdam, 1678): vi si parla ancora di draghi e mostri, ma sono raccolte anche le teorie dell'epoca, in un tentativo di analisi sistematica. Nel 1689 venne catturato per la prima volta un Proteo che il Barone Valvaser descrive come "un piccolo di drago". Nel XVIII secolo la speleologia è matura per il grande salto. Decisivi i contributi di Antonio Vallisneri (considerato il fondatore dell'idrologia sotterranea), Gottfried Wilhelm von Leibniz (filosofo e scienziato tedesco studioso di paleontologia e grotte vulcaniche), Giovanni Arduino (fondatore della moderna stratigrafia) e Alessandro Volta. Il passo successivo - con l'osservazione diretta, strumentale e quindi comparabile dei fenomeni ipogei - lo compie il berlinese Pietro Simone Pallas che, su ordine di Caterina II, esplora le sperdute regioni della grande Russia. Intanto nel Carso triestino, dopo anni di ricerche, il vicentino d'origine austriaca Lindner nel 1841 raggiunge il corso sotterraneo del fiume Timavo sul fondo dell'Abisso di Trebiciano, ad oltre 300 metri di profondità.

La speleologia moderna

Proprio nel Carso e nella zona delle Grotte di Postumia, a partire dalla metà del 1800, iniziano le importanti ricerche condotte dal professor Adolf Schmidl, dell'Accademia imperiale delle Scienze di Vienna. Ma è nel 1894, quando l'avvocato francese Edouard-Alfred Martel manda alle stampe Les Abimes (gli Abissi), che si compie la svolta.
In Francia si vuole datare l'inizio della speleologia locale con la prima traversata di Bramabiau, compiuta da Martel, con sei compagni, il 27.6.1888.
Nel 1888 Eduard Alfred Martel, infatti, abbandona la professione di avvocato per dedicarsi interamente alla speleologia, così esplorando un migliaio di cavità in diversi paesi europei e contribuendo con propri scritti che fanno ancora testo viene considerato il vero padre della speleologia.
Martel inventa il termine "speleologia" e descrive le tecniche che gli hanno permesso di esplorare ben 230 cavità e di raggiungere il fondo del Gouffre de Rabanel, a più di 200 metri di profondità. Tecniche che oggi mettono i brividi: scendeva calato a braccia con un grosso canapo che girava vorticosamente, seduto su una piccola asse, con una candela in mano e un cappello di feltro in testa. Edouard-Alfred Martel viene considerato il fondatore della speleologia moderna non tanto per i risultati ottenuti sul piano delle esplorazioni, ma in quanto fu il primo a darne una visione completa (superando le relazioni fantasiose e caotiche dei predecessori). Soprattutto fu il primo a considerare l'esplorazione diretta come mezzo per studiare le grotte e descriverle con rigore scientifico. Tra il 1888 e il 1893 Martel organizzò campagne di ricerca in Francia, Belgio, Austria, Italia, Jugoslavia e Grecia. In quegli stessi anni nascevano le prime organizzazioni speleologiche italiane.
In Italia nel 1883 nasce a Trieste, sotto l’infaticabile guida di Eugenio Boegan, il Martel italiano, la Commissione Grotte della Società Alpina delle Giulie, il primo gruppo costituitosi nel mondo, seguita dalla Commissione speleologica del Club Alpino Italiano (Milano, 1897).
Tra il 1898 e il 1904 sorgono nell'ordine: il Circolo speleologico e idrologico friulano di Udine, il Circolo speleologico Maddalena di Brescia, la Commissione speleologica del Club Alpino Italiano di Como, il Circolo speleologico emiliano e il Circolo speleologico romano. Nel 1903, a Bologna, Gortani, Trebbi e Alzona fondano la Società Speleologica Italiana , che per qualche anno pubblica la Rivista italiana di Speleologia. Nel 1904 comincia ad essere stampato a Udine Mondo Sotterraneo.
Nel 1906 viene pubblicato a Milano il primo manuale di esplorazione sotterranea. Esso contiene una dettagliata descrizione delle attrezzature e delle tecniche esplorative dell’epoca: corde di canapa con diametro di 14 mm., scale di corda, torce di resine, fuochi di bengala per l’illuminazione di grandi ambienti, mongolfiere per misurare le altezze. Agli esploratori viene sconsigliato l’uso di camice con colletto inamidato.
Sino allo scoppio della prima guerra mondiale, la speleologia vede un lento ma costante sviluppo, grazie ai contributi di Boegan e Timeus in Venezia Giulia; De Gasperi e i Marinelli in Friuli; Cacciamali e Bertarelli in Lombardia; Trener e Battisti in Trentino; Franchetti e Colamonico nel Centro Sud. È tra le due guerre, però, che spicca il volo: nel 1925 viene pubblicato il libro Duemila grotte, curato da Eugenio Boegan e Luigi Vittorio Bertarelli, nel quale sono descritte 2.124 grotte della Venezia Giulia. In poco tempo diventa una vera e propria Bibbia per gli speleologi. Anche grazie a questo impulso, i dieci gruppi grotte attivi in Italia all'inizio del secolo crescono rapidamente: sono 27 nel 1927 e 58 nel 1933.
Dopo la I Guerra Mondiale con l’annessione dell’Istria all’Italia vi è una vera e propria esplosione nel mondo speleologico con la nascita di più gruppi in Italia e con l’esplorazione di svariate cavità fino a profondità mai raggiunte prima.
Tutto questo proietta il nostro paese al primo posto in tutto il mondo (nascita del Catasto grazie a Boegan e Bertarelli).
L’avvento della II Guerra Mondiale, con la perdita di importanti nomi di accaniti esploratori e perdendo poi l’Istria, sarà causa di retrocessione della speleologia italiana che farà molta fatica a riprendersi dopo tale catastrofe.
continua...
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